La narrazione precaria. Lo Strega, Nesi e altre storie

Perché “Storia della mia gente” ha vinto il premio Strega nel 2011? E l’aver ottenuto questo riconoscimento ci indica Edoardo Nesi come autore di punta della nostra scuderia narrativa nazionale? Una riflessione sulla narrativa italiana contemporanea alle prese con le storie del precariato.

Ecco, innanzitutto le postille: ha occupato il gradino più alto nel podio di questa competizione prestigiosa (quanto criticata) non già un testo narrativo, bensì un reportage, e un testo autobiografico. Si tratta di non-fiction? Non del tutto, ché la forma intermedia è quella vincente in questo periodo, sulla scorta degli esempi statunitensi di narrativa-non-narrativa e di saggistica romanzata: penso al Jonathan Lethem di Crazy Friend, all’immenso David Foster Wallace (che Nesi ha tradotto) e alla teorizzazione di questo filone ben delineato da David Shields in Fame di realtà.
Ma occorre comunque notare che il libro vincitore è molto simile per argomenti a un altro testo dello stesso autore, candidato ma non vincitore dello stesso premio Strega nel 2005, e questo è significativo. Storia delle mia gente e L’età dell’oro hanno infatti il medesimo argomento: la crisi dell’industria tessile a Prato, anche a causa della concorrenza cinese. E non tirando in ballo la delocalizzazione delle fabbriche; al contrario, parlando della presenza di manifattura cinese nella città toscana, negli scantinati bui e affollati (che hanno dato il destro a Dario Vergassola nel chiedere a Nesi se il futuro nel tessile sia un sarto nel buio – ma l’autore non pare aver apprezzato il sarcasmo pungente del comico).

DavidFosterWallace1 La narrazione precaria. Lo Strega, Nesi e altre storie

David Foster Wallace

Stante l’argomento, dunque – d’attualità già nel 2005, anche se ancor più adesso, sicuramente, in prolungata crisi economica –, essendo l’autore sempre Nesi e il premio comunque lo Strega, l’unica variabile nell’equazione vincente è la forma non narrativa. Al netto, ovviamente, di ogni altra motivazione per l’attribuzione del riconoscimento, anche se mi è stata spiegata con perfetta logica di marketing alla vigilia della premiazione da un amico editor che mi ha predetto l’esatto ordine dei vincitori: “Il gruppo Mondadori ha già vinto per quattro anni di seguito, quindi quest’anno è improbabile che replichi: i voti saranno comunque divisi fra ‘Ternitti’ e ‘La vita accanto’, ma il gruppo Mondadori punterà su quest’ultimo, perché deve rilanciare l’Einaudi, che ha un calo di popolarità. Nottetempo arriverà comunque ultima perché è la casa editrice più piccola, dunque la Bompiani riuscirà a spuntare la vittoria”. La classifica è stata: 1° Nesi-Bompiani, 2° Veladiano-Einaudi, 3° Arpaia-Guanda, 4° Desiati-Mondadori, 5° Castellina-Nottetempo.
Sicché, recensire il libro in sé è utile: si tratta di riflessioni dell’autore, che spaziano dalle sue letture estive al racconto dell’industria tessile di famiglia, comprendendo il tratteggio del limite che separa la constatazione di una responsabilità cinese nel fallimento delle aziende pratesi dall’ottusa xenofobia nei confronti degli occhi a mandorla, che sfocia in episodi di razzismo dovuti a (ma non giustificati da) l’esasperazione della cassa integrazione e del bighellonamento cittadino da disoccupato.

Storia della mia gente La narrazione precaria. Lo Strega, Nesi e altre storie

Edoardo Nesi - Storia della mia gente

Gli aspetti interessanti del testo sono sicuramente la descrizione del precariato dal punto di vista di un datore di lavoro e la particolarità di un racconto che diventa storia generale, italiana. Storia della mia gente è molteplice: è la vicenda specifica del Lanificio Nesi & figli, il racconto personale della vita di Edoardo, scrittore e industriale, e un’analisi dell’industria italiana in piena crisi. Dalla commistione di autobiografia e riflessione socioeconomica si trae un quadro della Storia della gente italiana: “Ma non eravamo la generazione X, noi? Non eravamo gente senza idee e senza ideali, un branco di coglioni egoisti e fortunati, cresciuti davanti alla televisione, che avrebbero vissuto senza neanche accorgersi della loro fortuna, padroni di un mondo senza più storia, adagiati in un dorato presente senza fine creato dal lavoro dei nostri padri? Non c’è nessuno, invece, che debba chiederci scusa per averci condannato a essere la prima generazione da secoli che andrà a star peggio di quella dei nostri genitori?.
L’analisi sociologica di Nesi è lucida e perfetta: il precariato, spunto di tanti testi italiani con una grande varietà di risultati, non è solo lo sfondo delle storie di ragazzi alla deriva nei call center, è il sostrato culturale di una generazione, quella di Nesi, ma ancor più quella successiva, che è figlia di una borghesia benestante e solida, lavoratrice, stipendiata, estinta la quale ci si troverà senza le spalle coperte dai regali mensili paterni, senza il supporto materno nel pagamento del bollo dell’automobile, privi dei vantaggi assicurativi derivanti dalla cointestazione del mezzo di trasporto. Siamo più poveri dei nostri genitori, e incapaci di prospettare una stabilità finanche sentimentale a lungo termine.

Jonathan Lethem La narrazione precaria. Lo Strega, Nesi e altre storie

Jonathan Lethem

I piccoli imprenditori, fulcro della riflessione dell’autore toscano, non stanno meglio, e credo che Nesi abbia individuato il punto di non ritorno dell’industria tessile pratese in particolare e della piccola imprenditoria in generale: il passaggio da una gestione familiare alla larga scala della produzione da impresa medio-grande. I titolari delle aziende, più popolo volenteroso e coraggioso che stuolo di manager senza scrupoli, non sono riusciti a gestire il cambio di plateaux, sono stati sopraffatti dall’incremento del volume degli affari, e da quello delle responsabilità.

Carlotta Susca

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Carlotta Susca

Carlotta Susca

Carlotta Susca scrive recensioni per raccontopostmoderno.com, sulromanzo.it puglialibre.it, temperamente.it, ipool.it. Ha una predilezione per il Postmoderno (non per l'Avant Pop), per gli scrittori tormentati e pregnanti (ma non involuti), per i fuochi d'artificio letterari (ma non fini a se stessi).…

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