Una biennale “dal basso”. Alfredo Cramerotti parla di Sequences

Succede a Reykjavik, dove un gruppo di artisti nel 2006 lanciano l’iniziativa e fondano la biennale Sequences. Dura solo dieci giorni (quest’anno fino al 19 aprile) e dall’Islanda parla al mondo. Tanto che nel 2015 scelgono di chiamare un honorary artist (Carolee Schneemann) e un curatore internazionale, Alfredo Cramerotti. Ne abbiamo parlato proprio con lui.

Sequences giunge alla sua settima edizione. Te la senti di tirare un po’ le fila di questo progetto dal 2006 a oggi?
Il progetto è cresciuto organicamente, in maniera decisa ma passo dopo passo. È nato come iniziativa artistica “dal basso”, lanciata dal network di artisti islandesi che vivono a Reykjavik, e poco a poco si è trasformata in una biennale di respiro più internazionale, e per la prima volta con un curatore straniero.

Qual è stato il tuo approccio?
Ho cercato di rispettare questo spirito pionieristico del festival biennale, e ho tenuto molto a fuoco il fatto che la biennale ha sì una visibilità e un profilo  internazionale (14 dei 26 artisti invitati provengono da altre parti del mondo, e 3 sui 12 islandesi vivono all’estero), ma anche che deve avere una rilevanza culturale, e soprattutto un forte scopo per la comunità locale, sia artistica che come pubblico in generale.
Partendo da qui, per chi verrà dopo di me, consiglierei di continuare a progredire ed espandersi ma in maniera non esponenziale, per gradi. Qui il tempo è una nozione anche relativa, e non vedo motivi per affrettare le cose.

Un po’ festival, un po’ biennale della durata di soli dieci giorni: perché questa scelta?
Proprio per creare un qualcosa che abbia un’intensità specifica, palpabile, temporanea e non ripetibile. Ogni edizione di Sequences è molto diversa dalle altre, e questa in particolare ha incluso una scelta curatoriale diversa e un honorary artist non islandese (Carolee Schneemann). L’idea è proprio quella di creare una biennale che non duri 6-7 mesi ma solo dieci giorni, e che in quel periodo ristretto occupi spazi, menti, corpi e strutture che poi diventano qualcos’altro.
A questo proposito ho lavorato parecchio con gli artisti sul momento, sul punto in cui qualcosa sta per trasformarsi in qualcos’altro (vale anche per le idee e i processi mentali, oltre che per quelli fisici). Dieci giorni bastano. Altrimenti diventano strutture semi-permanenti.

Sequences 2015 - Helga Griffiths, Brainscape, 2011

Sequences 2015 – Helga Griffiths, Brainscape, 2011

In che cosa differisce la tua edizione dalle precedenti? Come hai lavorato nella selezione degli artisti e quale concept hai sviluppato?
Ho mantenuto lo spirito DIY in molte delle produzioni, proprio perché è uno spazio che permette agli artisti di sperimentare idee nuove, processi non provati, relazioni inusuali, e li ho inseriti in un contesto internazionale, mettendo a contatto artisti del posto con altre realtà artistiche e produttive ma anche scardinando, per certi versi, le dinamiche esistenti della scena artistica di Reykjavik. Credo che solo un paio di occhi al di fuori di questa scena possano far slittare la prospettiva e proporre collaborazioni, relazioni e iniziative diverse. Il tutto è stato facilitato dall’incredibile spirito di comunità e di gruppo della scena islandese.
C’è poi un honorary artist del calibro di Carolee Schneemann, artista che è un punto di riferimento per generazioni successive di artisti, e che non è islandese, anche se in passato ha collaborato con Errò e ha avuto esperienze sia professionali che private nel Paese.
Infine, espandendo la nozione di “real time”, includendo discipline e pratiche artistiche che hanno la nozione di tempo implicita nel loro essere (suono, film, video, danza, performance, teatro) ma anche ponendo l’accendo sul fatto che il tempo non è una entità oggettiva e separata da noi, ma piuttosto una dimensione. Io sono in questo momento il tempo di chi sta leggendo queste righe. Quindi oggetti, situazioni e costellazioni di elementi che magari non “impiegano” il tempo ma lo sono proprio.

