Se IKEA sfotte Instagram e imita van Gogh

Che vi piacciano o meno i mobili Ikea, su una cosa non potrete che concordare: in fatto di marketing e comunicazione, il gigante svedese dell’arredamento low cost ha molto da insegnare. Spot, manifesti, campagne pubblicitarie, progetti creativi e sociali, programmi umanitari. Un bell’impegno, per costruire un brand forte e prestigioso. Muovendosi nel campo dell’arte, dell’ambiente, dei diritti civili…

FOODSPOTTING E CRINOLINE
I social network hanno cambiato le nostre vite. Sul piano della comunicazione, delle relazioni, del dibattito e dell’informazione, della percezione degli altri e della narrazione di sé. E anche dei gesti quotidiani.
Stare a tavola, ad esempio, non è più lo stesso. Smartphone tra piatti e posate, occhi sugli schermi, brevi fughe in chat. E poi l’immancabile scatto: non si inizia a bere o a mangiare se prima non si immortalano le prelibatezze appena servite. È la malattia del foodspotting. Questa valanga di foto culinarie, corredate da hashtag e didascalie, ingolfa appositi blog, pagine Facebook, profili Instagram. Ma a che serve tutto ciò? Moda, vanità, passione, ostentazione del gusto, dello stile, oppure del nulla. Nel nome della condivisione compulsiva.

A prendere in giro questa mania ci ha pensato Ikea. Con un nuovo spot. Geniale. Il balzo temporale ci porta fino al Settecento, con tipica famiglia aristocratica riunita intorno al desco: madre in crinoline, padre a capotavola, figlie infiocchettate e maggiordomo imparruccato. Ma prima che si addenti l’antipasto, il pittore di corte arriva, al suono di un enfatico tappeto d’archi, e si mette a lavorare. Natura morta in diretta, “fotografando” coi pennelli la tavola imbandita. È il foodspotting analogico di tre secoli fa. E poi? La servitù parte col dipinto al seguito, mostrandolo a chiunque, nelle piazze, nelle case, persino in un’alcova o nel mezzo di un duello. Immancabile il giudizio popolare, a suon di like in carne e ossa. Solo dopo il rituale infinito (col cibo ormai mummificato), la famiglia può iniziare il suo pasto.
Il paradosso di base è così messo a nudo nella trasposizione storica e anti-tecnologica, mentre lo sfottò per instagrammer e foodspotter è servito. Il claim? “Let’s Relax”: un invito a godersi le cucine Ikea in tranquillità e armonia familiare, dimenticandosi per un po’ del cellulare. Come sempre, una prova brillante per il settore comunicazione del colosso svedese. Intelligenza, ironia e presa sull’attualità restano un tratto distintivo delle loro campagne raffinate.

Ikea Family - manifesto per lo store di Catania

Ikea Family – manifesto per lo store di Catania

DIRITTI CIVILI E COMUNICAZIONE VIRALE
Di pubblicità Ikea amate e riuscite, in effetti, se ne contano parecchie. Nel 2011 l’azienda sdoganò forse la prima importante campagna gay-friendly mai apparsa in Italia. Si trattava di un manifesto dedicato all’apertura del mega store catanese e ad accompagnare lo slogan “Siamo aperti a tutte le famiglie” c’era l’immagine di una coppia di uomini, mano nella mano, compagni di vita e di shopping.
La legge Cirinnà era ancora lontana, i Dico erano miseramente falliti molti anni prima e Giovanardi – con la ciurma dei catto-conservatori – protestava a destra e a manca, indignato per l’audace cartellone. Cinque anni dopo, una legge dello Stato avrebbe zittito lui e dato ragione a chi, per la battaglia sui diritti civili, aveva dato il proprio contributo. Ikea inclusa.

