“Da soli non si fa niente”. Intervista all’artista Arcangelo Sassolino 

Tra i più visionari artisti del panorama italiano contemporaneo, Arcangelo Sassolino firma la copertina del nuovo numero di Artribune Magazine. Per conoscere il suo lavoro da vicino, siamo andati a trovarlo nel suo studio-fabbrica, che presto diventerà anche un centro di ricerca e residenze

Chiunque abbia mai visto un’opera di Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967) sa quanto siano importanti per lui i concetti di tensione, forza, limite. E può solo immaginare invece il ruolo primario dell’errore nel processo che porta, poi, a un’opera finita. Un processo che è fatto solo apparentemente di distruzione, ma che si rivela poi continua metamorfosi. Certo, le bottiglie di vetro verde sparate contro un muro da un apposito fucile a nitrogeno compresso (Afasia, 2008) esplodono in mille frammenti, ma si trasformano in colore puro e brillante, che si accumula sul pavimento. E si trasformano in tensione, quella di un colpo di fucile che non sai quando sparerà di nuovo. Quello di Arcangelo Sassolino è un approccio alchemico ma anche industriale: la scienza dei materiali è presa in considerazione come strumento poetico e tecnologico insieme, che fa proprie le istanze poveriste e le innova, attraverso una ricerca mai finita.  

Arcangelo Sassolino, No memory without loss, 2025. Courtesy the artist and Galleria Continua. Photo Arcangelo Sassolino Studio
Arcangelo Sassolino, No memory without loss, 2025. Courtesy the artist and Galleria Continua. Photo Arcangelo Sassolino Studio

Le novità di Arcangelo Sassolino per il 2025 

Siamo stati nel suo grande studio a Trissino, in provincia di Vicenza, all’interno di un’ex filanda. Un luogo che Sassolino sta trasformando non solo nel suo ambiente di lavoro, ma anche in un centro di ricerca, con l’aiuto dei suoi collaboratori: RARE – Research Art Regeneration and Ecology (sviluppato da Jacopo Ferma, Cristiano Focacci Menchini e David Melis) si configura come un progetto di residenze d’artista e di ricerca dedicato all’ecologia e alla sostenibilità, e aprirà le sue porte il 16 maggio con la prima mostra, Seta. Nel frattempo, la Filanda è il luogo in cui presse idrauliche schiacciano tronchi monumentali, morse strettissime comprimono lastre di vetro, bottiglie e vasi sorreggono massi di granito. A volte anche rompendosi. Dopo un tour dei suoi lavori storici difficile da dimenticare, ci sediamo attorno a un tavolo. Al centro c’è un catalogo ragionato di Rothko. E qui iniziamo a parlare delle sue opere più recenti (gli oli), dei suoi prossimi appuntamenti espositivi (una mostra personale da Galleria Continua a San Gimignano, una in Tasmania, la partecipazione ad Unlimited di Art Basel) e di come tra “creazione” e “collaborazione” ci sia ben più di una semplice rima.

Arcangelo Sassolino, Violenza casuale, 2008–2025, Photo Pamela Randon
Arcangelo Sassolino, Violenza casuale, 2008–2025, Photo Pamela Randon

Intervista ad Arcangelo Sassolino 

Partiamo proprio dalla copertina: il lavoro sugli oli che stai portando avanti recentemente è decisamente peculiare e originale all’interno del tuo corpus, a partire dalla predominanza di un colore estremamente materico.   
Nella mia testa c’era la questione dei colori. Quando entri nel mondo dei colori le possibilità sono infinite, e il nostro amico Rothko qui ne sa qualcosa. Questa serie di lavori è iniziata due anni fa: avevo fatto una mostra qui a Vicenza, dove avevo esposto un disco con olio rosso e ha portato fortuna. Inizialmente ero un po’ scettico nell’esporre nella mia città, ma è andato molto bene.

Alla Biennale d’Arti Islamiche di Gedda in Arabia Saudita hai esposto un disco monumentale (8 metri di diametro), con un olio nero che – dato il contesto – ricorda molto il petrolio. Ci racconti di più? 
Esatto, dopo la mostra a Vicenza è arrivata la delegazione di curatori da Gedda, hanno visto queste sperimentazioni e abbiamo capito che era la strada giusta. Ovviamente c’è il discorso del petrolio – con tutte le sue contraddizioni –, ma anche del rapporto tra bianco e nero nella cultura saudita.  

Come è nata l’idea di lavorare sugli oli?
Questa, come tutte le idee, è nata da un bocciolo. A volte si richiudono, a volte fioriscono. E quando fioriscono è straordinario vedere come una cosa diventi altro, e poi altro ancora, e ti apra possibilità che all’inizio erano oscure e nascoste in chissà quali meandri dell’inconscio. Una cosa che mi affascina degli oli è proprio questo movimento, il modo in cui la materia continui a compenetrarsi e a modificarsi. Per questo motivo sento che è il momento per me di lavorare sui dischi: permettono una grande immaginazione nella sperimentazione sui colori, sulla materia. Ma poi bisogna sempre venire a patti con un principio di realtà.

Quali difficoltà riscontri? 
Quando inizi ad addentrarti in una selva di materiali nuovi, o di nuovi approcci alla scultura, il processo è fatto di errori e tentativi falliti. Ho sempre bisogno di portare al limite le cose, senza mai risolverle. La risoluzione è la chiusura ad un futuro di altre possibilità. Una difficoltà è proprio quella di porre un freno – anche momentaneo – alla ricerca, per rispettare le scadenze e le esigenze di esposizione. 

