L’artista Ian J. Brown in mostra a Milano con i suoi teatri queer: una riflessione sulla scena, l’identità e lo sguardo

Brown lavora da anni su piccole cornici sagomate che evocano i “Teatrini” di Lucio Fontana e che, come soglie, creano spazi di riflessione profonda

S’intitola Illusion of the Interior – ed è visitabile fino al 27 gennaio 2025 da EGO Projects, in Via Zebedia 7, a Milano – la prima mostra personale in Italia dell’artista Ian J. Brown (Londra, 1980). Con sé porta un immaginario che intreccia tradizione, teoria contemporanea e riflessioni sui temi dell’identità. La sua ricerca, infatti, nasce dalla lezione spaziale di Lucio Fontana letta da una lente queer, tra architettura, scena e autorappresentazione. Brown lavora da anni su piccole cornici sagomate che evocano i Teatrini di Lucio Fontana: dentro queste aperture, l’artista costruisce ambienti in cui pittura e scultura si toccano, si complicano, si contraddicono. Il risultato è un microcosmo in cui l’immagine diventa palcoscenico, uno spazio mobile in cui interagiscono tensioni psicologiche, sociali e identitarie.

La mostra di Ian J. Brown da EGO Projects a Milano

Come spiega il curatore e proprietario di EGO Projects Filippo Zagarese, il dialogo con il pensiero della filosofa Judith Butler è esplicito: per Brown, l’identità è un atto che si ripete, si modifica, si prova in scena. Le figure, gli oggetti e le forme che compaiono nei dipinti non hanno mai contorni stabili: appaiono, si sottraggono, si spostano. Sono identità in divenire, attraversate da desideri e paure, da esposizione e protezione. La sua pennellata, rapida, fisica e a volte trattenuta, ha un ruolo performativo: fa emergere e nasconde, mostra e trattiene. Mette in scena il conflitto tra ciò che vogliamo rivelare e ciò che non siamo pronti a dire.

La mostra di Ian J. Brown da EGO Projects a Milano


La mostra di Ian J. Brown da EGO Projects a Milano



Guy Debord e la ricerca di Ian J. Brown

Accanto alla riflessione sul sé, Illusion of the Interior apre anche un discorso più ampio sulla rappresentazione contemporanea, che richiama le analisi di Guy Debord sulla società dello spettacolo. Nell’epoca in cui l’identità rischia di ridursi a immagine da consumare, Brown costruisce invece piccoli dispositivi critici: non schermi, ma luoghi di relazione. Nei suoi Teatrini, lo spettatore non è mai esterno all’opera, ma entra, si avvicina, si confronta con ciò che vede e con ciò che gli sfugge. 

La mostra di Ian J. Brown da EGO Projects a Milano


La mostra di Ian J. Brown da EGO Projects a Milano



La mostra nelle parole del curatore Filippo Zagarese 

Nello spazio espositivo, morbide tende rosa avvolgono le pareti, trasformando la galleria in un ambiente teatrale e intimo. I dipinti sembrano fluttuare su questa pelle di tessuto, sospesi tra occultamento e rivelazione. Questo gesto estende l’indagine sul palcoscenico e sulla superficie: la tenda diventa al tempo stesso confine e soglia, riecheggiando la nozione butleriana dell’identità come illusione recitata piuttosto che verità interiore. All’interno di questa architettura delicata, lo spettatore attraversa strati di esposizione e travestimento, dove il sé – come l’immagine – non è mai completamente svelato”, spiega Zagarese nel testo critico che accompagna la mostra.

Caterina Angelucci 

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Caterina Angelucci

Caterina Angelucci

Caterina Angelucci (Urbino, 1995) è laureata in Lettere Moderne con specializzazione magistrale in Archeologia e Storia dell’arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Oltre a svolgere attività di curatela indipendente in Italia e all'estero, dal 2018 lavora come…

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