Tra carta igienica e grattacieli. Una riflessione sulla cultura (aziendale e non)

La Scottex dimezza la lunghezza degli “strappi”, l’Alfa Romeo lancia un’auto da 510 cavalli. Due visioni del mondo molto diverse, due tipologie di consumatori altrettanto diverse. Oppure no? La riflessione di Stefano Monti.

CULTURA AZIENDALE
Quando si parla di cultura aziendale, si ha sempre l’impressione di essere in un’aula universitaria o, peggio, in una tavola rotonda diretta e rivolta ai soliti “colletti bianchi”, che annuiscono annoiati in presenza delle alte cariche del management. Eppure la cultura aziendale è un elemento chiave non solo nell’efficienza delle organizzazioni, ma ha un peso notevole nella selezione dei prodotti, nella definizione dei processi di produzione, nell’individuazione del proprio segmento di mercato e nell’immagine complessiva con la quale l’organizzazione sceglie di comunicare, e comunicarsi.
Come può un asset immateriale determinare a tal punto la vita di un’organizzazione? Senza impelagarci nel ginepraio accademico delle definizioni, che rappresentano in molti casi dei piccoli e graziosissimi esercizi di stile, è possibile sostenere che la cultura aziendale, tra le numerose influenze che esercita, si distingue nella definizione di una prospettiva attraverso la quale l’organizzazione analizza lo scenario in cui opera, determinando le interpretazioni di mercato, e di conseguenza concorrendo all’individuazione di quelle esigenze cui l’impresa potrebbe fornire risposta.

IL MERCATO E LA WELTANSCHAUUNG
Interpretare il mercato, infatti, non è una scienza esatta, ma una complessa rete di valutazioni e interpretazioni, che parte da numeri, preferenze dei consumatori, calcoli complessi, ma che non può prescindere dalle sue componenti più squisitamente umane.
Perché il mercato di un’azienda, in fondo, è semplicemente una parte di mondo in cui si possono trovare le tendenze più disparate e contrastanti, e scegliere una direttrice di sviluppo piuttosto che un’altra sta proprio in quelle decisioni che costituiscono e rappresentano parte della “cultura aziendale”.
Questa prospettiva ci permette di conciliare scelte differenti, politiche aziendali che mirano a soddisfare con tecniche distinte i medesimi bisogni, o con le stesse tecniche bisogni differenti. Soprattutto, ci permette di guardare il mondo come visto dalle aziende, e questo è un esercizio veramente divertente, perché a ben guardare lo spettacolo è quantomeno caleidoscopico.

Daniel González, Kleenex Flowerpot Civil Obedience, 2012-15

Daniel González, Kleenex Flowerpot Civil Obedience, 2012-15

IL MONDO VISTO DALLE AZIENDE, I: LA SOCIETÀ SOSTENIBILE
Non c’è dubbio, il consumatore contemporaneo è un individuo evoluto, consapevole del ruolo che riveste nella fase di decisione di acquisto e pertanto attento a inviare ai propri interlocutori un messaggio chiaro: uno degli elementi più rilevanti nella selezione dei prodotti è l’attenzione alla sostenibilità che l’azienda pone in fase di produzione. Un prodotto che non danneggi il pianeta, che venga realizzato nel rispetto delle leggi a tutela dei lavoratori, merita, a parità di prezzo, una preferenza.
Fairphone, l’impresa di produzione di smartphone che ha fatto di questa visione il centro della propria filosofia aziendale, ha venduto tutta la produzione (60 mila unità) nel lancio del suo primo modello. La multinazionale Kimberly-Clark, proprietaria dei marchi Kleenex e Scottex, ha siglato già nel 2009 un’intesa con Greenpeace, mentre Generali, che con il suo 44esimo posto nella classifica mondiale delle imprese più sostenibili rappresenta la prima realtà italiana, ha ridotto dell’11,3% il consumo di carta.
Gli esempi sono numerosissimi, al punto che i più grandi appelli alla sostenibilità non sono più le incursioni corsare ed emozionanti di Greenpeace, ma l’ordinario scaffale centrale dei supermercati: coltivazione biologica, mercato equo e solidale, carte riciclate e affini. Un’apologia della giustizia intergenerazionale.

