Gibellina Capitale, verso il 2026. Parola a Francesca Corrao per la Fondazione Orestiadi
Residenze d’artista, mostre, spettacoli teatrali, laboratori. Gibellina è già al lavoro per celebrare il suo 2026, come prima Capitale italiana dell’Arte contemporanea. Dopo l’intervista a Calogero Pumilia, dimessosi dalla presidenza della Fondazione Orestiadi, ascoltiamo la neo Presidente

È la figlia maggiore di Ludovico Corrao, senatore, avvocato, mecenate, visionario, più volte sindaco di Gibellina tra il 1969 e il 1994. E di Gibellina, Francesca Corrao, da giovanissima ha visto la caduta, le macerie del Belìce, poi l’impegno di Danilo Dolci, Leonardo Sciascia, Renato Guttuso, Carlo Levi. E così la lenta ripartenza, fra arte, cultura e resistenza civile, in una Sicilia piegata dall’inefficienza politica, dal clientelismo, dalla peste della criminalità organizzata. Nata a Palermo, conobbe da vicino quel territorio colpito nel ‘69 dalla sciagura del sisma, luoghi che suo padre volle trasformare in simboli di bellezza, nel nome di una battaglia politico-culturale intitolata all’internazionalità, all’utopia, al senso di comunità, alla sperimentazione. Lì vide la luce l’immacolata distesa del Grande Cretto, sigillo e sudario di rovine per sempre sottratte alla vista, e lì nacque Gibellina Nuova, progetto urbanistico controverso ed ambizioso, figlio di una visione radicale e differente.
Cresciuta frequentando artisti del calibro di Isgrò, Pomodoro, Schifano, Scialoja, Burri, Consagra, che del Senatore erano amici oltre che compagni di avventure, Francesca Corrao è oggi una fine arabista, professoressa ordinaria alla LUISS di Roma. Laureatasi all’Università La Sapienza, con un Dottorato in Filologia e studi storici del Mondo arabo, ottenne un Master in Studi Arabi presso l’American University del Cairo. Questo il suo universo, fatto di collaborazioni con atenei italiani e stranieri, di pubblicazioni, conferenze e studi sul Mediterraneo, sull’Islam, sulla poesia araba e il teatro orientale, sugli aspetti culturali e sociali del Medio Oriente.







Francesca Corrao e la presidenza della Fondazione Orestiadi
A lei è passata, pochi mesi fa, la Presidenza della Fondazione Orestiadi, ruolo già ricoperto tra il 2011 e il 2013. Eredità del senatore Corrao, con l’omonimo Festival, la Fondazione si è scontrata via via con importanti difficoltà economiche e di gestione. All’ultimo decennio di rilancio e di ritrovata prosperità ha certo contributo fortemente Calogero Pumilia, politico di lungo corso e uomo sensibile all’impegno culturale per il territorio: eletto presidente dal 2015, ha comunicato le sue dimissioni a gennaio 2025. Pumilia ci ha raccontato le sue ragioni. Oggi Francesca Corrao risponde, sfilandosi dalle polemiche per dare priorità ad altro: il futuro di Gibellina e l’impegno per una centralità culturale ulteriormente rafforzata.
Il 2026 sarà un anno strategico. Gibellina è la prima “Capitale dell’Arte Contemporanea” incoronata dal Ministero dei Beni Culturali sulla scorta del progetto Portami il futuro, scritto da Roberto Albergoni con la sua Fondazione MeNo. Un titolo che si somma a quello di “Capitale italiana della cultura”, assegnato per il 2025 ad Agrigento (anche qui su progetto di Albergoni), con esiti fin qui deludenti, meccanismi inceppati e ritardi clamorosi. A Gibellina però la storia sembra essere diversa: i fondi sono regionali, oltre che ministeriali, ma l’ingerenza della politica non si avverte, i lavori in corso procedono, la macchina è rodata e la speranza è che il 2026 possa rappresentare un reale momento di aggregazione, di ricerca e di produzione culturale.

