Altri stati per la fotografia. Parola a Chiara Capodici

Inauguriamo una nuova rubrica che dà voce a personalità indipendenti impegnate nella promozione della ricerca attorno alla pratica fotografica. Stavolta la parola va a Chiara Capodici, fondatrice di Leporello, una libreria romana dedicata al linguaggio della fotografia.

Il 6 aprile si è tenuta a Roma, presso l’Istituto Centrale per la Grafica, la prima sessione de Gli Stati generali della Fotografia, organizzati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, grazie all’iniziativa di Lorenza Bravetta, recentemente nominata Consigliere per la valorizzazione del patrimonio fotografico nazionale. Durante la giornata di studi, sono intervenuti esponenti di grandi istituzioni pubbliche e private: forse per la prima volta, a discutere della propria visione, impegno ed esigenze, sono state invitate anche molte figure indipendenti che negli ultimi anni, più o meno in sordina, stanno avendo un ruolo essenziale nella promozione della ricerca e sperimentazione intorno alla fotografia, vista nel suo senso più ampio e trasversale come essenziale strumento culturale.
In attesa del secondo appuntamento, che avverrà il 5 maggio a Reggio Emilia, abbiamo chiesto ad alcuni di questi attori del dibattito fotografico nazionale di scrivere un loro contributo, raccontando la loro attività e cosa si aspettano dal Ministero per sostenere e incoraggiare una posizione di avamposto. Torna alla mente una dichiarazione di Gae Aulenti, a proposito del Laboratorio di Progettazione Teatrale di Prato, diretto da Luca Ronconi negli Anni Settanta: “Il teatro dopo aver rifiutato il palcoscenico va nelle cantine, si porta nei luoghi del lavoro, della residenza, cioè in luoghi altri da quelli destinati al teatro, prova le strade, prova le piazze […] è una volontà di cercare il luogo adatto, il luogo perdente, il luogo dove tutte le corrispondenze siano possibili”.
Facendo un volo pindarico dal teatro alla fotografia o alle arti contemporanee più in generale, un luogo “altro” potrebbe ancora essere la chiave in Italia. Come ha suggerito Antonio Ottomanelli nel suo intervento, la domanda è: se il futuro fosse “un museo diffuso nel territorio”, fatto di tutte queste realtà indipendenti, coraggiose e difficili da incasellare?

Leporello, Roma. Allestimenti a cura dello Studio di architettura Orizzontale

Leporello, Roma. Allestimenti a cura dello Studio di architettura Orizzontale

PAROLA A CHIARA CAPODICI

Dal 2009 fino al 2016 mi sono occupata, all’interno dello studio 3/3, di curare mostre, disegnare libri e creare progetti legati alla fotografia, soprattutto per quanto riguarda l’ambito specifico dell’editoria.
La nostra è stata un’attività di ricerca che ha trovato espressione anche in mostre di libri, spesso ospitate all’interno di festival o spazi più o meno istituzionali che riconoscevano la necessità di far conoscere al pubblico italiano linguaggi e forme espressive che raccontano l’evolversi della fotografia in maniera più incisiva e diretta di molte altre.
Ci siamo confrontate anche con il mercato e, per alcuni anni, abbiamo curato il settore editoria all’interno di una fiera, il MIA, portando a Milano una serie di case editrici i cui prodotti erano difficili da trovare in Italia, se non, in parte, in posti come Micamera.
A gennaio ho deciso di aprire una libreria, Leporello, dedicata soprattutto alla fotografia, affinché fosse, un giorno, base e punto di connessione con libri di grafica, architettura, illustrazione e magari anche saggistica e letteratura un giorno.
Quando cercavo libri, dovevo scegliere se muovermi sempre con una valigia per acquistarli in festival internazionali e alcune librerie in Europa, oppure comprarli online, precludendomi il gusto di confrontarmi con qualcuno che ne aveva approfondito i contenuti prima di me.
La mia è una scelta che va in direzione contraria a quella che un economista potrebbe chiamare di ottimizzazione del profitto, ma che sento importante nel nostro contesto attuale. In fondo mi sembrava semplicemente assurdo che a Roma non potesse esserci un posto così.
Che poi ce ne sono, per esempio One Room o Colli, o la libreria di Officine Fotografiche, che per bilanciare l’aspetto poco remunerativo della vendita dei libri svolge anche attività di caffetteria.
Ma è possibile che si debba per forza aprire un bar per sostenere un’attività del genere?
Come 3/3 abbiamo avuto un’associazione culturale con cui abbiamo partecipato a qualche bando, ma la forma associativa non sempre era adeguata alle nostre attività.
Mi sono mossa sul mercato del lavoro come libera professionista, con una Partita IVA, mantenendo la forma associativa solo per accedere a bandi che altrimenti ci sarebbero stati preclusi.
Ora che ho deciso di portare avanti un’attività di ricerca attraverso una forma di impresa commerciale, la mia esigenza di identificarmi in un soggetto giuridico che rispecchi quello che faccio è diventata più incalzante.

