La fotografia di Richard Mosse in mostra al MAST a Bologna

Il MAST di Bologna ospita gli scatti di Richard Mosse: immagini dalla forte valenza politica e sociale, realizzate con particolari tecniche fotografiche.

Quella dedicata dal MAST di Bologna al fotografo quarantenne irlandese Richard Mosse è una mostra di grande impatto, con 77 immagini, due enormi videoinstallazioni ‒ The Enclave (2013) e Incoming (2017) ‒ e due opere video ‒ in una, Quick del 2010, l’artista ricostruisce la genesi della sua ricerca. La mostra Displaced, il cui titolo è fortemente chiarificatore, è una grande antologica i cui temi ‒ migrazione, conflitto e cambiamento climatico ‒ sono portanti per comprendere come proprio in quegli ambiti avvengano le grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche. Sono esposti anche il recente Tristes Tropiques (2020), realizzato nell’Amazzonia brasiliana, una terra distrutta, modificata, annientata dall’avidità umana, di grande forza espressiva. Le immagini in mostra, di grandi dimensioni, in cui i colori spiccano vivaci, offrono la possibilità di immergersi in contesti di natura geopolitica, sociale che vanno ben oltre l’apparenza immediata.

RICHARD MOSSE A BOLOGNA

Il curatore Urs Stahel, nella sua presentazione, scrive che Mosse rinuncia a scattare le classiche immagini iconiche su un evento, preferendo rendere conto delle circostanze. Il contesto che il fotografo indaga e propone al fruitore è determinante per una fotografia di reportage, che diviene altro rispetto a quanto siamo abituati a considerare tale.
Le sue fotografie non raccontano l’evento, come accade generalmente, ma il contesto, con un linguaggio del tutto particolare. I suoi non sono scoop. Ci troviamo di fronte a immagini coloratissime, una sorta di nuovo pittorialismo, in cui oltre allo studio dello scenario si dà spazio a una scelta di matrice linguistica tutt’altro che prevedibile.

Richard Mosse, Pool at Uday’s Palace, Salah a Din Province, Iraq, 2009. Courtesy of the artist & Jack Shainman Gallery, New York © Richard Mosse

Richard Mosse, Pool at Uday’s Palace, Salah a Din Province, Iraq, 2009. Courtesy of the artist & Jack Shainman Gallery, New York © Richard Mosse

LA TECNICA FOTOGRAFICA DI MOSSE

Per il lavoro in Congo, una terra ricca di risorse minerarie e per questo presa di mira nel corso del tempo da un espansionismo cruento, teatro tragico di guerre e di morte, Mosse ha utilizzato una particolare pellicola, la Kodak Aerochrome, una pellicola da ricognizione militare, sensibile ai raggi infrarossi, ormai fuori produzione. In quei luoghi, infatti, soprattutto nella regione del Nord Kivu, viene estratto il coltan, un materiale altamente tossico da cui si ricava il tantalio, che viene utilizzato largamente nell’industria degli smartphone. E un cerchio si chiude.

IL TRAGICO SECONDO MOSSE

Le fotografie di Mosse, per dimensioni e modalità esecutive, sono presenti nelle collezioni di arte contemporanea dei musei. Si tratta di lavori artistici il cui soggetto è l’attualità politica. Opere spiazzanti in cui si cerca una dimensione di bellezza per la tragedia, per la morte. Del resto, nella prima delle sue Elegie duinesi, il poeta boemo Rainer Maria Rilke scriveva che il bello non è che il tremendo al suo inizio.
Accompagna la mostra un libro assai interessante con un inserto su carta nera in cui sono riprodotte le immagini di Mosse in C-print digitale stampate su carta metallica.

Angela Madesani

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Angela Madesani

Angela Madesani

Storica dell’arte e curatrice indipendente, è autrice, fra le altre cose, del volume “Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia”, di “Storia della fotografia” per i tipi di Bruno Mondadori e di “Le intelligenze dell’arte”…

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