In residenza in Valcamonica. Intervista con gli ideatori

Ultimo capitolo per “Case Sparse | Tra l’etere e la terra”, progetto triennale di residenza per artisti in Valle Camonica, ideato da Monica Carrera e Francesca Damiano. Dopo “Il bosco” e “Il centro storico”, il tema dell’edizione 2015 è “Il Fiume”. Alla vigilia dell’inaugurazione del percorso che conduce alla scoperta delle opere realizzate da Youki Hirakawa, Stefano Serretta, Tilde (Attila Faravelli, Enrico Malatesta e Nicola Ratti) – oltre a Monica Carrera e Francesca Damiano –, abbiamo intervistato le organizzatrici.

Quale direzione sta prendendo l’edizione 2015? Ci date qualche anticipazione sui progetti degli artisti in residenza?
Questo è l’ultimo anno in cui consolideremo e tracceremo i precorsi del parco di arte natura, realizzando esclusivamente installazioni site specific. In questa annualità c’è l’intenzione di dare maggiore valore e visibilità alle tracce, che rendono evidenti le traiettorie di indagine degli artisti, delle quali i lavori rappresentano una possibile formalizzazione, la punta dell’iceberg.
Le opere realizzate sono fortemente in relazione le une con le altre e si fondono con l’area scelta per l’installazione, creando un percorso che stimola la riflessione sull’elemento del fiume affrontato da molteplici punti di vista: storico, morfologico, emotivo, archeologico.

Quali sono le ragioni che vi hanno portato, tre anni fa, a ideare una residenza proprio in Valle Camonica?
Crediamo nell’idea di residenza al confine tra pubblico e privato. Un luogo privato è un territorio neutro che mette tutti sullo stesso piano e genera relazioni e interazioni non prevedibili. Pubblica invece è la condivisione e la vita delle opere. Crediamo anche che la Valle Camonica sia un territorio ideale in cui realizzarla, sia per la bellezza del luogo sia per la sensibilità delle istituzioni.

In che modo si relaziona Case Sparse con l’offerta di residenze in Italia e all’estero?
Case Sparse si caratterizza come una residenza che, pur con budget limitati, favorisce la produzione degli artisti e la condivisione di questi processi sia nella rete sia in spazi urbani che ospitano le tracce degli artisti e le mostre finali. Il focus di Case Sparse sta proprio nel connettere il centro con la periferia, la produzione di opere con la fruizione. Gli spazi con i quali collaboriamo per questo processo di amplificazione sono altre residenze.

Lavori in corso per Case Sparse - Tra l’etere e la terra, Malonno (Brescia), 2015

Lavori in corso per Case Sparse – Tra l’etere e la terra, Malonno (Brescia), 2015

Uno degli elementi chiave di Case Sparse è il rapporto con l’esterno, con l’etere, rappresentato da uno spazio non profit in una città distante: O’ a Milano nel 2013, GlogauAIR a Berlino nel 2014 ed entrambe le istituzioni nel 2015, con cui gli artisti e il curatore devono relazionarsi. Come li avete scelti e in che modo è avvenuta la restituzione di quanto accaduto in Valle Camonica?
O’ è uno spazio che conosciamo da anni e di cui apprezziamo e stimiamo il raffinato percorso di ricerca. A GlogauAIR siamo arrivate tramite un nostro partner a Berlino, Berliner Pool, un network che connette artisti, curatori e istituzioni.
Per ognuno di questi spazi quest’anno è stata pensata una restituzione ad hoc: O’ ha chiesto a ogni artista di girare un video brevissimo, una sorta di sguardo sull’ambiente circostante che è stato pubblicato sulla pagina Facebook, rimanendovi per un periodo di tempo limitato. Con GlogauAIR abbiamo seguito la strada delineata l’anno precedente, alternando l’invio delle tracce prodotte dagli artisti a chiamate Skype che mostravano, come una finestra aperta, l’ambiente e gli artisti al lavoro.

