Si chiamava Artshow ed era una storica guida per orientarsi tra le mostre prima di internet
È proprio il fondatore di questa pubblicazione, Giulio Ciavoliello, il curatore della mostra che al Museo del Novecento racconta la storia del suo Artshow, indispensabile bussola per orientarsi nel mondo dell’arte italiano prima degli smartphone

Giulio Ciavoliello ha inventato, fondato e diretto Artshow per 25 anni. Era una guida indispensabile e obbligatoria per chi voleva andare in giro per mostre in anni in cui non esisteva lo smartphone ad aiutarti. Si sfogliava e c’era una mappa della città con tutte le mostre. Ora le copie superstiti di questa pubblicazione gratuita costituiscono una collezione formidabile ogni archivio museale perché raccontano quali mostre c’erano, quali gallerie c’erano, cosa succedeva tra il 1987 e il 2011. Dopo aver donato una serie di esemplari di Artshow al Museo del Novecento di Milano (che dedica ad Artshow anche una mostra), Ciavoliello è disponibile a fare lo stesso anche con altri musei e archivi. Si tratta di un prodotto editoriale preziosissimo da archiviare. Intanto qui sott), Ciavoliello è disponibile a fare lo stesso anche con altri musei e archivi. Si tratta di un prodotto editoriale preziosissimo da archiviare. Intanto qui sotto il suo testo in cui ci racconta la mostra di Milano.
É andata così. La mostra sulla guida Artshow in corso al Museo del Novecento di Milano offre un’occasione per raccontare brevemente in cosa è consistita la proposta editoriale della guida che dal 1987 al 2011 ha accompagnato gli appassionati alla scoperta del mondo dell’arte, prima milanese e poi nazionale. Mi soffermo qui sugli inizi della sua storia e sulle sue principali caratteristiche.
Anni Ottanta: un mondo dell’arte caratterizzato da una naturale lentezza
A metà Anni Ottanta il mondo dell’arte era diverso da quello attuale, più semplice, meno articolato e la sua informazione viaggiava su carta. Questo non vuol dire che non fosse dotato di strumenti adeguati. Per esempio, chi voleva sapere gli indirizzi di artisti, critici, gallerie, si avvaleva di una pubblicazione annuale come Art Diary, edita da Giancarlo Politi Editore. Erano attive le riviste specializzate che rispondevano a esigenze di lettura e interpretazione di ciò che accadeva nel settore e alle esigenze di promozione degli operatori specifici. Per avere un’idea della naturale lentezza di azioni e reazioni che potevano esserci al tempo, basta dire che nelle riviste d’arte quasi sempre le recensioni delle mostre erano pubblicate quando si erano già concluse.

Artshow una proposta editoriale nata sulla base di un’esigenza concreta
Tre galleristi operanti a Milano, Pasquale Leccese, Alessandro Seno e Andrea Murnik mi fecero notare che mancava una cosa. Quando si entrava nelle gallerie d’arte di varie città europee, a disposizione del pubblico si trovava un dépliant delle mostre con una mappa indicante i punti dove trovarle. Murnik aveva da tempo una sua galleria. Leccese e Seno iniziavano con Le Case d’Arte. Erano così convinti della necessità di provvedere alla mancanza che mi convinsero a occuparmene, e trovarono anche chi poteva finanziare il primo numero di una pubblicazione del genere. Fu coinvolto Gianni Aglietta, appassionato d’arte e collezionista. Dirigeva un’azienda che produceva capi d’abbigliamento. La nuova guida alle mostre di Milano fece la sua apparizione a novembre del 1986. Si presentava come un pieghevole che, chiuso, da un lato aveva la testata Milano Artshow e dall’altro la pubblicità Cerruti 1881. Una volta aperto, da un lato si trovava l’elenco dei nomi degli spazi dove trovare le mostre insieme a una cartina della città, dall’altro informazioni essenziali per poterle vedere.
In mostra a Milano rivelata anche la genesi dell’iconico titolo “Artshow”
Come mi venne in mente un nome del genere per la pubblicazione? Mi colpiva negli Stati Uniti l’equivalenza delle parole show e exhibition. Le mostre a New York si distinguevano in solo show e group show. Inoltre, non bisogna dimenticare che, dopo gli “anni di piombo”, gli italiani in tante situazioni della vita ritrovavano il senso del piacere. Le arti visive sono diverse da circo, teatro, televisione ma non del tutto estranee al concetto di attrazione, di spettacolo. Da queste considerazioni derivò il nome. La prima uscita servì da esempio tangibile, per fare intendere ai galleristi le opportunità che poteva offrire lo strumento di informazione proposto, e quanto fosse meritevole di sostegno da parte loro, visto che per poter funzionare doveva essere messo liberamente a disposizione del pubblico. Passò un anno prima che Milano Artshow ripartisse con il contributo delle gallerie. Si consideri sia il tempo, lento come dicevo prima, che la necessità di mettere in piedi un minimo di organizzazione. L’inizio con regolarità avvenne dopo un anno, alla fine del 1987. Si arrivò così all’inizio degli anni Novanta con sei o sette uscite all’anno. Aprile 1990 segna l’inizio delle immagini in copertina. Da allora in poi c’è sempre stata un’immagine in copertina.
Al Museo del Novecento si racconta la rapida crescita di Artshow da Milano all’Italia
In quel periodo è venuta in mente un’altra idea, che in un’unica pubblicazione si potesse inserire l’informazione riguardante anche altre città. Nel nostro paese il mondo dell’arte è relativamente piccolo. Le mostre non sono numerosissime. Da ottobre 1990 Milano Artshow è diventata semplicemente Artshow, riunendo le mostre del momento in un territorio di lingua italiana che tendenzialmente si estendeva dal Canton Ticino alla Sicilia. É una caratteristica che si è mantenuta sino alla fine della sua storia. Negli ultimi anni era un vero mensile, con undici uscite all’anno. Solo agosto-settembre era bimestrale.










