Impressionismo in Normandia. La mostra ad Asti

La mostra allestita al Palazzo Mazzetti di Asti chiama in causa l’Impressionismo, ma senza approfondirne del tutto i confini. Prendendo invece in esame la pittura in Normandia fra gli Anni Venti dell’Ottocento e il 1940.

L’impressione vera è che qualcuno, a Palazzo Mazzetti, volesse a tutti i costi una mostra “su Monet”, e abbia quindi chiesto aiuto all’onnipresente patrono Vittorio Sgarbi per trovare quanto di più vicino disponibile. Di fatto, il tema è piuttosto quello della collezione Peindre en Normandie, diretta da Alain Tapié, dalla quale provengono la maggior parte delle opere esposte. Non è una mostra sull’Impressionismo, quindi, ma sul dipingere in Normandia, sulla relazione tra i pittori moderni e la costa normanna, in un arco temporale compreso tra gli Anni Venti dell’Ottocento e il 1940. Le differenze stilistiche sono fin troppo ampie ed evidenti. Aggiungiamo, poi, che i quadri veri e propri sono pochi, trattandosi per lo più di studi e bozzetti. Ciò chiarito, la mostra offre un piccolo assaggio dell’evoluzione della pittura di paesaggio francese che, a partire dall’esempio dei pittori inglesi e passando per l’esperienza di Corot, dei Barbisonniers e di Courbet, scopre la pittura dal vero e la fedeltà al dato atmosferico e luminoso, allontanandosi dalla rappresentazione classica e idealizzata della natura.

LE OPERE

Il percorso si apre con il padre del colorismo francese, Eugène Delacroix, presente con uno studio ad acquerello (Falesie a Dieppe, 1834 circa.), magnifico nel tocco leggero, rapido e sicuro, tutto basato sul contrasto tra toni marroni e azzurro-blu. Si prosegue con Corot e poi con le marine di Daubigny e di Courbet, che condividono in questa fase una pittura materica, mobile e vibrante, anche se ancora opaca. E poi c’è Eugène Boudin, il pittore di Le Havre che avvierà Monet alla pittura en plein air e alla visione moderna del paesaggio.
Dei cinque lavori in mostra di Monet, Barche sulla spiaggia di Étretat del 1883 è il più d’impatto, luminoso nell’accostamento delle tonalità azzurro-verdi e grigio-rosa. Gli altri sono prove minori, spalmate tra gli esordi e la fase “simbolista” degli Anni Novanta, nei colori sempre più irreali, ben descritti all’epoca da Octave Mirbeau. Vi si può cogliere l’evoluzione del linguaggio pittorico di Monet. Nel giovanile Étretat, 1864 circa, la pittura è sorda, l’acqua – di solito vibrante e policroma nelle tele del pittore parigino – è stranamente piatta, nitida e immobile. Eppure la falesia si riflette sulla sua superficie, mostrando già quel tema del rispecchiamento che sarà sempre presente nel lavoro di Monet. Si avverte l’influenza di Courbet ma anche del paesaggismo olandese, cui fa riferimento l’amico Johan Barthold Jongkind. Quest’ultimo è presente con uno studio del 1862, dove emerge il tema del lavoro nella società moderna, sempre più depurato della visione pittoresca.

Eugéne Le Poittevin, Bagno a Étretat, 1858 ca. Collection Association Peindre en Normandie, Caen

Eugéne Le Poittevin, Bagno a Étretat, 1858 ca. Collection Association Peindre en Normandie, Caen

LE TRASFORMAZIONI SOCIALI

L’aspetto più interessante raccontato da questi quadri è quello delle trasformazioni sociali avvenute sulla costa normanna: dai lavori tipici di marinai e pescatori si passa alle nuove attività legate alla nascita del turismo. Ampiamente affrontato da Monet intorno al 1870, il tema dei borghesi in villeggiatura è presente nel bozzetto Camille sur la plage, rapidissimo e fluido, o in uno studio di Berthe Morisot, La sœur du peintre et sa fille sur le port de Cherbourg, dalla temperatura cromatica notevole. Mentre è già turismo di massa quello descritto da Jacques-Émile Blanche in due opere del 1910 e del 1934.
Quanto agli altri “impressionisti” citati nel titolo, c’è solo un minuscolo bozzetto rosa di Renoir, del 1893. Per il resto si tratta di epigoni o di post-impressionisti, come Bonnard, Vuillard, Villon, o già fauves, come Albert Marquet.
Se un anno fa prometteva di rilanciare la provincia astigiana verso orizzonti più attuali e smaliziati, la Fondazione Asti Musei sembra dunque bloccata in un approccio attardato, che non coglie la differenza tra fare cultura e lanciare un prodotto sul mercato. C’è da augurarsi per il futuro una maggiore apertura al contemporaneo ma anche al territorio, ai giovani artisti, alla sinergia con altre istituzioni culturali piemontesi.

Emanuela Termine

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Emanuela Termine

Emanuela Termine

Emanuela Termine (Roma, 1978) è storica dell’arte e curatrice. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università La Sapienza di Roma, con una tesi sulle relazioni fra arte e architettura in Italia tra gli Anni Cinquanta e Settanta. Fino al…

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