Un Lucio Fontana ancora da scoprire nelle ceramiche alla Guggenheim di Venezia

La Collezione Peggy Guggenheim ospita una grande mostra dedicata ai lavori in ceramica dell’artista. È la prima in un museo interamente dedicata a questo lato meno noto, ma essenziale della produzione del rivoluzionario genio italo-argentino

La fama di Lucio Fontana (Rosario, Argentina, 1899 – Comabbio, 1968) è legata soprattutto alle tele tagliate e bucate degli anni ‘50 e ’60, mentre Mani-Fattura. Le ceramiche di Lucio Fontana con le sue 70 opere, alcune esposte per la prima volta, vuole attirare l’attenzione sulle creazioni meno conosciute dell’artista: quelle in argilla. Questo tipo di lavoro fu cominciato da Fontana in Argentina negli anni ‘20 e continuato per l’intero corso della sua vita. Curata dalla storica dell’arte Sharon Hecker, la mostra alla Collezione Peggy Guggenheim è la prima in ambito museale dedicata a questo aspetto della produzione di Fontana. Sono oltre duemila le sue sculture in ceramica e vanno dal minuscolo, come nel delicatissimo Ritratto di bambina del 1931, al monumentale della Ceramica spaziale del 1953, variando tra opere figurative – donne, animali marini, arlecchini e guerrieri – e astrazioni, con pezzi unici e lavori prodotti in serie.

L’argilla come materia viva alla Peggy Guggenheim di Venezia

Esaminate fino in fondo, le opere in ceramica di Fontana manifestano una reciprocità tra variazione ed equilibrio. In tal senso, la curatrice nel catalogo ricorda una riflessione dell’artista del 1938 in merito al suo rapporto con l’argilla: “La materia era terremotata, ma ferma”. Fontana scopre come dare alle sculture un senso di vibrante vitalità attraverso lo sdoppiamento, la differenziazione e la molteplicità. La sua “prima ceramica” come la chiamava Fontana (ma che, in realtà, è di gesso), Ballerina di Charleston del 1926, è un vibrare di forme, un ondeggiare al ritmo sincopato del jazz. L’espressione concentrata della scultura, che l’artista dipinge di nero a imitare la ceramica, manifesta la difficoltà della posa mentre si piega con le ginocchia unite e agita entrambe le mani intorno ai fianchi. La scultura è statica e dinamica insieme, in un movimento che segna anche i rilievi in terracotta dei primi anni Trenta.

Lucio Fontana con alcuni Concetti spaziali, Natura, Albissola Marina, 1959-1960
Lucio Fontana con alcuni Concetti spaziali, Natura, Albissola Marina, 1959-1960

I sorprendenti anni ’30 di Lucio Fontana a “Mani-Fattura”

Figura alla finestra e Venere, entrambe risalenti al 1931, sembrano visivamente in relazione, forse create una dopo l’altra, anche se non si conosce l’esatto ordine cronologico. La prima, con tracce strisciate di blu e bianco modellate sui rilievi dell’argilla, è anonima e indefinibile; la seconda, invece, incarna la divinità classica attraverso una corporeità dilatata. In Figure nere, sempre del 1931, due sagome sono quasi uno specchio l’una dell’altra: incorniciate dal bianco, oscillano tra il riconoscimento formale e la sua negazione. Fra le natura morte, in mostra si trova Banana e pera del 1938, in cui gli smalti colorati sono sorprendenti e insoliti. Giulio Carlo Argan nel 1939 scriveva che “il colore non è un fenomeno di superficie, ma è un principio plastico, spaziale della scultura di Fontana”, aderente alle immagini come una seconda pelle. In altri casi, le opere alternano figurazione e astrazione, terra e mare, natura e artificio: Pesce del 1940 e Seppia del 1937 presentano creature che sembrano nuotare in un denso mare di ceramica.

La serie dei “Crocifissi”

La dialettica più convincente tra stasi e movimento la si trova nei sorprendenti Crocifissi realizzati in serie tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. Opere da non considerare esclusivamente dal punto di vista religioso, sono ceramiche che si affidano alla reiterazione di una base in argilla: linee orizzontali e verticali identiche configurano una Croce archetipica. All’interno di questa costruzione replicata, però, Fontana ripropone ogni volta un’immagine diversa del Cristo, che è allo stesso tempo un non-Cristo. L’intensità religiosa è trasfigurata in estasi estetica, uno stato di rapimento che sospende l’irrevocabilità della morte.

Politica e arte: le posizioni di Lucio Fontana

Sull’orientamento politico di Fontana le divergenze tra gli studiosi non mancano. Se per alcuni è un convinto sostenitore del regime fascista, per altri è un conformista pragmatico che si adatta al clima senza lasciarsi coinvolgere del tutto. Eppure, Torso italico (1938) pare subordinato all’immaginario fascista: è un’opera imponente che rilegge l’iconica statua dell’imperatore Augusto, conservata nei Musei Vaticani. Sul torso coperto da una corazza nera, Fontana incide e dipinge una serie di forme simboliche bianche: una Vittoria alata fascista, il monumento a Marco Aurelio, un albero e il Leone di Giuda, simbolo dell’Etiopia. Tuttavia, le sue ceramiche non si cristallizzano mai del tutto in un consenso politico coerente. Torso italico ha un braccio mozzo; l’albero raffigurato sull’armatura della figura non è florido: ha pochissime foglie e non ha radici; si può addirittura pensare che il suo manto sia rosso di sangue.

Fausto Politino

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero di Sartre. Abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione…

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