La Guarimba. Storia di un ragazzo che risvegliò un cinema dismesso

A venticinque anni, con tutta l’incoscienza e la passione della gioventù, Giulio Vita ha vinto la sua prima vera sfida. Regista globetrotter e incallito sognatore, è tornato nel paesino calabrese in cui era cresciuto, per riportare il cinema alla gente. Una bella storia, da cui è nato un festival di qualità, indipendente e coraggioso.

Nasceva nel 1953, ad Amantea, un paesino in provincia di Cosenza. Era la prima arena all’aperto del posto, ma anche la più grande della Calabria. Novecento posti, una scacchiera di seggiolini ordinati su un prato verde, in pieno centro storico, tra le vecchie mura di cinta e la Chiesa Madre di San Biagio. Anni e anni di proiezioni, la storia di una piccola comunità intrecciata con chilometri di storie su pellicola. E poi il silenzio. L’Arena Sicoli chiude, nel 2011, e intorno a quelle vie di archi e di portali, di tegole, di pietra e di facciate del Seicento, le luci dello schermo e l’eco delle voci non si percepivano più.
Ogni cinema chiuso è uno sguardo collettivo che si spegne, un libro di memorie che si perde, un pezzetto d’economia che muore e una macchina dei sogni che s’inceppa, perdendo il suo equipaggio. Peccato.

Giulio Vita

Giulio Vita

Ci pensava spesso Giulio Vita, 27 anni, regista italo-venezuelano che ad Amantea è cresciuto, prima di girare un po’ per il mondo, tra la Spagna e l’America Latina. Ci pensava così tanto che a un certo punto si mise di testa di tornare al suo paese e d’inventarsi qualche cosa. Un’alternativa, un’altra possibilità.
Chiamò a raccolta un po’ di amici, appassionati di cinema e non solo, e insieme decisero che era ora di riportare a casa il cinema, e di ridare al cinema una casa. Lì, ad Amantea. Senza il sostegno delle istituzioni, con un budget inesistente, conquistando via via il consenso dei residenti, mettendoli al centro del progetto – persino con una campagna di microfilm dedicati ad alcuni personaggi del paese – Giulio e i suoi misero in piedi un festival. E convinsero la famiglia Sicoli a dar loro le chiavi dell’arena. Metterla a posto e riportarla in vita era la loro sfida. Erbacce divelte, sediolini di metallo ripuliti, uno schermo e un vecchio proiettore. E un festival di cortometraggi partorito dal niente, dal basso, per amore.

Era il 2013. Lo chiamarono La Guarimba, che nella lingua degli indios venezuelani significa porto sicuro, nido. Proprio come Amantea per Giulio, e come quel cinema per i tanti che avevano consumato intere notti d’estate su quel prato, a masticare film ed emozioni. Nasce così un festival coraggioso, internazionale, sostenuto da una bella rete di persone, coadiuvato da giovani volontari italiani e stranieri, seguito dalla stampa, accolto dalla comunità locale, premiato dal pubblico e anche dai registi. Tanti gli autori che inviano buone pellicole e credono in quella piccola luce accesa, negli anni della crisi, in un angolo Sud Italia. Segnali che contano, più di altri. E che danno il senso delle cose, della resistenza, della reazione.
Oggi il team di La Guarimba è al lavoro per mettere su la sua terza edizione. Il bando per iscrivere i proprio film è aperto fino al prossimo 30 marzo e intanto procede la macchina organizzativa. Lavorando anche agli eventi collaterali. Uno su tutti la conferenza Vimeo On Demand: il futuro della distribuzione indipendente: tema caldo e cruciale per l’industria dell’audiovisivo, a cui darà il suo prezioso contributo Sam Morrill, sviluppatore per Vimeo, in arrivo da New York e invitato a far parte anche della giuria.

Artists for La Guarimba - Aitch

Artists for La Guarimba – Aitch

Non manca poi un po’ d’arte visiva, grazie alla mostra allestita nei giorni del festival, che mette insieme trenta artisti di tutto il mondo, invitati dall’artista venezuelana Sara Fratini a progettare una versione personale della locandina ufficiale, con tanto di slogan tradotto nella propria lingua: quest’anno “Il cinema alla gente e la gente al cinema” sarà scritto in italiano, euskera, indonesiano, spagnolo, slovacco, inglese, coreano, persiano, francese, turco, giapponese, olandese, danese, hindi e russo, all’interno di trenta soluzioni grafiche differenti, con l’immancabile leitmotiv della scimmia, mascotte della rassegna.
Unica nota dolente: l’Arena Sicoli, purtroppo, dal 2014 non c’è più. I proprietari hanno scelto di non riconfermare la collaborazione, nonostante i successi. Nessuna resa, però. Il progetto La Giarimba ha proseguito, ad Amantea, continuando nella sua missione: solo spostandosi un po’. E anche quest’anno il Festival torna nel Parco naturale della Grotta, al margine del centro storico, contando sul sostegno di Airscreen, sponsor tecnico internazionale, coinvolto per l’allestimento degli schermi. Un’altra sfida vinta, per una creatura che ormai appartiene al luogo e che si reinventa, daccapo, radicata e nomade.

Di realtà come questa – indipendenti, colte, popolari, creative e appassionate – ce ne sono diverse, in Italia. Quasi sempre fuori dai grandi contesti metropolitani e ai margini del sistema. Eppure capaci di trovare subito la giusta frequenza internazionale e la giusta cifra estetica, politica, sociale, comunicativa. Luoghi di grande professionalità, ma senza imbalsamature, senza derive troppo commerciali o al contrario troppo radical-chic. Luoghi di vera partecipazione e di sperimentazione. In cui il cinema ha una sua dimensione umana e realmente collettiva. Quello che forse potremmo definire underground, ma senza le connotazioni più scontate dell’abusatissima parola.
Underground pieno di luce e privo di cliché. Fatto di ricerca e di passione. Lungo margini da trasformare in piccoli centri diffusi. Che è poi l’idea da cui è partito Giulio, qualche anno fa: “Proiettate dappertutto. Andate nei bar e organizzate proiezioni lì, nei vicoli abbandonati, nelle piazze e soprattutto fate tanta pubblicità per quelli che pensate siano meno interessati, per quelli che non credono più nel cinema. Una società nel buio si cambia solo con la luce. Non ha senso fare cinema ‘tra illuminati’ criticando quelli che restano nel buio. Dobbiamo diffondere il nostro cinema per tutti, senza giudicare il pubblico ma educandolo con amore“. Quella luce, nel vecchio cinema all’aperto di Amantea, non è più accesa. Ma nelle sere calde d’agosto ci si ritrova ancora, fra i giardini di un parco cittadino, a srotolare chilometri di storie.

Helga Marsala

www.laguarimba.com

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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