Le opere su carta di Helen Frankenthaler in mostra da Gagosian a Roma
Continua il lavoro di riscoperta su Helen Frankenthaler. Parallelamente alla grande retrospettiva di Palazzo Strozzi, la galleria romana presenta una mostra che documenta il periodo caratterizzato da opere su carta della pittrice americana
“Credo che dipingere su carta sia molto più difficile. Continuo a credere nell’imperativo della bellezza e nel lavorare senza regole”. Sono parole dell’artista Helen Frankenthaler (New York, 1928- Darlen, 2011), entrata negli ultimi anni nel gotha delle americane protagoniste dell’arte internazionale come Louise Bourgeois, Georgia O’ Keeffe e Joan Mitchell. Così, dopo alcune mostre rilevanti come Pittura/Panorama al palazzo Grimani nel 2019 e Dipingere senza regole – la retrospettiva a Palazzo Strozzi aperta fino al prossimo 26 gennaio – la Gagosian Gallery dedica a Helen una preziosa mostra che approfondisce il suo lavoro su carta.
La mostra da Gagosian di Helen Frankenthaler
Helen Frankenthaler: Painting on Paper 1990-2002 riunisce nel luminoso spazio ovale della galleria romana 18 opere su carta – per la maggior parte dipinte ad acrilico – realizzate nell’arco di dodici anni, quando l’artista smette gradualmente di dipingere le tele disposte sul pavimento del suo studio a Stamford nel Connecticut per sostituirle con grandi fogli di carta appoggiati sui tavoli, utilizzando sempre la tecnica del “soak-stain “ (imbibizione a macchia) grazie alla quale applicava sul supporto vernici diluite, creando effetti simili all’acquarello.
Le opere su carta di Helen Frankenthaler
Così, dopo essersi accostata alla tecnica dell’incisione durante gli anni del suo insegnamento a Santa Fe, nel New Mexico (1990-1991) Frankenthaler si ispira ai paesaggi desertici e sabbiosi, per dare vita ad opere come New Mexico (1995) o Santa Fe III (1990). Se le prime opere sono debitrici di un’idea di scomposizione del paesaggio nelle sue cromie fondamentali, già in un lavoro come End of Summer(1995) le suggestioni appaiono più complesse e stratificate, legate ad ispirazioni provenienti dalla storia dell’arte, come sottolinea Isabelle Dervaux nel catalogo che accompagna la mostra.
I quadri di Monet a Giverny
In quest’opera, realizzata su un grande foglio di carta fatta a mano dalla superficie porosa, Helen si ispira ai dipinti eseguiti da Claude Monet a Giverny. “Guardo Rembrandt, Matisse, gli ultimi quadri di Monet col ponte di Giverny …” racconta l’artista in un’intervista con Julia Brown del 1998. Più mossa e drammatica l’opera White Owl (2002), attraversata da un’energia sotterranea, differente da Contentment Island, eseguita nello stesso anno e ispirata al quartiere dove l’artista si trasferisce nel 1997, affacciato sul Long Island Sound, dove “in alcuni giorni la linea dell’orizzonte sparisce completamente, il cielo sembra cadere nell’acqua”, spiega l’artista.
Frankenthaler: i riferimenti a Tanguy
Inoltre, le tinte acquatiche provengono da una riflessione derivata dalla visita alla mostra dedicata a James McNeill Whistler all’Art Institute di Chicago nel 1998, che ritroviamo anche in Port of Call(2002), dove la Dervaux suggerisce anche possibili riferimenti ai paesaggi surrealisti di Yves Tanguy. “La dimensione e il gioco tra spazio e luce sono, in linea di massima, gli argomenti della mia pittura”, diceva Frankenthaler. Grazie a mostre come questa possiamo scoprire che in realtà il suo pensiero era molto più articolato di quanto possa sembrare ad un primo sguardo.
Ludovico Pratesi
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