Nel 2012 uno spot, stavolta video, rincarava la dose: una sequenza di momenti rubati a varie famiglie in vena di rivoluzioni domestiche. Tra queste, un’amorevole coppia gay, apparsa nel punto esatto in cui il voice over invitava a “essere se stessi”. Anche in questo caso lo slogan – “Per cambiare basta poco. Spazio alla vita” – tramutava in metafora culturale ed esistenziale la semplice voglia di rinfrescare gli arredi di casa. Diretto, giusto, ben confezionato, senza retoriche né forzature.
Nel 2014 arrivava, per Ikea Singapore, un altro spot destinato a diventare virale. Sfornato dall’agenzia creativa BBH Asia Pacific, metteva insieme i due titani Ikea e Apple, con la prima a fare il verso all’altra. Videoparodia riuscitissima, in cui il designer Jörgen Eghammer presentava l’ultima diavoleria “avanguardistica” dell’azienda svedese. L’oggetto misterioso era un “bookbook”, ovvero un normalissimo catalogo cartaceo, presentato e raccontato come se si trattasse di un iPhone o un iPad, con tanto di “navigazione basata su tecnologia touch” e batteria dalla durata “eterna”. Lo spot si piazzò al secondo posto nella classifica italiana 2014 dei video più cliccati su Youtube, preceduto proprio da un video della Apple per Iphone 6.

SE LA PUBBLICITÀ ATTINGE DALL’ARTE
Ma è al mondo dell’arte e della creatività che Ikea ha spesso rivolto la sua attenzione. Nel 2014, in occasione della festa di Halloween, ancora Ikea Singapore partoriva uno spot ispirato al cinema d’autore americano. Un’alta parodia, che osava disturbare due icone assolute come Stanley Kubrick e Stephen King. Il film in questione – a proposito d’inquietudine e atmosfere creepy – era il celebre Shining: la scena del triciclo si spostava dai corridoi dell’Overlook Hotel a quelli di un negozio Ikea deserto, in piena notte. E agghindati come le due gemelline c’erano i genitori del piccolo protagonista. Poi l’incubo finiva ed era subito shopping, fino a tarda sera.

Anno fortunato, il 2014, per la comunicazione Ikea. Altre citazioni, stavolta dal mondo della pittura del Novecento, erano alla base di una campagna “visual” affidata al fotografo britannico Tim Cole. Fu lui a reinventare tre noti dipinti di van Gogh, Hopper e Renoir, trasportandoli nel presente e celebrandone i diversi momenti di convivialità amicale o familiare. Ed erano il gruppetto dei mangiatori di patate, riuniti intorno a un tavolo di cucina; le chiacchiere notturne in un bar metropolitano, sotto la luce algida di un neon; l’allegra colazione in giardino, al ristorante dei canottieri di Chatou: ogni scena si trasformava, tra volti di ragazzi e ragazze d’oggi, dettagli fiamminghi, gesti, colori e pose leggermene modificati, ma incredibilmente sovrapponibili all’originale.

Nighthawks di Edward Hopper secondo Tim Cole, per IKEA

Nighthawks di Edward Hopper secondo Tim Cole, per IKEA

Abbiamo voluto celebrare ogni pasto come un’occasione speciale, e questi dipinti – nonostante abbiano tutti significati e stili diversi –colgono perfettamente questo aspetto”, spiegò un portavoce Ikea. Il prodotto “design”, core business dell’azienda, passava in secondo piano, lasciando che a costruire un’immagine gradevole, emotivamente ed esteticamente forte, fossero certe atmosfere quotidiane, magistralmente rappresentate dalle celebri tele. Tutto il resto – mobili, stoviglie, suppellettili – arrivava dopo, di lato. In forma di desiderio indotto. Anche in questo caso, chapeau.
È del 2016 invece la deliziosa trovata che guarda al mondo dei fumetti e dell’illustrazione per ironizzare sugli ostici manuali di montaggio, inseriti in ogni kit di mobili. Ed ecco il manualetto assolutamente intuitivo e divertente, che mette a confronto la vita di coppia e il mondo del design svedese: “Love is complicated. Ikea is simple”.