IL MONDO VISTO DALLE AZIENDE, II: LA CRISI DEI MERCATI E DEI CONSUMI
Qualsiasi indagine potrà dimostrarlo: il consumatore contemporaneo ha risentito notevolmente della crisi economica e finanziaria. La brand equity, da sola, non basta più: la competizione è sul prezzo. Formati convenienza, voli low-cost, sharing economy, social housing, co-working e oggetti di design che rielaborano materiali comuni, riciclati; progetti per ridurre gli sprechi di un’industria alimentare ancora poco organizzata su questo versante: di nuovo la Scottex, che ha ridotto la lunghezza dello strappo perché il consumatore possa utilizzare la giusta quantità di carta.
L’impresa vincente sa fornire, a un prezzo equo, soluzioni che guidino gli individui in un consumo parco, sostenibile non solo sul versante ambientale, ma anche e soprattutto sul profilo economico. Luci spente nelle case quando non è necessario, braccialetti che spengono il televisore quando i dati che rilevano indicano che ci si è addormentati, scale mobili che si avviano con comandi di pressione, luci stradali che si accendono autonomamente quando la luminosità è limitata, o solo quando sono presenti pedoni. Lo spreco, inteso nelle accezioni economiche del termine, è divenuto un atteggiamento la cui esecrabilità fonda su principi etici, prima che monetari.

Il progetto per le tre torri di Daniel Libeskind a Roma

Il progetto per le tre torri di Daniel Libeskind a Roma

IL MONDO VISTO DALLE AZIENDE, III: L’APOTEOSI DEL LUSSO
La classe media è scomparsa, i segmenti di mercato a minore reddito sono saturi e la concorrenza è troppo spinta per poter sostenere un progetto imprenditoriale: l’unico mercato su cui bisogna puntare è il segmento con maggiore possibilità di spesa. Bisogna avviare iniziative che permettano ai prodotti di competere sul segmento luxury.
La concentrazione di ricchezza è sempre più evidente, ma per rientrare nel gusto di questo target bisogna creare un prodotto in grado di far parlare di sé, che stupisca. Il segmento fashion è l’emblema di questo neo-barocco delle intenzioni, ma di certo non l’unico esempio: la nuova Giulia, flagship initative per il rilancio della Alfa Romeo, rilancio non a caso avvenuto nel museo aziendale. Un motore cui hanno lavorato i tecnici di Ferrari (da 0 a 100 in meno di 4 secondi) e uno scenario in cui Alfa Romeo si troverà a competere con la Bmw.
Non smentisce la tendenza neanche l’architettura del nuovo stadio romano, con le vette e le ricercatezze delle torri disegnate dall’architetto Libeskind o, per passare da cattedrale in cattedrale, tutti quei progetti da archistar che hanno caratterizzato le moderne cattedrali dell’arte. Prestazioni elevate e stupore, fascino del lusso e segmento exclusive, il consumatore contemporaneo è un individuo che ha bisogno di differenziarsi, in grado di godere secondo i più recenti dettami dell’eleganza, di una possibilità economica la cui evidenza è inversamente proporzionale alla congiuntura macro-economica. Perché la bellezza viene prima di tutto, e la bellezza si paga.

PROSPETTIVE E SCENARI
Malgrado alcune inflessioni polemiche, questi tre scenari sono tutti e contemporaneamente veri. Per ognuno di questi è presente un mercato, e per ognuno di questi c’è la possibilità, da parte delle imprese, di trovare un proprio posto all’interno della competizione globale. A ben guardare, tuttavia, le prospettive future vedono le prime due verità sempre più diffuse. La terza visione invece, oggi si presenta piuttosto come un canto del cigno della società del Novecento.
Certo, a declinare non saranno la rilevanza dei super-ricchi, la concentrazione di ricchezza, i margini crescenti del segmento luxury, ma questo modo di rispondere ai bisogni dei consumatori che fanno parte di questa esclusiva élite. Non basta mettere il motore di una Ferrari per fare di un’Alfa Romeo l’oggetto del desiderio di una classe che la Ferrari, in fondo, può permettersela, ma che spesso preferisce le utilitarie, così come non basta far svettare architetture da capogiro per rendere una zona urbana desiderabile, o a far dimenticare le recenti difficoltà finanziarie di una società sportiva.
Se bisogna guardare al futuro di queste visioni, si può partire proprio da ciò che tutte hanno in comune: un individuo molto più informato, che è insieme un cittadino in grado di riconoscere la qualità di un progetto di riqualificazione urbana, e un consumatore che sa distinguere il lusso dallo spreco.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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