Intervista a Leandro Erlich, il fenomeno artistico del momento

Con la sua ultima mostra ha trasformato gli ambienti di Palazzo Reale a Milano, giocando con la percezione del pubblico. Abbiamo chiesto a Leandro Erlich di riflettere sul suo essere artista

Non importa quanto ci si sforzi, l’arte di Leandro Erlich (Buenos Aires, 1973) è impossibile da incasellare. Installation art, scultura, videoarte e pittura: Erlich si muove con estrema agilità tra linguaggi diversi, ma è grazie alle sue maestose installazioni che è diventato uno degli artisti più discussi e apprezzati a livello interazionale. Non canoniche opere d’arte da museo, ma esperienze immersive che, complice l’attiva partecipazione del pubblico, diventano luoghi vivi e reali dove germogliano relazioni, idee e riflessioni sullo spazio, sul mondo e sul ruolo che l’uomo occupa al suo interno.
Enfant prodige dell’arte contemporanea, Erlich espone per la prima volta all’età di diciotto anni al Centro Cultural Recoleta di Buenos Aires e, dopo una laurea in filosofia, partecipa al Core Program (1998), una residenza artistica organizzata dal Museum of Fine Arts di Houston, Texas, dove concepisce due delle sue opere più celebri: Swimming Pool e Living Room. Il resto è storia: nel 2000 la partecipazione alla Whitney Biennial e nel 2001 la consacrazione a livello internazionale durante la 49esima Biennale di Venezia, alla quale prende parte in rappresentanza dell’Argentina. Da allora si sono susseguite mostre personali in Asia e in America, commissioni importanti e premi internazionali, come l’UNESCO Award e il Premio Leonardo, istituito dal Museo Nacional de Bellas Artes di Buenos Aires.
Oltre la soglia al Palazzo Reale di Milano rappresenta l’ultimo traguardo della sua prolifica carriera – o avventura, come lui preferisce definirla – e offre finalmente al pubblico europeo la prima monografica sulla sua multiforme ricerca artistica.

Leandro Erlich, Shikumen (2004), A building facade laid flat under a mirror suspended at a 45-degree angle. Dimensions variable. Fourteen different facades each specific to the city that hosted the temporary installation

Leandro Erlich, Shikumen (2004), A building facade laid flat under a mirror suspended at a 45-degree angle. Dimensions variable. Fourteen different facades each specific to the city that hosted the temporary installation (detail)

INTERVISTA A LEANDRO ERLICH

Oltre la soglia è la tua prima mostra personale in un museo europeo, un altro importantissimo traguardo per te e la tua carriera. Come ti senti a riguardo?
Sono entusiasta di questa mostra a Palazzo Reale che rappresenta una grande opportunità per mostrare una vasta selezione di opere, molte delle quali mai esposte prima in Europa. In un certo senso è stata anche un’esperienza commovente realizzare questa mostra in una città come Milano, così rilevante per la storia dell’arte.

È una mostra unica nel suo genere. Quanto tempo ci è voluto per realizzarla?
Oltre la soglia è un progetto a cui lavoro sin dalla mostra che ho realizzato al Mori Art Museum di Tokyo nel 2017. Ma questa è solo una risposta parziale perché in questa mostra c’è, ad esempio, un lavoro realizzato nel 1993. Quindi, la risposta giusta sarebbe che ci sono voluti trent’anni per prepararla.
Quando Iole Siena di Arthemisia mi ha contattato per realizzare questa mostra europea nel 2019, abbiamo iniziato a fare ricerca e a prendere in considerazione vari luoghi potenziali. Palazzo Reale si è rivelato la sede più adatta e insieme al curatore Francesco Stocchi abbiamo iniziato a immaginare l’allestimento della mostra.

In Oltre la soglia sono esposte diciannove delle tue opere più importanti e famose. Ce n’è qualcuna a cui sei particolarmente legato?
Mi sento legato assolutamente a tutte. La mostra stessa potrebbe essere considerata un’opera. Esattamente come spesso concepisco il corpo del lavoro. Tutto è legato, tutto è essenziale. Tutto è uno.

Leandro Erlich, Changing rooms (2008), Paneling, stools, golden frames, mirrors, curtains, carpet and lights. Dimensions variable

Leandro Erlich, Changing rooms (2008), Paneling, stools, golden frames, mirrors, curtains, carpet and lights. Dimensions variable

Come in tutte le tue mostre precedenti, anche in Oltre la soglia gli spazi museali sono completamente reinventati. Cosa devono aspettarsi i visitatori da questa esperienza artistica immersiva?
Spero che le persone vengano coinvolte nella narrazione che la mostra propone. La realtà non è una questione fissa, l’imbarazzo momentaneo o il cambiamento della nostra percezione sono strumenti che ci permettono di re-imparare a guardare. Scuotendo così l’alienazione prodotta dal nostro permanente bisogno di certezze. È molto commovente vedere il pubblico di Milano entrare in connessione e riflettere sul lavoro al di là dell’eccitazione che le opere a volte producono grazie alla loro natura giocosa e interattiva. Per entrare nella narrazione dell’opera è necessario che la percezione ne scalfisca la superficie. Allo stesso modo, penso che questo accada quando entriamo nel mondo.