Il manuale dell'amore Ikea

Il manuale dell’amore Ikea

INIZIATIVE CREATIVE E SOCIALI
Non solo pubblicità, però. Le iniziative Ikea, in fatto di marketing e comunicazione, puntano sempre più su un coinvolgimento collettivo, diversificato, orientato a contenuti importanti. Tra i casi recenti c’è Art Photography, che dall’8 aprile 2016 ha messo in vendita alcuni poster presso i negozi della multinazionale. Non poster qualsiasi, però. Opere uniche, realizzate appositamente da undici artisti internazionali, stampate in milioni di copie e vendute a soli 10 euro. Diversi gli stili, con immagini pop, romantiche, decorative, astratte, ironiche, cinematografiche, ludiche, fantasy, documentative. Tutte forti e accattivanti. Tra gli autori più efficaci: Chad Moore, Annika von Hausswolff, Nathalia Edenmont, Mathieu César, Bára Prášilová, Rankin.

Bára Prášilová per il progetto Art Photography di Ikea

Bára Prášilová per il progetto Art Photography di Ikea

Altra infornata di artisti con il progetto Ikea Loves Earth, dedicato alla Street Art. Ventuno street artist di talento – tra cui eve, Orticanoodles, Pao, Poki & Anc, reFRESHink, Tellas, Teresa Sarno, Uno, Zed1 – hanno realizzato dei murales in 19 città italiane, utilizzando Airlite, una speciale pittura che, attraverso l’energia della luce, riduce gli agenti inquinanti dell’aria fino all’88,8%. In pratica, mentre dipingi dai una mano all’ambiente. Una grossa mano, peraltro. “Dipingere una superficie di 100m2 con Airlite riduce l’inquinamento dell’aria al pari di un’area di 100m2 coperta da alberi ad alto fusto”: questi gli eco-parametri pubblicati sulla pagina Internet del progetto, anche in questo caso un buon esempio di progettazione web, con una grafica leggera, intuitiva, elegante, concettualmente azzeccata, social oriented e ricca di contenuti multimediali. Le opere sono state realizzate presso gli Ikea store ma anche su facciate di palazzine, architetture urbane, sottopassi.

Il muro di Pao a Rimini per il progetto Ikea Loves Earth

Il muro di Pao a Rimini per il progetto Ikea Loves Earth

Un doppio filo – quello sociale e creativo – a cui Ikea ricorre di continuo. Ancora nell’ambito delle iniziative culturali, non strettamente pubblicitarie, sono tanti, tantissimi i fronti che vedono l’azienda in campo. Fondamentale l’impegno di Ikea Foundation, che promuove, finanzia e monitora progetti legati a realtà difficili: dal dramma dei rifugiati (vedi la serie Better Shelter, case low-cost diffuse in paesi come Etiopia e Iraq), all’adozione di energie rinnovabili da parte delle imprese; dai diritti e l’educazione dei bambini nei Paesi disagiati, alla condizione delle donne e all’inquinamento (il tappeto TÅNUM, ad esempio, ideato dallo studente finlandese Erik Bertell, ricicla materiale di scarto e offre un reddito alle artigiane del Bangladesh, che lo tessono a mano); dalla lotta al lavoro minorile (in collaborazione con Save the Children, Unicef, ILO), alla coltivazione sostenibile del cotone in India, Pakistan, Cina e Turchia  (insieme al WWF).
Un impero, che ha scelto di reinvestire parte dei suoi utili nella costruzione di un marchio solido, virtuoso: il prestigio e la riconoscibilità non sono solo un fatto di legnami, vernici, componibili, accessori e stile minimal. Intorno c’è di più. Qualcosa che somiglia all’etica, alla cultura, al senso della collettività. Se tutto questo paga? Evidentemente sì. Un investimento, non una spesa; una strategia responsabile, non una trovata occasionale.

Helga Marsala

www.ikea.com
www.ikea.com/ms/it_IT/ikea-loves-earth
www.ikeafoundation.org

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più