Quando Ludovico Corrao morì, il grande artista e poeta Emilio Isgrò – che sulle macerie di Gibellina aveva messo in scena negli anni Ottanta la sua trilogia di Eschilo – scrisse una commossa orazione funebre (I funerali di Corrao, Aragno Editore, 2013). Il poemetto si chiudeva così: “E del resto lo sai amico buono, / mia titubanza storica, mia carità infinita. / Non t’ha ucciso Sayfùl, non t’ha ammazzato l’aria. / T’ha ucciso la Sicilia per conto dell’Italia”.
Lo slancio civico di Isgrò, la sua vibrante scrittura lirica, erano qui attestato d’amore e denuncia sferzante, nella rabbia di chi conosceva e conosce, dell’isola, tutta l’ingratitudine, i fallimenti, l’indifferenza, l’irredimibile colpa. Eppure non smisero, certuni, di costruire e di produrre visioni, di imbarcarsi in sfide altissime, senza certezze e senza paracadute. Nel ricordo di quell’incoscienza virtuosa, ove fiorirono miracoli, errori e ancora nuove intuizioni, il progetto odierno per Gibellina trova un senso speciale. Portando il futuro fin dentro la storia, e viceversa.

L’intervista a Francesca Corrao
Partiamo dalla nota polemica. L’Onorevole Pumilia ci ha parlato con amarezza di una rottura con il Cda della Fondazione, preludio delle sue dimissioni: cosa è accaduto?
Come già dichiarato, in seno al Cda non sono sorti dissapori tanto importanti da giustificare le dimissioni, che ci hanno sorpreso anche per le esternazioni che abbiamo poi letto sui giornali e che ancora non comprendiamo.
Pumilia ci ha detto che il rischio oggi è di ritrovarsi una “Capitale belicina del contemporaneo”. Come gli risponde?
L’attenzione alle altre culture fa parte del mio curriculum: per anni ho vissuto e studiato presso istituzioni straniere come l’American University in Cairo, ho anche insegnato e sono stata Visiting professor in vari Atenei tra cui Harvard. Durante il mio primo incarico alla Fondazione Orestiadi (2011-2013) ho organizzato, tra le altre, la mostra “L’Islam in Sicilia” e “Le Trame Mediterranee”. Per la Fondazione ho pubblicato le poesie e i saggi dei convegni da me organizzati dal 1987 con poeti tra cui Valerio Magrelli, il siriano Adonis, e l’indiano Battacharia. Ho invitato artisti noti come l’algerino Rashid Kouraishi e l’egiziano ‘Adel al-Siwi. A marzo abbiamo accolto in residenza la francese Hèlén Berenger e a maggio si inaugura la mostra della svizzera Rita Ernst.
Perché si è scelto di interrompere le attività presso le Fabbriche Chiaramontane di Agrigento? Davvero l’investimento era eccessivo, a fronte dei cospicui finanziamenti ricevuti dalla Regione per la Fondazione e di quello mirato, concordato con il Parco della Valle dei Templi?
Secondo le previsioni dell’ex presidente Pumilia avremmo dovuto ricevere dei contributi che in gran parte non sono arrivati, ottenendo l’inserimento del progetto “Fabbriche Chiaramontane della Fondazione Orestiadi” nelle attività di Agrigento Capitale, prospettiva che non si è più consolidata. La sede ha invece maturato solo costi. Peraltro il contributo della Fondazione Orestiadi concesso dall’attuale finanziaria regionale prevede che lo stesso debba essere vincolato ad attività da svolgersi unicamente nel comprensorio di Gibellina e realizzate attraverso il Comune di Gibellina. Pertanto non vi sono in atto risorse da destinare al progetto su Agrigento. Dovendo tutelare l’equilibrio economico-finanziario della Fondazione abbiamo ritenuto non vi fossero più i presupposti per proseguire.

Memorie e nuove sfide per Gibellina e le Orestiadi
Come sarà la Fondazione Orestiadi della presidenza Corrao? Valori, obiettivi, governance.
