Nuovo palinsesto e mostra inaugurale di Margherita Moscardini. Il 2025 di Platea, a Lodi
È all'insegna degli spazi condivisi, della messa in discussione dei confini e del dialogo internazionale il nuovo programma espositivo dell'associazione lodigiana curato da Gabriella Rebello Kolandra

È come entrare, finalmente, nello specchio di Alice la mostra personale di Margherita Moscardini (Donoratico, 1981) nella vetrina di Palazzo Galeano, nel centro storico di Lodi. Lo spazio espositivo dell’associazione culturale Platea, nata nel 2020 con lo scopo di promuovere l’arte sul territorio locale con una prospettiva internazionale, si apre per la prima volta al pubblico con Super Super: l’ambiente, accessibile ai passanti giorno e notte fino al prossimo giugno, diventa una piazza pubblica, dove entrare per osservare la strada e, allo stesso tempo, essere osservato dai passanti.
La mostra di Margherita Moscardini a Lodi
La nuova veste della vetrina di Palazzo Galeano, occupata da una scala e punteggiata di sculture “nomadi” in argilla, punta a restituire una modalità di abitare provvisoria, che supera le categorie del privato e del pubblico per proporre un altro tipo di spazio, collettivo e anarchico. Una conferma della pratica di Moscardini che, muovendosi tra architettura, urbanistica e i concetti di città e cittadinanza, vuole spesso prendere le distanze dalla “sovranità” del territorio occupato. Ne sono esempio suoi grandi lavori come 1XUNKNOWN, to Fortress Europe with Love (2012- 2018), serie di 21 video che raccontano i resti della linea difensiva Atlantic Wall costruita dal Terzo Reich lungo la costa atlantica europea; The Fountains of Za’atari (in corso dal 2016), che va a riprodurre in Europa i cortili con fontana costruiti all’interno dell’omonimo campo per rifugiati in Giordania trasformandoli in “risorse comuni”; e la famosa Bethel Chapel’s Annex (2023), tappeto di 500 metri quadri dove circa mille ministri hanno celebrato una messa non-stop (sfruttando una legge che vieta di interrompere un rito religioso) per difendere la famiglia Tamrazyan da un mandato esecutivo di espulsione dall’Olanda.
A questo primo intervento di Palazzo Galeano (in collaborazione con la Gian Marco Casini Gallery) se ne collega un altro, sempre di Moscardini: una singola opera video presentata nell’ambito del progetto espositivo di ripensamento della collezione civica lodigiana Essere Fiume. Intendendo la città come “insieme di individui” che si organizzano e che modificano l’ambiente in base alle proprie necessità, e non necessariamente come “una comunità”, The City ritrae un’area di Lodi su cui si intersecano il corso dell’Adda, un ponte con una strada a larga percorrenza e le attività dei passanti: l’immagine in lenta trasformazione fonde il fiume, il cemento e gli umani in un unico, sfuggente soggetto.
Il nuovo palinsesto espositivo di Platea per il 2025
La mostra costituisce l’episodio inaugurale della nuova edizione del palinsesto espositivo dell’associazione lodigiana, intitolato per il 2025 Nine Out Of Ten Movie Stars Make Me Cry e curato da Gabriella Rebello Kolandra. Formatasi tra Brasile e Italia, Rebello Kolandra ha collaborato con numerose realtà in tutta Europa (inclusa la comunità di pratica decentralizzata Archive) e attualmente è assistente curatrice alla Fondazione ICA di Milano. Il suo programma per Platea, che deve il titolo a una canzone del 1972 di Caetano Veloso, composta e registrata mentre si trovava in esilio a Londra durante la dittatura militare in Brasile, si ispira al progetto di Lina Bo Bardi per la compagnia Teatro Oficina di San Paolo, che abbatte la barriera tra la vita e la finzione scenica mettendo attori, spettatori e tecnici a contatto diretto. A partire da questa riflessione, un folto gruppo di artisti e artiste emergenti sono stati invitati a rileggere lo spazio espositivo in ottica partecipativa.
Gli ospiti internazionali della programmazione lodigiana di Platea
La prossima a essere ospitata dopo Moscardini? Sarà, tra giugno e agosto 2025, l’artista visiva e attivista Ulyana Nevzorova (Minsk, 2001), la cui pratica si concentra sulla connessione tra memoria personale e collettiva, e sulla deformazione. Il prossimo settembre sarà quindi la volta dell’artista Rebeca Pak (São Paulo, 1992), che ricombinando diversi contesti culturali crea mondi aperti dove realizzare il confronto e il dialogo. Tra novembre e gennaio dell’anno prossimo sarà invece ospitato Vashish Soobah (Catania, 1994), il cui lavoro esplora le cause profonde e i meccanismi sociali delle migrazioni africane nel contesto globale, focalizzandosi sulle loro implicazioni nelle società occidentali. Infine, come progetto speciale, ci sarà Marvin Gabriele Nwachukwu (Milano, 1996), artista visivo e grafico che lavora con l’appropriazione, la riscrittura e l’auto-narrazione e che ha fatto dello scambio col pubblico un momento cruciale del proprio processo creativo.
Giulia Giaume
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