La Biennale fuori di sé

Sono ben 48 gli eventi collaterali che corredano il programma ufficiale della 55. Biennale d’Arte. Tanti, sicuramente, ma nella frenesia artistica veneziana le mostre non sono mai troppe. Abbiamo curiosato nel listone e confezionato per voi un piccolo resoconto. Per chi non potrà vederli proprio tutti tutti.

Se le 88 nazioni partecipanti alla Biennale e i 150 artisti coinvolti nel Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni non vi bastano, ad affiancarli quest’anno ci sono ben 48 eventi collaterali ufficiali, organizzati da enti non profit in ogni angolo della laguna.
Qui di seguito abbiamo cercato di fornire qualche indicazione su quelli che, spulciando nel lungo elenco, ci sono sembrati i più accattivanti, anche se scegliere sulla carta è ovviamente sempre rischioso. Le sorprese migliori, si sa, si spalancano spesso davanti agli occhi di coloro che si perdono tra calli e campielli, avventurandosi negli edifici segnalati dal logo rosso.
Anche i luoghi più tradizionali della cultura veneziana saranno occupati nei mesi della Biennale: alla Fondazione Querini Stampalia, per esempio, Imago Mundi presenta la curiosa collezione di oltre mille piccoli quadri raccolti da Luciano Benetton nei suoi viaggi, mentre le sale di Palazzo Grimani si aprono per la prima volta al contemporaneo con i giapponesi Ritsue Mishima e Rinko Kawauchi.

Still from the Takki Trailer - Majed, produced by Cinema of Arabia & Uturn, 2013 (Rhizoma)

Still from the Takki Trailer – Majed, produced by Cinema of Arabia & Uturn, 2013 (Rhizoma)

E non c’è solo il Giappone, ma tutto l’Oriente. Oltre alla massiccia presenza della Cina, in campo con il Padiglione ufficiale e un vigoroso bouquet di eventi collaterali, il Palazzo delle Prigioni ospita il non-padiglione di Taiwan (This is not a Taiwan Pavillon), una riflessione di carattere poetico e politico sull’idea di “straniero”, mentre il lavoro di tre artisti taiwanesi sul colore verde è protagonista di Rhapsody in Green all’Istituto Santa Maria della Pietà.
Un’altra selezione tematica per Who is Alice?, con opere dalla collezione permanente del Museo Nazionale di Arte Contemporanea in Corea; proviene, invece, da Hong Kong Lee Kit, che in You(you) presenta nuovi lavori che riflettono sui labili confini tra pubblico e privato. Due sedi e due mostre per il Museo d’Arte Moderna di Mosca, che alle Fondamenta delle Zattere propone Katya, una personale di Bart Dorsa, e a Ca’ Foscari presenta Lost in Translation, evento incentrato sul problema dell’intraducibilità e della difficoltà di comprensione dell’arte legata a una determinata cultura in un contesto globale. Questione quantomai attuale nell’estate veneziana.

Chia-Wei Hsu, Marshal Tie Jia, 2013 (This is not a Taiwan pavillon)

Chia-Wei Hsu, Marshal Tie Jia, 2013 (This is not a Taiwan pavillon)

Ci si sposta poi verso l’Azerbaijan, che con la collettiva Love me, Love me not, organizzata da Yarat, associazione non profit dedita alla divulgazione globale degli artisti locali. Lo stesso obiettivo viene perseguito anche da Edge of Arabia per un’altra area geografica: Rhizoma (Generation in waiting) mostra la scena emergente in Arabia Saudita, con molte opere site specific ai Magazzini del Sale.
Anche le personali non mancano: Pedro Cabrita Reis occupa i 700 metri quadri di Palazzo Falier con A remote whisper, usando cavi e luci fluorescenti per disegnare lo spazio pieno di tele, fotografie e materiale di scarto recuperato in città; Lore Bert invade, invece, con sculture a specchio e dipinti, la sala monumentale della Biblioteca Nazionale Marciana.
Il lavoro di Thomas Zipp trasfigura le sale di Palazzo Rossini-Revedin in un istituto di ricerca sull’isteria per Comparative investigation about the disposition of the width of a circle, che trae spunto da Width of a Circle di David Bowie. Grazie a un’enorme lente riflettente Swarowski collocata nella cupola della basilica di San Giorgio Maggiore, John Pawson rende visibili prospettive nascoste dell’edificio palladiano, mentre il progetto di Bedwyr Williams, The starry messenger, trova spazio nella Ludoteca di Santa Maria Ausiliatrice, dove l’artista gallese simula un giardino notturno nel quale osservare le stelle. Provengono invece dalla Scozia Corin Sworn, Duncan Campbell e Hayley Tompkins, i cui lavori, che vanno dall’acquerello al video, sono ospitati nel quattrocentesco Palazzo Pisani.

Sergey Bratkov, Slogan, 2010, private collection (Lost in translation)

Sergey Bratkov, Slogan, 2010, private collection (Lost in translation)

Un senegalese sans papier, un architetto, una ricercatrice, un operaio, tutti disoccupati, sono al centro di 25%: Catalonia at Venice di Francesc Torres, che indaga il loro quotidiano con una documentazione fotografica. Scelgono il video Dora Garcia con The Joycean Society nelle ex birrerie alla Giudecca, un film su un club di lettura di Finnegans Wake, e Shirazeh Houshiary con Breath, in cui si fondono canti di preghiera buddisti, cristiani, ebraici e islamici.
Non solo nomi noti a occupare campi e palazzi: l’intento di Back to back to Biennal, per esempio, è di garantire libera espressione ai writer in Campo Sant’Agnese e a Ca’ Bonvicini, mentre il progetto The Museum of Everything sottolinea la sua vocazione verso l’arte degli “irregolari” con la personale di un artista autodidatta italiano e una serie di dibattiti sulla marginalità nell’arte ospitati nella Serra dei Giardini.
E se credete di poter evitare di imbattervi in uno degli eventi collaterali scegliendo le vie d’acqua e i vaporetti, fate attenzione, perché potreste incappare in The grace of a gesture. Lawrence Weiner non si limita infatti a occupare il pianterreno di Palazzo Bembo – che ospita anche la collettiva Personal Structures, sui temi di spazio, tempo ed esistenza – ma il suo lavoro apparirà anche su cinque vaporetti, in lingue diverse. Inevitabile.

Marta Cereda

www.labiennale.org/it/arte/esposizione/eventi-collaterali

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Marta Cereda

Marta Cereda

Marta Cereda (Busto Arsizio, 1986) è critica d’arte e curatrice. Dopo aver approfondito la gestione reticolare internazionale di musei regionali tra Stati Uniti e Francia, ha collaborato con musei, case d’asta e associazioni culturali milanesi. Dal 2011 scrive per Artribune.

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