La casa che ospita la residenza è isolata. C’è stata comunque una relazione con la comunità? Come è cambiata nel corso di questi anni? Qual è stato il rapporto con gli artisti, in primo luogo, e con le tracce che hanno lasciato?
Si può dire che c’è e c’è stata una relazione con la comunità, tuttavia ogni anno è diverso. L’anno scorso è stata l’edizione con il confronto maggiore, poiché il luogo su cui gli artisti hanno lavorato era proprio il centro abitato. Di norma, raggiungere la popolazione è piuttosto difficile, riusciamo ad avere una relazione stabile solo con i pochi interessati alla cultura, a cui spesso attingiamo anche per avere informazioni preziose e competenti sul territorio.

Il periodo di residenza è breve: meno di due settimane. Da cosa è stata dettata questa scelta? Ritenete sia sufficiente per creare una relazione non superficiale con il luogo?
La conoscenza con il luogo ha inizio durante il sopralluogo in cui agli artisti vengono presentate le tematiche dell’edizione. Questo primo assaggio dura due giorni e avviene qualche mese prima dell’inizio della residenza, proprio per dare la possibilità di avviare per tempo un processo di relazione con il territorio. Nei mesi che separano il sopralluogo dalla residenza vera e propria, ciascuno si documenta per conto proprio, eventualmente facendo anche ulteriori visite in loco; noi, che conosciamo la realtà di Malonno da circa quattro anni, rimaniamo a disposizione e accompagniamo i singoli artisti in questo percorso.

Monica Carrera e Francesca Damiano, Fai una foto con noi, 2014 - photo Giuseppe Fanizza

Monica Carrera e Francesca Damiano, Fai una foto con noi, 2014 – photo Giuseppe Fanizza

Perché avete scelto per due edizioni – oltre all’intervento a quattro mani Fai una foto con noi?, nel 2014 – di includervi nel novero di artisti in residenza e in che modo si è evoluta la vostra pratica artistica dopo il progetto Case Sparse?
In realtà, abbiamo incluso gli altri. Il progetto nasce dalla nostra esigenza di realizzare dei lavori sul territorio; abbiamo cercato altri artisti con i quali condividere questa esperienza di studio e restituzione del luogo. La nostra pratica artistica ha mantenuto il proprio filone di ricerca, arricchendosi attraverso il contatto e confronto con gli altri. Case Sparse come progetto è parte integrante della nostra indagine, che ha come interesse principale le relazioni.

Gli artisti sono selezionati da voi: avete scelto di metterli in contatto con il curatore – quest’anno Saul Marcadent, Marta Ferretti nel 2014 e Gaia Martino nel 2013 – solo durante la residenza. Perché? Qual è il suo ruolo?
Il curatore in residenza è stato pensato come una sorta di occhio esterno, la cui produzione è la mostra finale. Da questo punto di vista lo consideriamo un autore vero e proprio. In origine cercavamo un reporter e non è detto che in futuro questa osservazione sia assegnata ad altre figure, quali un sociologo, un giornalista, un fotografo.
Gli artisti sono scelti da noi semplicemente perché sia la casa sia il luogo hanno esigenze specifiche e necessitano di figure che abbiano una precisa sensibilità.

Siamo arrivati al terzo anno, chiusura del progetto. Ci sarà un’evoluzione? Come sarà gestito il parco arte natura? Avete previsto la manutenzione delle opere realizzate?
Senza dubbio ci sarà un’evoluzione. Case Sparse è un progetto metamorfico che cambia a seconda di ciò che percepisce, sia in relazione al luogo in cui agisce sia agli spazi in cui si amplifica. Case Sparse siamo noi in continua relazione con i luoghi e le persone coinvolte nel progetto.
Per quanto riguarda il parco, in questi primi tre anni abbiamo posto le basi dei tre percorsi, producendo cinque lavori all’anno. Mantenere o meno questo ritmo dipenderà dalle risorse e dalla volontà delle istituzioni del territorio. Abbiamo inoltre avviato un principio di apparato didattico rivolto alle scuole, proponendo visite guidate e laboratori. La manutenzione delle opere è già in atto, alcuni lavori hanno già subito interventi.

Marta Cereda

www.casesparse.org

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Marta Cereda

Marta Cereda

Marta Cereda (Busto Arsizio, 1986) è critica d’arte e curatrice. Dopo aver approfondito la gestione reticolare internazionale di musei regionali tra Stati Uniti e Francia, ha collaborato con musei, case d’asta e associazioni culturali milanesi. Dal 2011 scrive per Artribune.

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