Elezioni a Milano. Parla il candidato Gianni Romano

Abbiamo intervistato Gianni Romano, uno dei candidati più vicini all’arte contemporanea in questa tornata elettorale. Curatore, critico, editore, ha fatto una campagna da ricordare. Gli abbiamo chiesto cosa farebbe se diventasse assessore alla cultura.

Nel mondo dell’arte, Gianni Romano è notissimo. Per la sua attività di curatore, di critico, ma soprattutto, negli ultimi anni, per una coraggiosa e instancabile attività editoriale con la sua Postmedia Books. Ora è candidato al consiglio comunale di Milano nella Lista Civica Beppe Sala. Ed è la punta di diamante di una rosa di candidati – non solo a Milano – che provengono dall’ambiente dell’arte e della cultura. Come Claudia Zanfi (penna, fra le altre cose, anche di Artribune: qui potete leggere il suo reportage dall’Iran) a Milano e Roberto Gramiccia a Roma (qui trovate l’ultima intervista che gli abbiamo fatto in occasione della mostra della sua collezione al Museo Bilotti di Roma).
Abbiamo intervistato Gianni Romano a pochi giorni dal voto. Facendoci raccontare la sua diea di cultura e soprattutto la sua pratica.

Ti conosciamo come curatore e soprattutto editore di saggi d’arte contemporanea. Ma qual è il tuo retroterra politico?
Ho occupato l’Orientale a Napoli nel 1980 per sensibilizzare la gente sullo sciopero della fame di Bobby Sands (Giuseppe Villani era con me ed è ancora oggi con me in questa campagna elettorale). Sono stato attivista per i radicali fino a ventinove anni, quando ho cominciato a girare il mondo per seguire l’arte e predicare cose contemporanee. Da allora ho votato PD ma sono stato meno impegnato come attivista, fino alla candidatura di Stefano Boeri, che entusiasmò me e un PD fino ad allora abbastanza spento a Milano.
A me piace pensare che tutte le mie scelte siano state politiche, perché politica significa partecipare alla cosa comune (alla res publica, ricorda Bruno Latour), riconoscere l’irriducibilità dell’esperienza e da lì ripartire, inventare, produrre. Un designer, un artista, un editore… chiunque si chieda “che fare?” è un essere politico.

L’onda lunga di Expo ha portato con sé una grande attività culturale sul territorio milanese. È una visione distorta che si ha dall’esterno o è davvero così?
Che l’Expo abbia avuto una ricaduta positiva sul territorio lo riconosce persino la destra. In termini culturali, invece, l’Expo ha posto le condizioni perché a Milano succedessero delle cose. Però non si può programmare solo a cavallo dei grandi eventi. C’è una cosa che spesso sfugge a chi amministra: una cosa è la cultura, altra cosa è lo spettacolo. Una cosa è la formazione e l’informazione, altra cosa è l’intrattenimento.
Chi si occupa di cultura è stato avvertito negli Anni Sessanta da Debord e compagni: quando i media diventano mass, lo scotto da pagare è la banalizzazione del messaggio. Pensa solo a quando Debord denuncia “un rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini“: non ti sembra che parli di Instagram?
Bisogna creare le basi per facilitare la produzione culturale, non solo le vetrine per mostrarla.

Cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato della gestione Pisapia?
L’entusiasmo che circonda ancora oggi Giuliano Pisapia, nonostante qualche pasticcio creato in occasione delle primarie, è un segnale forte della cittadinanza nei suoi confronti. Ma per capire che significa quando la sinistra parla di “buon governo” degli ultimi cinque anni, già lo scorso ottobre Davide Agazzi era stato lungimirante scrivendo un articolo su Gli Stati Generali che ogni milanese dovrebbe leggere. Si intitola 10 motivi per cui il prossimo Sindaco di Milano sarà molto molto fortunato.

Gianni Romano dentro Mario Schifano, Paesaggio TV, 1970

Gianni Romano dentro Mario Schifano, Paesaggio TV, 1970

Hai portato avanti una campagna di comunicazione molto serrata, affrontando una serie di temi importanti con una sorta di Diario, e al tempo stesso “alleggerendo” il tutto con dei buffi fotomontaggi che ti vedono nei panni degli artisti più iconici della contemporaneità. Ci racconti un po’ di dietro le quinte di questa strategia?
Ho avuto la fortuna di avere come sostegno un gruppo di una ventina di ragazzi fantastici composto da studenti, insegnanti, artisti e grafici. Con alcuni di loro avevamo già lavorato insieme alle primarie, altri si sono aggiunti durante la campagna. Nessuno aveva mai fatto una campagna politica, quindi la mia campagna è stata affrontata come un master dove nessuno insegnava e tutti studiavano. Così facendo, ognuno ha potuto mettere alla prova le proprie competenze e inclinazioni.
Per me era necessario che, al di là dei risultati, la loro esperienza risultasse unica e quindi abbiamo scelto una campagna molto creativa a sostegno di un candidato che ogni giorno girava la città a parlare in pubblico del perché la cultura è importante e perché vanno impostate delle politiche culturali in un’amministrazione pubblica.

Immaginiamo Gianni Romano assessore alla cultura: quali sarebbero i tuoi primi 100 giorni? Quali le cose più urgenti da fare
Esistono priorità tecniche all’interno di una giunta, immagino che il primo periodo sia dedicato a questo, e poi lo sai che per natura “non dico” se non sono sicuro di poter fare. Ho tenuto una sessantina di discorsi pubblici in questo periodo e non ho mai fatto una promessa che pensavo di non poter mantenere, mai usato quel tipo di retorica strappa-voti che certa politica urla ancora a un pubblico sempre più distratto.

Allora immaginiamo lo stesso scenario in tempi meno brevi: quali sono i ragionamenti a medio-lungo termine che vanno fatti sulla cultura a Milano?
Meno cultura da vetrina di circostanza e più centri di produzione che ragionino in termini di fattibilità e qualità, che aiutino privati, associazioni e aziende a produrre cultura, non solo a mostrarla. Viviamo nella città con il più alto consumo e Pil culturale del Paese, ma bisogna fare di più e il Comune deve essere più coinvolto. La cultura è come la rosa del Piccolo Principe: va innaffiata.
Milano è contemporanea in molti settori, ma se parliamo di contemporaneità siamo indietro non solo rispetto alle città che amiamo visitare all’estero, ma anche rispetto ad alcune realtà italiane. Purtroppo e troppo spesso si sono privilegiati personaggi che nulla hanno a che fare con la cultura, che non avevano le competenze necessarie per capire che la cultura significa lavoro, né capivano che la partecipazione è necessaria, che il cittadino non è un cliente, e quindi affossano una grande risorsa mettendo in mostra solo se stessi.
Basti pensare agli assessori alla cultura che Milano ha avuto negli ultimi vent’anni, a comitati scientifici creati con gente senza curriculum…

Chiudiamo con uno spot elettorale in stile classico e sinteticissimo: votate Gianni Romano perché…
… perché la cultura costa, l’ignoranza costa di più.

Marco Enrico Giacomelli

www.gianniromano.org

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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