Inpratica. Taranto Opera Viva: taccuino critico (I)

Gli appunti di questo taccuino critico hanno accompagnato il progetto di Alessandro Bulgini dal 18 marzo al 18 aprile. La mostra “Taranto Opera Viva” è visitabile fino al 16 maggio presso Palazzo Pantaleo. Qui vi raccontiamo il backstage.

18 MARZO 2015 – GIORNO UNO
Come Bruce Sterling fa dire a uno dei personaggi di Fuoco sacro (1996): “Noi non vogliamo rendere il mondo un posto migliore: vogliamo renderlo un posto più interessante”.
La nostra difficoltà consiste ormai nel non riuscire a compiere un gesto senza la “garanzia del successo”: che tutto cioè andrà bene, sicuramente. Senza un percorso ben definito e chiaro, senza essere sicuri che riusciremo, non muoviamo un dito; abbiamo una grande difficoltà a iniziare, a muoverci. E questa è la ragione del vero fallimento – la coazione a ripetere, l’infinita replica del passato.
Se ci consegnassimo psicologicamente alla possibilità del fallimento, allora – e solo allora – staremmo adottando la giusta predisposizione. La disposizione d’animo. Qualcosa di veramente importante si realizza solo se prima era impensabile, inconcepibile, impossibile – inesistente.
Allo stesso modo, dobbiamo fuoriuscire dalle ricette, dal “sifacosì”.
Costruire il futuro vuol dire innanzitutto acquisire la sua prospettiva: smettere cioè immediatamente di pensarci alla fine di una storia, di una catena, e considerarci invece all’inizio di un altro processo. Ragionare dunque sulle caratteristiche formali e sul funzionamento interno di questo futuro: di questa nuova storia. Come appare una città in uno scenario del genere?

Alessandro Bulgini, L' Schfaridd (Taranto Opera Viva, 2015)

Alessandro Bulgini, L’ Schfaridd (Taranto Opera Viva, 2015)

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E allora, com’è fatto questo futuro – possibile, reale, concreto?
Condivisione. Riciclo. RIUSO.
Tecnologia e biologia: biopunk. Collaborazione. Socialità. Povertà.
Molto povero, ma di una povertà intelligente e industriosa; una povertà scelta e non subìta. Una povertà felice, tutto sommato. Perché rifiuta lo stato precedente. Lo stato di realtà che regolava l’esistenza disfunzionale nel e del mondo-di-prima. (Ecco: dobbiamo iniziare a considerare questo grado di civiltà di cui facciamo esperienza, già adesso, come il mondo-di-prima, mentre ancora dura la sua fine.)
Il futuro – mentre cola nel presente, e diventa pian piano presente – combina dunque un atteggiamento post-apocalittico con la positività di un altro inizio (sempre presente d’altronde nella post-apocalisse…), fondato su altre basi, altri presupposti: CURA-DISPONIBILITÀ-CONSOLAZIONE-ESPERIENZA-RITUALE.
Il futuro è aperto al senso di possibilità – e non assolutamente refrattario a ogni alternativa, come il presente. Il futuro è un’alternativa realizzata.
Acquisire un’ottica, un punto di vista – e attraverso quella guardare e interpretare il mondo: i dati e i frammenti di reale che sono a nostra disposizione, che esistono e che ci circondano sono in grado oggi di dirci la “forma del futuro” (Bruce Sterling). Basta osservarli con attenzione.
Collegare e connettere le informazioni all’interno di una visione coerente, di un’idea personale dello scenario presente e futuro. Come ci si può infatti muovere, o anche solo tentare di capire, se non si possiede un’idea quanto più salda di dove-si-è, della propria posizione come individui e come società nella storia? E, soprattutto, se non si ha un’idea chiara di dove si vuole andare?
Se ti fai trasportare dal flusso, allora tutto ciò che ti accade è incomprensibile.
(La comprensione critica è attivismo.)

Alessandro Bulgini, Il Parabordo (Taranto Opera Viva, 2015)

Alessandro Bulgini, Il Parabordo (Taranto Opera Viva, 2015)

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Taranto, Città Vecchia: Caffé Letterario, ore 10.
Portare. Portare. Trasportare. Transizione. Transigere. MOVIMENTO.
La sopravvivenza – e l’accesso al futuro – avviene solo muovendosi. La stasi è morte: lo “stare mortale” delle cose. Il movimento è vita. Rinchiudersi nel proprio guscio, amplificare il corporativismo, recidere i legami con il mondo e con gli altri non garantisce alcuna salvezza. È anzi il modo più sicuro e rapido per condannarsi all’inpermanenza.

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Osteria Mena Mena Mè, ore 14.
Circolo ricreativo S. Giuseppe FORZA TARANTO.
Ilvoluzione”, recita il murale davanti a Mena Mena Mè. Tra Ilva, Evoluzione, Involuzione: delfino-pesce-cetaceo-crostaceo mutante (a causa dei veleni). EVOLUZIONE: MUTAZIONE.
E il ragazzino Giuseppe della piazza S. Giuseppe mi ha appena chiesto: “Che stai scrivendo?”.
Orrendo” per lui vuol dire bello: inversione di senso, che forse è la chiave per penetrare il segreto di questo posto. Della cozza appena decorata da Alessandro – tra poco Giuseppe ne decorerà una ventina, che donerà con grande nonchalance all’Oratorio “per domani, S. Giuseppe” (ovviamente) – ha detto infatti: orrendo.

Alessandro Bulgini, Taranto Opera Viva (2015)

Alessandro Bulgini, Taranto Opera Viva (2015)

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Caratteristiche fondamentali di questi oggetti / opere / nonopere: accumulazione; decorazione “utile”; dal rifiuto e dal sommerso, valori emergenti.
Ambiente umano, cordiale, accogliente – futuristico in senso totalmente alternativo e positivamente decadente. E non è l’aggettivo giusto, lo so, ma al momento è l’unico disponibile: compito di questo mese sarà anche trovare l’aggettivo che riesca a catturare il meraviglioso squallore, lo splendore fatiscente, l’abbagliante rovina di questa piazzetta.

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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