I valori che promuoviamo sono quelli del dialogo tra le arti e le culture, a partire dal Mediterraneo, per estenderli al resto del mondo. Mentre continua l’attività artistica –ricordo la 44° edizione del Festival delle Orestiadi, dal 27 giugno al 2 agosto – stiamo rilanciando l’alta formazione. Abbiamo ripreso le collaborazioni con le Università e le Accademie, pubbliche e private. Quindi più seminari e laboratori rivolti a un pubblico internazionale, favorendo scambi utili ai giovani per affinare la loro formazione con gli artisti. Punteremo sulle residenze artistiche, che sono un ottimo strumento per attrarre cultura e creare sviluppo.
Rispetto alla gestione, stiamo lavorando per un rafforzamento e un efficientamento in termini anche di accessi e risorse: da aprile il Museo delle Trame Mediterranee è aperto finalmente in orario continuato. Il che ha significato, numeri alla mano, un incremento degli ingressi (più che raddoppiati), con un impatto positivo anche sugli incassi, che ricompensa ampiamente l’investimento sul personale aggiuntivo. E così, anche sul fronte del Festival, stiamo intervenendo per aumentare l’impatto economico diretto. Infine, un sogno nel cassetto: fare emergere nel territorio più capacità manageriali nel settore del turismo culturale e della comunicazione della cultura.
Gibellina, con la storia di suo padre, parla di un’idea del contemporaneo che poggia sulla relazione tra artisti, opere e territorio, nel segno della rinascita. Cos’è per lei questo luogo e cosa significa investire in Sicilia?
La rinascita avviata da Corrao ha dato ai giovani l’opportunità di incontrare artisti italiani e stranieri a Gibellina. Gli artigiani hanno lavorato con Accardi, Consagra, Pomodoro; i ragazzi delle scuole e la cittadinanza hanno ascoltato le poesie di Isgrò, Scialoja e Adonis. Nel crescere con gli artisti si è data a molti giovani di allora – tra cui il personale, i collaboratori e gli amici – la possibilità di assumersi responsabilità a vario livello, realizzando opere o gestendo eventi.
Oggi, con le residenze, le iniziative mirate per le scuole e le biblioteche, le collaborazioni con musei nazionali e internazionali, con Gibellina Photoroad, biennale internazionale di fotografia site-specific, e con le proposte del Ministero e delle sovrintendenze, vogliamo coinvolgere sempre di più un pubblico giovane per avvicinarlo alle bellezze dell’arte e dell’ambiente. Puntiamo a “portarlo nel futuro”.

Gibellina ha vinto il titolo di Capitale italiana dell’arte contemporanea con il progetto della fondazione MeNo: spieghiamo come funzionerà la macchina nella fase esecutiva.
Premetto che l’organizzazione spetta al Comune di Gibellina, titolare del progetto, che opera – come sempre fatto – in stretta e funzionale sinergia con la Fondazione Orestiadi, in qualità di partner. Il team che ha redatto il progetto vincitore è al lavoro. Molte attività saranno realizzate nella valle del Belice e nella provincia di Trapani, per coinvolgere il territorio e fare crescere altre realtà locali, con l’obiettivo di lasciare competenze utili a consolidare lo sviluppo del turismo culturale.
È un modello diverso rispetto ad Agrigento, per cui si sono costituite una fondazione ad hoc e una cabina di regia regionale. Sarà più efficiente, più funzionale? Che clima si respira?
Certo si tratta di un progetto che ha altre opportunità e problematiche, perché la realtà è diversa: Gibellina ha 5mila opere e circa 4.500 abitanti, senza avere i visitatori del Parco agrigentino, e un turismo ancora da lanciare. Ma a Gibellina esiste una Fondazione di pregio con un’esperienza consolidata nella gestione dell’arte contemporanea, e la cooperazione tra Comune e Fondazione è rodata da tempo. Il clima tra i promotori è di grande entusiasmo, siamo in un certo qual modo tutti “figli” di Corrao e con questo impegno ci sentiamo investiti dalla responsabilità di portare avanti il sogno mediterraneo, di cui questo importante riconoscimento è un po’ il sigillo.
Cosa secondo lei non ha funzionato ad Agrigento?
