Siena: piante di vite per l’installazione di Paolo W. Tamburella a Palazzo Chigi Zondadari

Torna il progetto che trasforma la corte e i saloni settecenteschi di Palazzo Chigi Zondadari in uno spazio espositivo dedicato a lavori site -specific realizzati da artisti italiani e internazionali 

La Casa Museo Palazzo Chigi Zondadari apre nuovamente le sue porte al pubblico per la seconda edizione di Cortemporanea, il progetto ideato da Flavio Misciattelli che anima la corte interna del palazzo settecentesco con installazioni realizzate da artisti di calibro internazionale. Dopo aver ospitato Pietro Ruffo, quest’anno è la volta di Paolo William Tamburella con la sua Àitason (parola etrusca che descrive la coltivazione della vite sugli alberi, conosciuta come “vite maritata”), un tripudio di rami che si arrampica e avvolge finestre, balconi e opere della collezione in un simbolico abbraccio, a cura di Valentina Bruschi. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.

PAOLO WILLIAM TAMBURELLA PER CORTEMPORANEA 2023. L’INTERVISTA

Quali sono state le suggestioni degli spazi settecenteschi di Palazzo Chigi Zondadari? Quali elementi hanno ispirato la realizzazione di Àitason
In realtà l’idea non è nata visitando il palazzo, ma è nata a Saint – Victoire in Provenza, in Francia. Qui mi sono imbattuto in un campo dove erano state tolte delle vecchie viti per far spazio ad altre nuove. Difronte a questo scenario, ho immaginato le finestre che affacciano su Piazza del Campo dalle quali fuoriuscissero grovigli di rami, come se le viti fossero cresciute all’interno e avessero abitato – da sempre- lo storico immobile. Parlando in seguito con Flavio, abbiamo concretizzato l’idea e di conseguenza il progetto.

Il movimento è una costante che unisce tutta la tua ricerca. Cosa pensi di questo tratto peculiare e come pensi che sia cambiato nel corso della tua carriera?
Dai primi anni ad oggi, posso dire che ho sempre creato delle immagini che fossero dinamiche, anche mettendo insieme più elementi. Un altro aspetto che si lega al discorso del movimento è che queste opere sono sempre nate attraverso il movimento vero e proprio, ovvero durante il viaggio. Ma questo fa parte della mia natura.

Àitason, a cura di Valentina Bruschi, CORTEMPORANEA, Palazzo Chigi Zondadari - Siena

Àitason, a cura di Valentina Bruschi, CORTEMPORANEA, Palazzo Chigi Zondadari – Siena

Per la realizzazione dei tuoi progetti, la relazione con la comunità locale assume sempre un ruolo incisivo. In questa particolare occasione, che apporto ha dato ad Àitason
Questo lavoro è un pochino diverso di quelli che ho fatto viaggiando in altri contesti, perché quelli hanno poi innescato delle situazioni per cui c’era stato un coinvolgimento degli artigiani locali e della comunità. In questo caso, si parla di un lavoro di vera e propria installazione, di “assemblaggio di elementi”, più che di creazione di qualcosa. A differenza del grande vaso in mostra che ho realizzato assieme a Manetti, che vede l’integrazione di una tradizione artigiana straordinaria.

Come nasce l’idea del vaso all’interno del progetto?
All’interno del Palazzo ho trovato un vaso che ha confermato la mia intuizione originaria, perché era di origine etrusca ed è parte della collezione. La decorazione del contenitore rappresentava proprio una serie di viti che uscivano fuori e abbracciavano tutto l’esterno. Da lì è partito poi il legame con gli etruschi, apprendendo la storia della “vite maritata” – racchiusa nella parola Àitason – ovvero la vite che si sposa con gli alberi per crescere. Un concetto che diverge dalla concezione della viticoltura, per come la conosciamo oggi. Quindi, ho immaginato di fare questo matrimonio con il palazzo.

Àitason, a cura di Valentina Bruschi, CORTEMPORANEA, Palazzo Chigi Zondadari - Siena

Àitason, a cura di Valentina Bruschi, CORTEMPORANEA, Palazzo Chigi Zondadari – Siena

La metafora che si cela dietro questo matrimonio?
Diciamo che tutto parte da questo vaso (posto all’ingresso del Palazzo) da cui parte questa vite che, poderosamente, viaggia all’interno dello spazio e dialoga con quello che incontra, dagli elementi architettonici a scultorei. Comunque, c’è da dire che la pianta in sé possiede una forza visiva non indifferente e che, sposandosi con l’ambiente, si amplifica.

In Àitason la vite riveste il Palazzo, ma è anche rivestita, come si evince dalle sculture dorate in mostra. Qual è il significato che si cela dietro questo dualismo?
Nelle sculture delle viti dorate c’è un chiaro riferimento alla Wunderkammer, anche per la natura del Palazzo. Diciamo che l’opera rappresenta assume anche il valore di protezione rispetto alla natura, così facendo costruisci una “seconda pelle” a queste viti che erano condannate all’oblio e alla distruzione. Creare un’opera che entra a far parte di un’esperienza iconografica e visiva nel momento in cui è fruibile.

Valentina Muzi

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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