Il vicesindaco di Trieste usa una foto del reporter Sestini contro gli immigrati. Chiesti i danni

Al diavolo il diritto d’autore. Per il vicesindaco leghista di Trieste, Paolo Polidori, prendere un’immagine in Rete e usarla per scopi di campagna politica, è del tutto lecito. Per il fotografo Massimo Sestini e il suo avvocato no. Fotografia e dibattito politico sempre più connessi.

Il mare allo zenit. Visione dall’alto, dal punto in cui tutto si allarga e supera la norma terrena: l’immagine si fa immobile, estesa, compiuta, geometrica. Corpo monumentale e armonico. Nel caso della serie “Zenit” il fotografo e reporter Massimo Sestini ha scelto proprio di fotografare il mare da una prospettiva aerea, perpendicolare.
Nome di punta di testate come Paris Match, the Sun, Daily Express, l’Espresso, Panorama, Repubblica, autore di decine di servizi di taglio sociale, dal G8 di Genova al Giubileo, dagli attentati a Borsellino e Falcone al disastro della Moby Prince, tra il 2013 e il 2014 sforna questo breve compendio di visioni eterogenee. Uno stesso piano per contenere orrore e leggerezza quotidiani: lo sciame di piccole vele bianche, radunate per la Barcolana di Trieste; il corpo della Costa Concordia al largo dell’isola del Giglio, adagiato su un fianco dopo il naufragio; l’ultimo ombrellone aperto, nella malinconia di fine estate, su una spiaggia nei pressi di Pisa; i bagnanti a mollo nella grande piscina del Park Albatross, a San Vincenzo, nel livornese; il rosa, il bianco e l’azzurro di un tratto di costa a Rosignano Marittima, tra la rarefazione del paesaggio e il tripudio balneare in lontananza; il cimitero dei barconi a Lampedusa, massa di reperti che raccontano di morte e di salvezza, di crimini e di fughe.

Massimo Sestini, Tirrenia, Italy, 2013

Massimo Sestini, Tirrenia, Italy, 2013

L’ICONICO SCATTO SUI MIGRANTI

Tutte tirature limitate di 9 esemplari, tranne una foto, pensata per un’edizione aperta. Una barchetta traboccante di migranti, che avanza tra le onde: sono i 227 naufraghi recuperati dalla Marina Militare il 7 giugno nel 2014, a largo delle coste libiche, grazie al programma di governo Mare Nostrum. Il viaggio finale verso l’Italia, un ultimo tratto di strada dopo la tragedia consumata tra le acque, la lunga attesa, la conta rituale dei sommersi e dei salvati. Lo scatto – realizzato proprio da un elicottero della Marina, al termine di 12 giorni trascorsi su una nave e dopo due anni di reportage in cerca dell’immagine giusta, del punto esatto allo zenit – ha vinto nel 2015 il secondo premio nella sezione Generale News del “World Press Photo”. Ed è diventato uno dei simboli visivi più eloquenti del dramma del Mediterraneo.

FOTOGRAFIA E DIBATTITO POLITICO

Si torna a parlare dell’iconica fotografia all’inizio del 2019. Quando il tema dei migranti è bruciante, esplosivo, enfatizzato come non mai. Anni di propaganda elettorale imperniata sulla paura dell’uomo nero, la retorica dell’invasione, il terrorismo anti islamico tout court, la criminalizzazione delle ONG, lo strombazzamento virale dello slogan “prima gli italiani” e la raffica di fake news razziste diffuse da appositi network: adesso la Lega è al governo. E in valido (ancorché ambiguo) sostegno arriva dagli alleati del Movimento Cinque Stelle, col loro nazionalismo annacquato, postideologico, antieuropeista, asservito alle logiche della comunicazione populista.
ll lavoro dei molti reporter impegnati su questi fronti è spesso spunto di discussione, detonatore emotivo, documentazione preziosa. Lo scatto di Sestini continua così a far discutere, in questo inizio d’anno segnato ancora dalla fantomatica chiusura dei porti (che non esiste in nessun provvedimento governativo), dalla rivolta di molti sindaci contro il rigido decreto Sicurezza di Salvini e dalla pietosa vicenda della nave See Watch, con i suoi 49 naufraghi lasciati 15 giorni in mezzo al mare, per volontà di un’Italia annientata dalla propaganda e di un’Europa svuotata dei suoi valori fondanti.