Vorrei vedere il lato positivo, piuttosto. Direi che finalmente Agrigento ha ingranato la marcia, entrando nel pieno dell’attività. Confido in ciò che è meno noto, ma c’è: intelligenza, creatività e voglia di lavorare insieme per il bene di tutti. Sembrerò idealista, ma mio padre ha dimostrato che ci sono uomini e donne di buona volontà capaci di realizzare grandi cose, come è accaduto a lui e chi lo ha accompagnato in quell’arduo percorso 50 anni fa. Ora è più fattibile, perché, come dimostra il conferimento del titolo, c’è molta più attenzione al contemporaneo. E poi a guida del progetto di Agrigento è stata chiamata una Prefetta e a Gibellina il board è a maggioranza femminile. Credo nella pragmaticità risolutiva delle donne e nel giusto clima di cooperazione che si è instaurato anche con l’amministrazione comunale e regionale.
Come ha interpretato il passo indietro di Albergoni a Gibellina, dopo Agrigento? Se lo aspettava? Per la fondazione MeNo resta comunque Andrea Cusumano, nel ruolo di direttore artistico. Si pensa a una nuova figura di coordinamento generale?
Non ne sapevo nulla. So che il Sindaco – a cui compete – si è già mosso a livello amministrativo e che sta valutando i curricula.

Gibellina Capitale 2026. Lavori in corso
Intanto come procedono i preparativi per il 2026? Parliamo delle attività avviate nel 2025.
Abbiamo già avviato le residenze degli artisti, in vista delle mostre: ad aprile Nunzio Di Stefano, a maggio Renata Boero e a giugno Francesco De Grandi, poi Anna Lorenzetti. Emilio Isgrò, a cui sarà conferita la cittadinanza onoraria di Gibellina a fine giugno, sta preparando una sorpresa. A luglio il teatro del Festival delle Orestiadi, in autunno la mostra Progetto mediterraneo a Tunisi e due mostre di presentazione della Capitale del contemporaneo a Milano e a Palermo.
Cosa vedremo l’anno prossimo?
L’idea del progetto è “Portami il futuro”, quindi quale migliore occasione per realizzare assieme agli artisti un lavoro di rilancio? L’arte aggiunge un tocco di poesia e di coraggio alla visione della realtà. Per il 2026 sono previste le mostre frutto delle residenze artistiche realizzate quest’anno, non solo a Gibellina ma in tutto il territorio del Belice e della provincia di Trapani. Le attività già avviate con le scuole locali saranno estese ad altri Istituti della Provincia. Tra i progetti alcuni mirano a sensibilizzare i più giovani sulla bellezza della natura e sul rispetto dell’ambiente, lavorando insieme al Gran Paradis International Film Festival. Poi ricordo i percorsi di lettura delle Biblioteche e il Festival di Giufà nel Belìce, da cui è nata la collaborazione con il Festival nazionale Illustramente, che promuove il premio Giufà viene dal mare, dedicato al disegno e alla narrativa aneddotica per giovani. Stiamo anche pensando di realizzare eventi di poesia, per riavvicinare questa antica arte alle nuove generazioni.
È chiaro che il tema le stia molto a cuore. Ci dica meglio, dunque: quanto e come state lavorando sulla partecipazione, sull’inclusione di persone, associazioni, realtà locali?
Qui il concetto di residenza si coniuga anche con il momento di laboratorio rivolto agli studenti. Ma se Scialoja e Schifano lavoravano con i ragazzi negli anni ’80, oggi i laboratori mirano a coinvolgere anche la cittadinanza. Riguarderanno la pittura con Francesco Impellizzeri, le performance di danza con Virgilio Sieni, la “camminata” della “Squola” di Lorenzo Romito con gli Stalker, poi le edizioni straordinarie del Festival di teatro delle Orestiadi e di Gibellina Photoroad.

In questa avventura entusiasmante, certamente complessa, tra i molti ricordi di suo padre cosa ritorna in lei più spesso?