C’è una soluzione? 
Non lo so, ma ho notato che è importante per me, e prima in un certo senso era anche un freno mentale, diventare il più scientifici possibili, e quindi collaborare, avvalersi di utenze esterne. Da soli non si fa niente. 

Ad esempio? 
Per il progetto dei dischi sto lavorando con tre ingegneri chimici, con cui abbiamo realizzato oli ad hoc, che hanno il giusto grado di viscosità per rispondere in un determinato modo all’equilibrio di forze (centrifuga e gravitazionale) che la rotazione e la posizione verticale del disco comportano. E poi tante questioni di fisica dei fluidi con cui non voglio tediarti. 

Arcangelo Sassolino, No memory without loss, 2025. Courtesy the artist and Galleria Continua. Photo Arcangelo Sassolino Studio
Arcangelo Sassolino, No memory without loss, 2025. Courtesy the artist and Galleria Continua. Photo Arcangelo Sassolino Studio

La pratica collaborativa di Arcangelo Sassolino 

Il tuo approccio collaborativo alla tua pratica artistica è molto in linea con questo numero di Artribune, dedicato alle “Intelligenze Altre”. Raccontaci di più. 
Una cosa molto importante per me è riuscire a circondarmi di intelligenze e competenze diverse, di persone che anche di fronte all’impossibile non si fermano. Senza il lavoro di ingegneri, tecnici e aziende non sarei mai riuscito a fare quello che sto facendo.  
Ci sono delle tecniche che appaiono nella storia dell’arte che per uno, due o tre secoli sono il non plus ultra. Cose che splendono e poi affondano nella storia, e diventano eterne. La tecnologia, l’arte, la scienza, vanno sempre di pari passo, e la migliore tecnologia in questo momento storico sono le aziende. Perché hanno un know-how specializzatissimo che prosegue da decenni. Ignorare questo tipo di conoscenza significa essere ciechi, almeno per chi fa un lavoro come il mio. 

E quello tra azienda e artista è un rapporto proficuo da entrambi i lati. 
A Vicenza c’è un grande imprenditore – Lino Dainese – che porta avanti una ricerca straordinaria su tanti settori della tecnologia, e insiste nel portare l’arte dentro l’azienda e viceversa. Dice sempre che tanto l’arte quanto l’azienda si basano sulla ricerca, e una contaminazione non può che essere valorizzante per entrambe. RARE, il centro di ricerca che stiamo costruendo qui, vive della collaborazione con le imprese. 

Arcangelo Sassolino, Diplomazija astuta, 2022, Installation view, La Biennale di Venezia, Photo Agostino Osio
Arcangelo Sassolino, Diplomazija astuta, 2022, Installation view, La Biennale di Venezia, Photo Agostino Osio

Le prossime mostre di Arcangelo Sassolino 

Hai in cantiere una mostra personale in Tasmania e so che porterai la grande installazione che avevi presentato al Padiglione Malta della Biennale di Venezia del 2022, dove gocce di acciaio fuso cadevano dal soffitto in vasche d’acqua poste sul pavimento. 
Ti racconto un aneddoto in proposito: con l’ingegnere e lo staff tecnico della Biennale di Venezia, una volta che aveva capito che eravamo seri, siamo diventati anche amici. Al che dissi loro: “Sentite ragazzi, a fine Biennale dovete lasciarmi provare il lavoro nella versione che avevo immaginato inizialmente”. Quindi abbiamo tolto le vasche dell’acqua e per mezz’ora abbiamo fatto colare le gocce di acciaio fuso direttamente sul pavimento. Immagina una pioggia di metallo incandescente che ogni volta che tocca terra esplode fragorosamente in uno spettacolo di scintille… 

E non te l’hanno fatto fare perché sarebbe stato un tentato omicidio al pubblico o…? 
Forse, ma anche perché il progetto era partito in un altro modo e poi sarebbe stato necessario uno spazio molto più grande rispetto a quello che il padiglione poteva offrire. Per la versione che porteremo in Australia probabilmente riusciremo a realizzare una installazione più vicina a quello che ti dicevo. 

Puoi dirci di più sulla tua prossima mostra australiana? 
Oltre a questa nuova versione del lavoro che abbiamo portato in Biennale, ci saranno gli oli, e poi alcuni “classiconi” del mio lavoro, legni australiani che vengono divelti, eccetera. La mostra sarà inaugurata il 6 giugno al MONA – Museum of Old and New Art di Berriedale, in Tasmania. Verrai? 

Magari… Insomma, una mostra personale a San Gimignano attualmente in corso, una in Tasmania di prossima apertura, la partecipazione ad Art Unlimited e altri progetti che ancora non si possono dire. Mi pare di capire che sia un anno piuttosto impegnato. 
Sì è una di quelle fasi in cui si raccoglie molto di quanto seminato in lunghi periodi di studio, di ricerca, di lavoro. Per quanto emozionante però, ogni tanto mi piace anche avere momenti più rilassati, che poi sono quelli in cui la creatività esplode… 

Una voce dietro di noi ci interrompe: “Arcangelo… posso disturbarti un secondo?”.  
Ci giriamo, è uno dei collaboratori di Sassolino: “Dimmi pure Marco”, risponde lui.  
“Senti, siccome sto facendo delle prove con il sasso e la bottiglia, ma abbiamo avuto dei ‘cadaveri’, volevo chiederti se procedere ancora”.  
“Mettiamo un’altra bottiglia!” 

…la bottiglia ha ceduto. 

Alberto Villa 

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Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, è critico e curatore indipendente. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta il corso di…

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