THROUGH THE BOOK(S) #1 An Investigation of the laws observable in the composition, dissolution and restoration of land, a cura di Fabio Barile e Niccolò Fano, exhibition view at Leporello, Roma

THROUGH THE BOOK(S) #1 An Investigation of the laws observable in the composition, dissolution and restoration of land, a cura di Fabio Barile e Niccolò Fano, exhibition view at Leporello, Roma

Spesso si sente parlare di librerie indipendenti, e certo mi sentirei di definire Leporello indipendente nella misura in cui non fa parte di una grande catena e non si appoggia in Italia a distributori come Messaggerie, i cui limiti per le piccole librerie sono sostenuti, a ragione, da più voci, non ultima quella di Maurizio Ceccato, responsabile di Scripta Manent, che vive grazie alle molteplici attività di questo vulcanico illustratore.
Parlerei forse di una libreria di nicchia, ma una nicchia molto particolare, che si occupa di un segmento di mercato che interessa a pochi e che tuttavia ha importanti ricadute a livello culturale.
Al suo interno ho deciso di continuare a fare mostre di libri perché penso che anche la semplice domanda vada stimolata attraverso la conoscenza.
La mia commercialista, che forse è la mia più intima confidente nel tentare di navigare in queste acque dove cultura e mercato cercano di incontrarsi, mi ha detto che era un suicidio, perché in generale in Italia il settore del piccolo commercio è affossato, figuriamoci se legato alla vendita di un prodotto così poco conosciuto e ri-conosciuto.
Eppure non mi sembra una fantasia peregrina pensare che se aprire e gestire un’attività commerciale fosse facile come in Gran Bretagna, o aprire uno spazio culturale a vocazione non principalmente commerciale fosse riconosciuto – a livello fiscale – come lo è per esempio in Olanda, l’economia di un Paese come il nostro non ne trarrebbe che beneficio.
Io mi riconosco nella figura di commerciante, ma atipica. Sono pienamente consapevole delle responsabilità e dei rischi d’impresa, ma auspico di muovermi in un orizzonte in futuro più agile che riconosca le peculiarità della mia attività.
Mi riconosco nella figura dell’operatore privato della cultura, e, in quanto tale, tutte le forme giuridiche a mia disposizione sono più che limitanti.
Questo termine è emerso confrontandomi con un’altra realtà che opera nel mio settore, Officine fotografiche, grazie a cui ho scoperto che un paio di anni fa sono stati promossi due convegni dalla Commissione Cultura di Roma Capitale, volti a promuovere una legge che crei e disciplini l’impresa culturale. Un lavoro purtroppo a cui non è stato dato seguito ma che ha lasciato tracce importanti che varrebbe la pena riprendere, a partire dal Manifesto per l’impresa culturale redatto dal gruppo di operatori partecipanti ai convegni – tra i quali minimum fax e Officine Fotografiche stessa –, che si erano raggruppati sotto il nome di “Fondati sulla Cultura”, a riprova del fatto che quella delle nuove opportunità per la fotografia è una questione che si estende ben oltre i suoi labili confini.

Leporello, Roma. Allestimenti a cura dello Studio di architettura Orizzontale

Leporello, Roma. Allestimenti a cura dello Studio di architettura Orizzontale

Come può il MiBACT supportare la mia attività?
In modo diretto, favorendo attività di ricerca, facilitando la partecipazione a bandi europei, contribuendo alla creazione di borse di studio, riconoscendo la specificità del libro fotografico e la necessità che sia possibile approfondirla in ambito accademico.
A livello più generale, interagendo con altri soggetti pubblici, dando la possibilità di partecipare a bandi economicamente sostenibili che prevedano, per esempio, un budget di base per la realizzazione di progetti culturali e non la necessità di coprire spese altrimenti di difficile gestione per un Comune.
Lavorando di concerto con il Ministero dell’Economia, e riconoscendo le misure che garantiscono effettivamente un maggior controllo sull’evasione fiscale.
In parte la mia commercialista ha ragione, il mio è un rischio non programmato. Porto avanti, come molti, tanti altri piccoli lavori, che non vanno a integrare ma a sostenere, almeno in parte, un’attività che dovrebbe essere riconosciuta anziché intrappolata nelle maglie di una burocrazia che spesso ci allontana dal dinamismo del resto d’Europa.
I rischi non programmati sono forse i più belli, andrò avanti fino a quando potrò e nel frattempo sono curiosa di vedere quali misure potranno rendere le mie prospettive più realistiche oltre che ottimistiche.

Chiara Capodici

rubrica a cura di Emilia Giorgi

Roma
LEPORELLO PHOTOBOOKS ET AL.
Via del Pigneto 162e
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Emilia Giorgi

Emilia Giorgi

Emilia Giorgi (Roma, 1977) è critica e curatrice di arti visive e architettura contemporanee. Dal 2002 al 2009 collabora con il MiBACT, tra le altre attività alla definizione del programma culturale del museo MAXXI di Roma, dove poi lavora dal…

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