Le donne afghane, una speranza tradita. I ritratti fotografici di Carla Dazzi

Nel giro di pochi giorni, l’Afghanistan ha fatto un passo indietro di 20 anni. Nel mirino della repressione ci sono in particolare le donne e le attiviste. L’ONG “Insieme si può” ha attivato una raccolta fondi per far fronte all’emergenza umanitaria.

Diverse sono le onlus e le associazioni non profit che si sono mobilitate nell’ultima settimana a seguito della caduta dell’Afghanistan sotto le mani dei Talebani, con appelli e raccolte fondi. Si cerca di tenere i contatti con chi è rimasto là e che ora è costretto a nascondersi, attraverso messaggi scambiati su WhatsApp che ogni giorno si fanno più carichi di angoscia e paura di essere catturati. Mentre proseguono i rastrellamenti casa per casa da parte degli estremisti, tra le priorità c’è quella di mettere in sicurezza tutti coloro che hanno collaborato con organizzazioni straniere per finalità non conformi al regime. Si teme soprattutto per l’incolumità delle donne, le quali nello scorso ventennio sono state a capo di progetti di micro credito, contribuendo al benessere della comunità e alla ripresa economica del Paese. Allo stesso tempo, però, le donne afghane sono anche quelle maggiormente colpite dalle restrizioni dell’estremismo talebano e dall’applicazione della legge coranica, rischiando di vedere vent’anni di progressi, in materia di diritti civili e libertà personali, svanire nel nulla.

LE DONNE AFGHANE

Su questo tema è intervenuta Carla Dazzi, fotoreporter e membro del CISDA – Coordinamento Italiano a Sostegno delle Donne Afghane e di Insieme si può – Onlus; organizzazioni che sostengono da sempre le attiviste RAWA (Associazione rivoluzionaria delle donne dell’Afghanistan) e le altre organizzazioni locali di donne che, rimaste al fronte, non hanno smesso di impegnarsi, rischiando la propria vita per un Afghanistan in cui i diritti e la dignità di ciascuno siano rispettati e tutelati. Dal 2001 l’impegno della fotografa in Medio Oriente si è focalizzato in progetti di sostegno alle povertà dei territori locali, educazione allo sviluppo, percorsi formativi nelle scuole, eventi e campagne di sensibilizzazione. La fotografia è stata per lei uno strumento di documentazione di luoghi, persone e condizioni sociali, una cassa di risonanza che riesce ad arrivare ben più lontano delle parole. Raggiunta da Artribune, ha riportato la sua testimonianza raccontando di un paese che stava cambiando volto già anni prima della presa di Kabul. Di un popolo devastato dai conflitti, ma che non si era arreso di fronte alla prospettiva di una lenta ricostruzione; di una pace fasulla concordata a tavolino dagli Americani e di un Paese usato e tradito dall’Occidente. Le fotografie di Carla Dazzi (realizzate tra il 2002 e il 2013) sono state esposte lo scorso luglio nella mostra Afghanistan…per dove presso la Biblioteca San Giovanni di Pesaro, nell’ambito di un gemellaggio tra la città marchigiana e Kabul – che ha coinvolto l’Orfanotrofio Femminile, l’Orchestra femminile Olimpia, Fondazione Wanda Di Ferdinando e il Museo Nazionale Rossini – nel segno della musica e della cultura. Nella gallery ve ne riproponiamo alcune.

LE DONNE AFGHANE NELLE FOTOGRAFIE DI CARLA DAZZI

Abbiamo messo in piedi il ‘Progetto zafferano’, destinato a 12 donne, dando loro la possibilità di coltivare e commerciare questo prodotto: fornire una fonte di guadagno a una donna significa elevarla al pari del marito e produrre un investimento”, racconta Carla Dazzi a proposito della condizione femminile in Afghanistan. “Le donne che abbiamo aiutato, infatti, hanno reinvestito le somme guadagnate per far studiare i bambini. Loro stesse ci hanno chiesto un progetto di alfabetizzazione per diffondere l’educazione tra le loro famiglie. Avevamo anche un progetto incentrato sulle capre, l’unico animale che può sopravvivere alle condizioni climatiche e del territorio dell’Afghanistan. Un’iniziativa che all’epoca aveva fatto sorridere chi ne sentiva parlare. In realtà, dare una capra a una donna che non ha niente avvalora il suo stato, poiché diventa cibo per i figli e merce di scambio. Sono progetti che sembrano piccoli, ma hanno percorsi e sono continuativi, arricchiscono la popolazione”. In questi giorni di dolore, la stessa fotografa afferma di non riconoscere più come attuali quei volti da lei raffigurati anni addietro, in cui vigeva ancora un clima di fiducia e accoglienza. “Le immagini mostrano la grande speranza dei primi tempi; sono cosciente del fatto che quella speranza non c’è più. Ora sarà solo disperazione, ma mai rassegnazione e sottomissione. Per me è importante far passare il messaggio che le donne afghane non si arrendono. Noi tutti, con tutti i mezzi a nostra disposizione, dobbiamo far sentire alle persone che sono là che non sono sole”. Per sostenere il progetto di Insieme si può, accedere a questo link oppure inviare una donazione ai seguenti indirizzi:

Tramite bonifico, con causale “Erogazione liberale – Emergenza Afghanistan”:

  • Conto Corrente Postale: 13737325
  • Conto Corrente Bancario: UNICREDIT BANCA IT 16 K 02008 11910 000017613555
  • Conto Corrente Bancario: CORTINABANCA IT 23 A 08511 61240 00000 0023078

Oppure tramite carta di credito o Paypal direttamente online, causale “Erogazione liberale – Emergenza Afghanistan”

– Giulia Ronchi

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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