Le costanti nei venticinque anni di Artshow
La sua storia venticinquennale si è fondata su delle costanti. L’informazione riguardo le mostre era essenziale, priva di commenti, distinguendosi in questo modo dalle riviste. Abbastanza presto il formato si è stabilizzato in un piccolo rettangolo verticale, che aperto si approssimava a un quadrato. Era una pubblicazione leggera, compatta, da mettere in tasca, veicolata copiosamente in tanti punti di distribuzione, in un circuito anche turistico. Viaggiava bene anche come copia singola per posta, nelle lettere da ufficio in cui si inseriva perfettamente. Artshow era un’edizione materialmente meno preziosa delle riviste d’arte, disponibile a essere “usa e getta”.
Artshow: una guida non una rivista, ma con le copertine d’autore
Era una guida e ho sempre corretto chi la chiamava rivista. Con le riviste aveva in comune una caratteristica: la scelta accurata dell’immagine in copertina, un’opera nella sua interezza o in dettaglio, a volte il progetto specifico di un artista. Ed erano quasi sempre progetti specifici le doppie pagine interne dedicate a un artista: una sorta di immagine virus per interrompere una sequenza di pagine fatte di pura informazione, immesso dall’artista emergente che avevo invitato o di cui accoglievo la proposta. La guida si fondava su uno spirito di servizio. Per molti era diventata indispensabile. Si offriva gratuitamente, regolarmente a decine di migliaia di utenti che l’aspettavano. Questo ha determinato un carico di responsabilità. A volte un ritardo, un contrattempo creava disappunto, malumore, in qualche caso difficile da gestire. Era il prezzo inevitabile da pagare per una produzione editoriale a disposizione di una comunità, una moltitudine che sulla guida faceva affidamento, fatta di addetti ai lavori e appassionati che si davano appuntamento, si trovavano in mostre ed eventi forieri di ulteriori incontri e scambi, da cui nascevano varie iniziative.
Le persone di Artshow
In ogni umana esperienza contano le persone e la vicenda Artshow non fa eccezione. Sono tantissime le persone che hanno dato un contributo perché si realizzasse. A loro va la mia gratitudine. Mi limito a ricordarne due, che in alcune fasi ne hanno accompagnato l’esistenza in modo determinante: Laurel Scheinman nel periodo iniziale, in particolare per i rapporti con le gallerie, e Maria Pia Bolletta Quarzo-Cerina, che l’ha sostenuta e promossa.
Al Museo del Novecento di Milano l’archivio di Artshow
La preparazione della mostra al Museo del Novecento di Milano ha reso possibile il costituirsi dell’archivio di Artshow. Prima esisteva un accumulo non organizzato di materiali. La proposta inaspettata di curare la mostra, che il direttore Gianfranco Maraniello mi ha rivolto, la determinazione di una dirigente come Iolanda Ratti hanno agito da catalizzatore, per cui l’archivio donato al Museo del Novecento oggi esiste grazie a loro. L’insieme delle copertine e delle informazioni contenute offre uno specchio del mondo dell’arte italiano, rivela le caratteristiche di un territorio in cui l’offerta mostre è stata davvero ricca, con notevoli aperture internazionali. Per concludere, a proposito di copertine, racconto una curiosità, emersa durante l’organizzazione della mostra. Nel 1990 la prima copertina con l’immagine di un artista è stata di Gerhard Merz (un progetto ad hoc), l’ultima nel 2011 di Marisa Merz. Ho scoperto anche che non è stata mai dedicata una copertina al più noto Mario Merz.
Giulio Ciavoliello
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati