ABO l’enciclopedico

Primo di cinque tempi utili a leggere il XX secolo, Achille Bonito Oliva mette in campo un nuovo progetto editoriale dal gusto plurale. Che evidenzia l'apertura intellettuale, il dialogo culturale, una necessaria e fruttuosa metodologia interdisciplinare.

Da quale esigenza o sfida nasce questo progetto?
L’Enciclopedia delle arti contemporanee. I portatori del tempo nasce dalla volontà di utilizzare la convenzione totalizzante e classificatoria propria dell’enciclopedia lavorandovi dall’interno e remandoci contro. È chiaro che il lavoro nasce garantito dall’hortus conclusus di un progetto circoscritto. Tuttavia, avendo messo al suo interno il tempo al lavoro, la sua struttura riflessiva si pone proiettata sullo sconfinamento che cerca proprio nell’assetto enciclopedico la sua muraglia, una protezione attraverso la quale descrivere un oggetto vaporizzato e smaterializzato che è il tempo.

Il primo volume è dedicato a un tempo che hai definito “tempo antropico della comicità”.
Sulla linea di Nietzsche, il tempo comico è il tempo dell’irrilevanza legato a una visione profetica di una postmodernità intravista, è il tempo fibrillante dell’immediatezza. Un tempo che perde ogni profondità e ogni spessore, che consuma la gravitas della tragedia e diventa parodia. Ho sempre lavorato sullo sconfinamento e l’interdisciplinarità, e ho constatato che il tempo sconvolge tutte le categorie, fa saltare le discipline e apre allo slittamento. Tutto questo perché il tempo fa irruzione. E fa irruzione attraverso gli artisti che ne sono i portatori in termini metonimici. Per quanto riguarda l’arte, individuare l’azione del tempo comico nella vicenda delle arti visive del Novecento vuol dire ripercorrere le trasformazioni, i cambi di paradigma, i movimenti tellurici che hanno scosso l’intero campo dell’esperienza artistica nel corso della modernità. Inoltre, il tempo è un elemento filosofico. È una dimensione percepita secondo una concezione psicologica, un assetto antropologico.

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da sinistra: Achille Bonito Oliva, Angelo Trimarco e Filiberto Menna - photo Ugo di Pace

Quanti volumi (o tempi) sono previsti?
Uscirà un volume ogni due anni. Ho pensato di collegare la temporalità a cinque ambiti filosofici. Nietzsche, con il tempo comico appunto, ha guidato la stesura del primo volume. Il secondo (il tempo inclinato) sarà calibrato su Einstein che, con la sua teoria della relatività, mi sembra costituire, ad esempio, la base per il Cubismo. A seguire ho pensato al tempo interiore ancorato, naturalmente, a Freud. Poi il tempo aperto, legato al pensiero di Wittgenstein. L’ultimo volume sarà dedicato, infine, al tempo pieno. La struttura che ho dato all’enciclopedia è molto personale sia per la visione di questi cinque tempi ancorati a un’osservazione filosofica e sia perché per ogni ambito, per ogni tempo, io chiamo in apertura, a scrivere l’introduzione, un filosofo. Per il primo, Massimo Cacciari, che ha approvato integralmente il mio collegamento. Il secondo volume sarà introdotto da Giulio Giorello. Il terzo da Giorgio Agamben. Poi ci sarà Marc Augé e, infine, Paul Virilio. Insomma ogni volta il XX secolo viene disossato, catastrofato e movimentato da questo vento che è il tempo che trascorre.

43 interventi distribuiti in 8 sezioni generali: Musica, Architettura, Arti visive, Cinema, New media, Teatro, Fotografia e Letteratura. Secondo quale criterio sono stati scelti gli autori?
Ho chiamato nove giovani studiosi che stimo e che per stima hanno accettato il dialogo con me. Con me hanno discusso tutte le scelte e ogni scelta è stata pienamente condivisa. La struttura d’insieme prevede che, accanto al saggio, ogni sezione contenga quattro medaglioni preziosi dedicati ad alcuni artisti che rappresentano al meglio l’ottica di lettura utilizzata dallo studioso per la propria disciplina. Naturalmente sono scelte molto radicali, che corrispondono in pieno non solo al gusto plurale dell’enciclopedia ma anche a quello singolare degli autori. Ho reputato necessario, inoltre, un lemmario in cui vengono elencati ma anche nominati e descritti i termini teorici adoperati costantemente dai vari analisti settoriali.

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Una foto d'epoca della critica d'arte italiana

Sei stato il primo ad adottare una metodologia trasversale e plurivoca oggi molto diffusa. È finita l’epoca delle storie scritte da una sola mano o questa convive con un discorso plurale?
Il soggetto plurale, che io guardo con molto interesse, non rappresenta la semplice divisione del lavoro intellettuale come nel cinema, ma mostra una partecipazione collettiva nell’elaborazione stessa dell’idea. Direi che, per esempio, la Cittadellarte di Pistoletto rappresenta un caso dell’artista plurale che ispira tutto. Già all’interno di questa città c’è una generazione di collaboratori che sanno confrontarsi senza sottrarsi spazio. Per gioco dico sempre che “non è sempre merito mio ma anche colpa degli altri”, dico sempre che “la mia figura solitaria di critico creativo non può che portare a far terra bruciata”, ma con questa enciclopedia dimostro invece che c’è fertilità, apertura, ospitalità e volontà di dare lavoro teorico a giovani studiosi in una visione interdisciplinare.

Nel panorama attuale esiste ancora, secondo te, un’arte autenticamente italiana, legata a un eventuale genius loci italicus?
Le radici ci sono e c’è un’elaborazione ineliminabile da parte di artisti solitari (penso a Cattelan, Liliana Moro, Paola Pivi, Pirri) del genius loci. Fredric Jameson, ad esempio, in Postmodernismo mi dà atto fin dalla prima pagina che la Transavanguardia, sul piano teorico, va oltre il postmodern dell’architettura. Il trans difatti permette di trascinare dentro e di ribadire, però, il tema dell’identità. Un tema che produce multiculturalismo e crea diffusione di centri creativi. L’assemblaggio, la riconversione, la delocalizzazione e l’eclettismo stilistico della Transavanguardia li riscontriamo anche nelle opere di tanti artisti internazionali come Jeff Koons. Direi, dunque, che questo tema dell’identità è riscontrabile in Italia, ma credo lo si possa riscontrare anche in altri Paesi. Del resto, l’arte è sempre un dimenticare a memoria, ma soltanto per rielaborare anche le proprie radici senza tentazione autarchica o territoriale. L’arte tende a essere non un dialetto ma un idioletto, ovvero una lingua universale con inflessioni legate al territorio antropologico abitato dall’artista.

Antonello Tolve

Achille Bonito Oliva (a cura di) – Enciclopedia delle arti contemporanee. I portatori del tempo (Il tempo comico)
Electa, Milano 2010
Pagg. 520, € 75www.electaweb.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #1

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Antonello Tolve

Antonello Tolve

Antonello Tolve (Melfi, 1977) è titolare di Pedagogia e Didattica dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. Ph.D in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico artistica (Università di Salerno), è stato visiting professor in diverse università come la Mimar Sinan…

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