Infatti nei tuoi lavori i visitatori hanno la possibilità di diventare i veri protagonisti. Quale tipo di interazione vuoi creare tra il pubblico e le opere d’arte?
Non c’è un obiettivo in particolare. L’arte è una pratica sensibile che richiede interpretazione. Molte cose stanno accadendo all’interno di questa mostra, tra cui alcune che sono fuori dal mio controllo e dalle mie aspettative. Il nostro paradigma sta costruendo un luogo di fantasia in cui l’individuo assume il ruolo di protagonista e penso che il mio lavoro risuoni con questo tipo di percezione. Tuttavia, mettere in discussione la natura di ciò che chiamiamo “realtà” implica anche mettere in discussione il nostro ruolo di pseudo-protagonisti. Solo ponendosi delle domande è possibile un vero potenziamento; il fattore determinante nel tumulto della realtà è la capacità di rimanere critici e consapevoli.
Cosa aspettarsi? L’inaspettato. Interazione con le opere, interazione tra i visitatori. Il senso del mio lavoro pone le sue fondamenta anche nei ricordi e nelle associazioni personali che ogni visitatore fa. Pertanto ci sono molte cose di cui sono consapevole e molte che vanno oltre il mio spettro.

Leandro Erlich, Classroom (2017), Two rooms of identical dimensions, wood, windows, desk, chairs, door, glass, lights, blackboard, school supplies and other classroom decorations, and black boxes. Dimensions variable

Leandro Erlich, Classroom (2017), Two rooms of identical dimensions, wood, windows, desk, chairs, door, glass, lights, blackboard, school supplies and other classroom decorations, and black boxes. Dimensions variable

L’ARTE SECONDO LEANDRO ERLICH

Quali sono le basi della tua ricerca e quali sono state le tue prime influenze e fonti d’ispirazione?
L’arte è sempre stata una ricerca e un’avventura. Ho lasciato la scuola d’arte prima della fine del primo anno. Ho studiato filosofia all’Universidad de Buenos Aires prima di entrare nel Core Program, una borsa di studio per artisti fondata dal Museum of Fine Arts di Houston.
Non ho mai pensato alla mia pratica come a una carriera, ma come a qualcosa di molto personale: una sorta di viaggio che non anticipa mai le prossime mete. Probabilmente le prime e più evidenti influenze sono state all’interno del mio background familiare. Mio padre, mio fratello e mia zia erano architetti. Ho iniziato a concettualizzare lo spazio fin dalla tenera età e in qualche modo ho sviluppato un linguaggio sfruttando lo spazio e gli elementi architettonici per costruire le mie storie.

Da dove nasce la tua fascinazione per lo spazio architettonico e la sua decostruzione?
Penso che tutti abbiamo una forte propensione a costruire un solido senso della realtà, ma non possiamo dimenticare che questa è, alla fine, la realtà umana. L’architettura gioca un ruolo importante nella percezione fisica della realtà. Questo è il motivo per cui mi piace iniziare da questi stessi luoghi o spazi, le tappe ordinarie della vita quotidiana. Inoltre, se la vita è “teatro”, l’architettura è sicuramente il palcoscenico dello spettacolo.

Leandro Erlich, Lost garden (2009), Metal structure, bricklike wall, windows, mirrors, acrylic, column, artificial plants, and lights, 257x356x180 cm

Leandro Erlich, Lost garden (2009), Metal structure, bricklike wall, windows, mirrors, acrylic, column, artificial plants, and lights, 257x356x180 cm

Tanto divertimento, ma anche tanto su cui riflettere. Quanta importanza dai a una o all’altra cosa quando progetti le tue installazioni?
Mi è impossibile discernere queste due cose. Inoltre quello che faccio, come accade a tutti gli artisti, non è solo una questione di design, ma anche un’espressione del mio stesso carattere. Mi considero una persona dotata sia di senso critico che di senso dell’umorismo. Probabilmente tutto questo permea le idee alla base delle mie opere.

Non solo installazioni, ma anche sculture, video e persino pittura. Perché questo approccio multidisciplinare?
Mi piace pensare senza confini. Ogni medium dovrebbe rimanere, appunto, un medium, non un obiettivo. Tutto ciò che mi permette di esprimere al meglio la natura di un’idea o che favorisce l’incontro con il pubblico è lo strumento adatto per realizzare l’opera. Penso che sia questo il motivo della natura multidisciplinare del lavoro.

Agnese Torres

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