Massimo Sestini, Lampedusa, Boats Cemetery, Lampedusa 2014

Massimo Sestini, Lampedusa, Boats Cemetery, Lampedusa 2014

NUOVI GUAI PER IL VICESINDACO LEGHISTA

Accade che il vicesindaco leghista di Trieste, Paolo Polidori, non pago della pessima figura rimediata con un post su Facebook, in cui si vantava di aver gettato nella spazzatura coperte e cappotto di un barbone, abbia sentito la necessità di pronunciarsi sul caso dei primi cittadini italiani insorti contro la nuova normativa sull’immigrazione. A corredo di un lungo post polemico, c’era proprio la foto di Sestini: “La pacchia è finita”, scriveva, “e i sindaci che non rispettano le leggi votate e approvate dal Parlamento hanno solo paura di vedere il loro giocattolo che si sta rompendo“.
Ed ecco la contromisura legale. L’autore non ci sta. Inaccettabile che la sua testimonianza fotografica, diffusa con scopi di informazione e di sensibilizzazione, contrastando proprio rigurgiti xenofobi e scaltre campagne politiche fondate sull’odio, divenga manifesto di un pensiero violentemente opposto. “Io quella fotografia l’ho regalata al mondo, per cause umanitarie”, ha spiegato Sestini, come riportato da Repubblica. “Ho lavorato due anni per trovare un’immagine che raccontasse quei viaggi della speranza. Un politico non può usarla così, e soprattutto contro i migranti. E così io querelo e chiedo i danni. Questa volta tocca al vicesindaco di Trieste, quello che ha gettato i vestiti del clochard”.

Il vicesindaco di Trieste Paolo Polidori e il clochard i Mesej Miha a cui gettò i vestiti. Foto TPI

Il vicesindaco di Trieste Paolo Polidori e il clochard i Mesej Miha a cui gettò i vestiti. Foto TPI

La richiesta danni è di 30mila euro. L’accusa arriva tramite diffida, a firma dell’avvocato Massimo Stefanutti, esperto di diritto della fotografia: Polidori non avrebbe rispettato i diritti di riproduzione, quelli di comunicazione al pubblico e di distribuzione, nonché la paternità artistica e morale della foto. Si sarebbe in sostanza impossessato dell’immagine, usandola a proprio piacimento, senza inserire il copyright, scegliendo dove postarla e consentendo la condivisione massiccia sui social. Ma non solo. Avrebbe anche accostato concetti e parole lontani dallo spirito dell’opera. Di fatto traviandone il senso e tramutandola nell’illustrazione di un pensiero che non appartiene a chi, quella foto, l’ha concepita e realizzata. Il danno più grave.

IL VIZIO DI ALCUNI

Il caso ricorda la querelle del 2014 tra Fratelli d’Italia e Oliviero Toscani: quest’ultimo accusò il partito di Giorgia Meloni di aver utilizzato una sua fotografia – pubblicata da Elle France in un servizio sulle famiglie arcobaleno – per un manifesto contro le adozioni gay. Capovolgendone completamente il senso. Oppure il caso del brano di Ludovico Einaudi, utilizzato abusivamente dal grillini per un (orrendo) spot elettorale anti euro, senza chiedere il permesso, pagare i diritti, citare l’autore. Il maestro andò su tutte le furie.
Insomma, la politica ci casca ripetutamente. Appropriarsi di contenuti artistici e piegarli ad esigenze di comunicazione e di propaganda politica: ignoranza, in tema di diritto, o reale spregiudicatezza? Gravi l’una e l’altra. Nell’anarchia del web districarsi certo non è facile. Ma la maleducazione è cifra della nuova stagione politica italiana, insieme alla mistificazione e alla prepotenza. Contro le Istituzioni, contro le persone, contro i ruoli, le competenze, i luoghi e le forme della democrazia. Abusare di un’immagine? C’è coerenza, quantomeno.

Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più