Biennale a tonnellate (di cataloghi)
Una panoramica sui quintali - che diciamo, tonnellate - di carta in forma di cataloghi che vengono stampati in occasione della Biennale di Venezia. Ehssì, perché mica ci sono soltanto le 600 pagine del catalogo ufficiale. In Laguna chiunque pubblica il proprio catalogo: grande o piccolo, oneroso o cheap, tradizionale o ricercato. Ve ne raccontiamo alcuni, voi raccontate i vostri.
Cominciamo dall’Arsenale, dove s’incontra la prima installazione che si basa sui tubi (che si rivedono poi al Padiglione Israele, e ancora diverse volte in giro per la città, ad esempio in quello della Slovenia, così come avveniva per i fili durante la Biennale del 2009). Per la Turchia il protagonista è Ayse Erkmen, e ad accompagnare il suo Plan B c’è un catalogo pubblicato dall’IKSV – Istanbul Foundation for Culture and Arts insieme alle edizioni Yapi Kredi. All’apparenza, nulla di eccezionale. Ma a ben guardare, son quattro libretti in brossura che sulla costa riportano il nome dell’artista e dalla stessa costa si aprono a ventaglio.
Punta in alto, anche grazie alla sponsorizzazione della Stella Art Foundation, il catalogo del Padiglione Russia: testi di Boris Groys (che è anche il curatore della mostra, dedicata ad Andrei Monastyrski) e Claire Bishop, edizioni Black Dog (il cool publisher londinese), attenzione particolare per le fotografie e i font accurata. Insomma, non un catalogo usa-e-getta.
Restando in area russa, una curiosità: all’Arsenale Novissimo, oltre alla splendida Torre di Porta Nuova che ospita – pur con grandi difficoltà organizzative – il Padiglione Sudafrica, nelle varie nappe albergano vari eventi collaterali. Fra questi, One of a thousand way sto defeat entropy, curata da Alexander Ponomarev e comprendente quattro artisti: lo stesso Ponomarev, Adrian Ghenie, Ryoichi Kurokawa e Hans Op de Beeck. Ebbene, a parte la straordinaria installazione di quest’ultimo, uno degli indici per comprendere quanto sia ricca certa Russia è proprio il catalogo della mostra. Grande formato, pagine patinate, tutto ovviamente bilingue e con fotografie a colori e una distribuzione – almeno nei giorni della vernice – assolutamente democratica: bastava avvicinarsi al desk e si riceveva il malloppo, senza nemmeno dover tirar fuori una business card.
Tutt’altro clima al Padiglione Francia, che come al solito affianca la distribuzione di uno speciale edito da Artpress a un volume di pregio, quest’anno pubblicato da Flammarion, con testi di Catherine Grenier e Jean-Hubert Martin, accompagnati da una conversazione fra Daniel Mendelsohn e Christian Boltanski. Altro clima, dicevamo: sì, perché per ricevere il volumone occorreva essere giornalisti, ma preferibilmente francofoni.
Approccio opposto al Padiglione Spagna, dove Dora García ha editato un tascabile che innanzitutto può essere scaricato gratuitamente dalla Rete, e poi è semplicemente una guida al suo Lo inadecuado, che prevede “ogni giorno un artista di scena”, ovviamente per una performance. Cheap & chic, con rilegatura classica e costa a vista, e un leggero strato di colla a tenere insieme gli ottavi.
Quanto ai padiglioni sparsi in giro per la città, da segnalare la bella grafica del catalogo del Lussemburgo, apprezzabile sin dalla sovraccoperta color panna, piacevolmente gommosa e arditamente traforata in copertina.
Ma il Leone d’Oro lo riserviamo, come già accennato in una recente Tribnews, al catalogo del Padiglione Olanda. È composto da 4 pubblicazioni separate: la copertina, un semplicissimo foglio giallo coi dati tecnici; la maquette del Padiglione, disegnata da Maureen Mooren, racchiusa in un cartoncino che si apre a 90°; il reader, corposo pinzato che contiene tutti i testi del caso; e infine un altro pinzato, che comprende i Monologues di Sanneke van Hassel. Un gioiellino, per di più realizzato senza spese folli.
Chiudiamo con una nota doverosa: il catalogo ufficiale della Biennale, accompagnato da una short guide economica e maneggevole, quest’anno consta di un solo volume, dopo le moltiplicazioni delle rassegne precedenti. L’editore continua a essere Marsilio e l’apertura, esclusivamente iconografica, spetta a Tintoretto. Il testo della direttrice Bice Curiger è certo più sostanzioso rispetto a quello dei suoi recenti predecessori, e soprattutto è seguito da una settantina di pagine che contengono altri contributi testuali: Dov’è Ai Weiwei di Giovanni Carmine, il report di una tavola rotonda su Tintoretto e il contemporaneo con le “voci” di Carolin Bohlmann, Diedrich Diederichsen, Corinne Wasmuht e la stessa Bice Curiger, un dialogo fra Jean-Luc Nancy e Tommaso Tuppini, e ancora saggi di Karl Holmqvist, Reza Negarestani e della coppia Beat Wyss & Jörg Scheller.
Marco Enrico Giacomelli
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