Sì, entusiasmante e piena di sfide che mi portano, nei momenti più duri, a ricordare l’esempio di mio padre: per lui non esistevano le “ferie”, lavorava sempre, e nei momenti più bui rilanciava con nuove iniziative per dare a sé stesso e agli altri la speranza: si deve continuare a sognare e perseverare nel battersi per realizzare i propri obiettivi. Così questi ricordi mi servirono nel mio primo mandato, quando ho tirato fuori il coraggio per chiedere alla sovrintendenza l’autorizzazione a vendere tre delle nostre opere per pagare gli stipendi; anche lui, quando – gravemente malato – si era trovato in difficoltà, dismise il tavolo da pranzo di casa. E come lui mi batto ogni giorno per la Fondazione e per Gibellina, perché sento di avere un debito di gratitudine, come tanti, verso quest’isola bellissima che mi ha dato tanto.
In sintesi, generosità, dedizione totale e volontà inscalfibile.
Mio padre era ironico, non serbava rancori, amava lavorare ai grandi progetti con gli artisti per poi coinvolgere con entusiasmo i giovani nei suoi sogni. Negli anni ha incoraggiato tante persone in diversi campi, dal giornalismo all’editoria, dall’artigianato alla produzione del vino. I frutti sono tangibili, il suo editore sta per ripubblicare una nuova edizione de Il sogno mediterraneo e il giovane produttore di allora è oggi un mecenate erede della visione di mio padre a Gibellina. Oggi intorno ai progetti della Fondazione sento tanta stima, riconoscenza e attenzione dalla politica tutta, quell’attenzione positiva che si ha per le cose che creano crescita e sviluppo, fatte con dedizione e scrupolosità, sempre nell’interesse collettivo. Questo dà alla Fondazione un grande entusiasmo e la forza per ignorare – come avrebbe fatto mio padre – qualche personale risentimento.
Seminare e costruire il futuro
“Portami il futuro” si chiama il progetto per Gibellina Capitale. Il dialetto siciliano non coniuga questo tempo verbale. E il senso del futuro in Sicilia è stato sacrificato di continuo da contingenze storiche e sociali. Le viene in mente un’opera in particolare che per lei è metafora di questo concetto?
Me ne vengono in mente almeno quattro: un dono per il futuro è la memoria del passato con l’opera realizzata da Isgrò per la messa in scena di Gibella del Martirio, un lungo tavolo arrugginito con lampade a olio e quaderni con i ricordi dei bambini di allora. La Stella di Consagra, come indicazione perenne di rinascita per il territorio del Belice. Il Cretto di Burri, come memoriale di tutte le vittime delle calamità naturali e militari: è il ricordo che trionfa, con la bellezza della vita che continua. La quarta è la Montagna di Sale di Mimmo Paladino, emblematica dello sforzo infinito che compie nella vita chi ambisce ad alte vette.
Un’ultima domanda. I grandi eventi una tantum si esauriscono – nel migliore dei casi – come splendidi spettacoli pirotecnici. Spesso non resta niente in termini di eredità strutturale, concreta. Cosa si augura in tal senso per Gibellina Capitale?
Come ho già detto lavoriamo per i giovani e il territorio, e l’arte è potente nello stimolare l’empowerment. Qui voglio riportare il risultato di una mia recente ricerca accademica. A Boston, nel 1893, arrivava il grande poeta Jubran Khalil Jubran, era un bambino ma imparò nelle scuole create dalle istituzioni pubbliche in collaborazione con le associazioni gestite dagli allievi del filosofo Ralph W. Emerson. Scoprì l’arte ammirando i pregiati decori artistici della prima Public Library; e poi la sua formazione fu seguita da artisti che lo aiutarono a sviluppare il suo talento. Divenne noto al mondo per la sua opera Il profeta, ma a renderlo celebre contribuirono i suoi lettori e tra questi tutti coloro che come lui ebbero dalla scuola, dalla biblioteca, dai musei e dagli artisti l’opportunità di imparare ad apprezzare l’arte, la poesia, la musica. Da un caro amico di mio padre, il filosofo educatore Daiskau Ikeda, ho imparato che per educare i talenti ci vuole la creatività dell’arte e che per costruire la pace serve conoscere i valori e le culture degli altri popoli.
Helga Marsala
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