Come ti sei confrontato con il territorio in cui si svolge la manifestazione?
L’idea curatoriale che ho sviluppato (plumbing) è una metafora a più livelli sulle strutture – o infrastrutture – che portano il contenuto anziché concentrarsi sul contenuto stesso. Questo ha permesso agli artisti di trovare il loro angolo di lettura e di sviluppo della metafora: il corpo come canale e condotto di azioni, pensieri e sostanza organica, l’isola stessa come canale di accesso per energia che si sprigiona dal basso o dall’alto, la struttura fisica fatta di cavi e server farms della cosiddetta nuvola digitale, oppure ancora il fatto che è il nostro sistema neurale che ci permette di cambiare stato – fisico, emotivo, intellettuale, e via dicendo.
È stato importante conoscere il territorio il più possibile, incontrare il maggior numero di artisti possibile con cui avere uno scambio proficuo – studio visit, incontri, letture, scambi di idee e brain-storming sessions. Incontrare studenti dell’accademia d’arte e dell’università, persone che lavorano in televisione e sui piloni dell’elettricità, tecnici e manovali, grafici e musicisti. Come curatore, privilegio molto il rapporto personale e la creazione di una trust zone reciproca, un’area di fiducia in cui le persone investono emotivamente e fisicamente. Questo ovviamente presenta anche una componente di rischio (reciproco) da gestire, ma se lo sappiamo entrambe si può andare avanti e fidarsi a vicenda.

Sequences 2015 - Carole Schneemann, More Wrong Things, 2000-01

Sequences 2015 – Carole Schneemann, More Wrong Things, 2000-01

Due sono le artiste italiane: Francesca Grilli e Beatrice Pediconi. Le hai scelte per…
Per il lavoro che fanno, ovviamente. Beatrice ha presentato una nuova versione di 9’ / Unlimited, un’installazione video a quattro canali sul tema dei fluidi, prodotto originalmente dalla Collezione Maramotti di Reggio Emilia. Per Sequences VII abbiamo cambiato la configurazione del lavoro e introdotto nuovi elementi spaziali. L’installazione non è in un black box ermeticamente chiuso, ma presenta il soffitto di un ex-supermercato, appese al quale viaggiano decine di tubi dell’acqua del riscaldamento e dell’acqua; il contenuto e il contenitore si mescolano l’uno dentro l’altro.
Francesca invece ha presentato un lavoro recentissimo, Faster Than Light. È un video in alta definizione che si sviluppa come un racconto intergenerazionale e interdisciplinare tra chiromanzia, corpo e musica. Anche qui, diversi tipi di “condotti” che portano diversi tipi di contenuti o messaggi.

Qual è stato l’impatto della crisi globale su questo territorio? Ha influito sul modo di trattare o di intendere la produzione culturale? Ad esempio, come viene percepita dal pubblico la manifestazione di cui sei curatore? Qual è il grado di partecipazione?
Anche se l’Islanda è uscita bene dalla crisi del 2008 e ha riguadagnato più o meno quello che aveva perso, qui alcuni si aspettano un’altra crisi, questa volta non bancaria ma centrata sulla proprietà immobiliare, che ha raggiunto livelli di sviluppo quasi insostenibili, perlomeno a Reykjavik. Questo picco è stato innescato dal boom turistico degli ultimi anni. In effetti, molti si stanno spostando al d fuori della città proprio perché sembra che quasi tutto sia trasformato o in hotel o in bed & breakfast. Un po’ come a Venezia.
Tutto questo influisce sulla produzione culturale, non c’è dubbio. Non in maniera diretta, però, o almeno io non ho avuto questa sensazione. Sequences VII è un festival biennale molto amato, sia agli artisti sia dal pubblico più vasto, non necessariamente esperto in arte, proprio perché in una città dei festival come Reykjavik (ce ne sono molti, dalla sperimentazione sonora alla danza, dal cinema all’opera, e il Reykjavik Festival è l’equivalente di Edimburgo, con produzioni su vasta scala), è quello dedicato alle arte visive. L’audience della città (includiamo anche i turisti, che sono numerosissimi) è curiosa, non impaurita, e di mente aperta. C’erano code per entrare in alcune delle dieci venues. Non è scontato in altre parti del mondo.

Santa Nastro

http://sequences.is/

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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