Morto a 98 anni l’artista Gianfranco Baruchello, interprete lucido e critico della contemporaneità

L'artista livornese, folgorato dall'incontro con Duchamp, è stato grande protagonista della scena artistica italiana a partire dagli Anni Sessanta, caparbio nel declinare una poetica votata alla sperimentazione. Nel '98 fondò con Carla Subrizi la Fondazione Baruchello

È morto a Roma, all’età di 98 anni, l’artista Gianfranco Baruchello, tra i maestri indiscussi del nostro tempo. Baruchello (Livorno, 1924) si era laureato in Giurisprudenza con una tesi in Economia, aveva persino fondato un’azienda di ricerca e produzione chimico-biologica, ma non era di certo quello il suo destino. La sua sensibilità doveva essere messa al servizio dell’arte a 360 gradi. La sua formazione e maturazione in campo artistico comincia a Parigi dove conosce Roberto Matta, Alain Jouffroy, John Cage, artisti pop ed espressionisti americani. Illuminante sarà l’incontro con Marcel Duchamp, il geniale artista-scacchista che ha valicato il limite tra passato e futuro cambiando il volto, il pensiero, l’approccio del fare artistico. Nell’onda delle sue sperimentazioni si muoverà Baruchello, abbracciando più forme espressive e inserendosi nell’ambito dell’arte extra-mediale (dalla definizione dello storico dell’arte Enrico Crispolti).

GIANFRANCO BARUCHELLO: LA CARRIERA

Nel 1962 inizia la sua parabola ascendente: partecipa infatti alla mostra New Realists organizzata da Pierre Restany alla Sidney Janis Gallery di New York (insieme a Enrico Baj, Tano Festa, Mimmo Rotella e Mario Schifano). Nel 1963 gli viene riservata una personale a La Tartaruga di Roma. Se per lungo tempo i riconoscimenti sono stati minori rispetto ai meriti del prolifico artista, Gianfranco Baruchello ha finalmente avuto puntate le luci dei riflettori. Inizia nel 2011, con l’intervista di Hans Ulrich Obrist, al festival dell’arte Contemporanea di Faenza e con Gianfranco Baruchello. Certe idee a cura di Achille Bonito Oliva presso la Galleria Nazionale d’arte moderna di Roma, una serie di mostre antologiche dedicate alla sua intensa produzione artistica; segue poi nel 2014 Gianfranco Baruchello. Certain Ideas. Retrospektive, a cura di Dirk Luckow, in collaborazione con lo ZKM / Karlsruhe e nel 2018 la retrospettiva Gianfranco Baruchello, a cura di Gianfranco Maraniello presso il Mart di Rovereto.

GIANFRANCO BARUCHELLO: L’OPERA

Happening artistico, coinvolgimento politico, critica alla comunicazione di massa, sperimentazione cinematografica (risale al 1960 il film Molla): era tutto questo e di più. Parlare di medialità associata a Baruchello è difatti un’impresa non da poco, quest’artista è riuscito ad elaborare uno degli stili e delle poetiche più sperimentali del panorama italiano, fondendo insieme, in maniera eclettica e atipica, strumenti e riferimenti multidisciplinari: non solo pittura, installazione, assemblaggio, immagine in movimento, fotografia, sonoro, editoria ma anche economia, antropologia, agricoltura, estetica. Non di meno, è stato vorace esploratore del mondo e dei suoi abitanti, ogni volta abile nel mutare filtro di lettura e lente – geografica, scientifica, filosofica, psicologica. Non a caso, aspetto fondamentale del suo procedere era la tecnica del montaggio che gli ha permesso di avvalersi di materie e simboli anche completamenti dissonanti. 

GIANFRANCO BARUCHELLO: LA VERIFICA INCERTA

Un esempio può essere il mitologico Verifica incerta (Disperse Exclamatory Phase), film realizzato nel 1964 in collaborazione con Alberto Grifi. Recuperando 150.000 metri di pellicola scartata dal cinema hollywoodiano degli anni Cinquanta-Sessanta e unendola insieme con del nastro adesivo, Baruchello crea un prodotto artistico originale, in grado di anticipare le pratiche degli anni Settanta di appropriazione e campionamento. Le sue opere più note hanno in comune un particolare formato di presentazione: ricordando le scatole di Joseph Cornell, Baruchello organizza delle bacheche, degli archivi visivi in cui collimano diversi oggetti sia in forma fisica sia in forma segnica. Alcune opere sono indimenticabili come La grande biblioteca (1976) o Piccolo Sistema, opera entrata a far parte della collezione permanente del MAXXI e che consiste in una sorta di compendio della poetica dell’artista, attraversando i “territori dell’utopia, del sogno, dell’inconscio e dell’immaginazione utilizzando codici cifrati che raccontano di percorsi dell’anima e della mente”. O ancora Il Giardino, un progetto che ha presentato nel 1989 al Festival di Spoleto “Voci sull’acqua”: una performance in cui era intento a curare un piccolo bonsai di Gingko Biloba. Una delle sue ultime fatiche ben suggerisce e racchiude il suo carattere effervescente, la sua sete di conoscenza, la sua ricerca continua di interrogativi: “La Psicoenciclopedia possibile è un lavoro sul sapere considerato come fragile, incerto, in divenire, aperto al dubbio e all’interrogazione. In questa enciclopedia il sapere non si accumula. Rende problematica ogni precedente acquisizione”. 

Carla Subrizi

Carla Subrizi

L’IMPORTANZA DELLA FONDAZIONE BARUCHELLO

Nel 1973 Baruchello fonda l’azienda Agricola Cornelia che sottrae campo d’azione alla speculazione edilizia con pratiche agricole e zootecniche, cura e dona linfa vitale ad un vasto territorio ai confini di Roma, dove non mancano testimonianze archeologiche. Questo progetto muta negli anni: Agricola Cornelia S.p.A. 1973-1981; il Giardino, dal 1985; il Bosco, dal 1990. La Fondazione Baruchello nasce nel 1998 per volontà dell’artista e, fondamentale, della moglie Carla Subrizi, docente di Arte Contemporanea alla Sapienza. Trova sede a Via Cornelia, nel Parco di Veio (1000 mq, con spazi interni distribuiti per 4 piani) mentre più recentemente, nel 2016, apre a Via del Vascello, nel quartiere di Monteverde a Roma, una succursale di 300 mq. Un’impresa culturale dal cuore pulsante, che continuerà la sua missione nonostante la scomparsa del suo nevralgico “attivatore”. Tra le sorprendenti risorse si contano: una biblioteca di circa quarantamila volumi, superfici esterne per circa undici ettari, attrezzature e impianti audio-video, un nucleo di opere di Gianfranco Baruchello che si dipana dal 1951 al 1998, serietà e competenza. Queste le parole di Carla Subrizi che l’ha accompagnato con amore e stima (che si respiravano nell’atmosfera quando si trovavano fianco a fianco) negli ultimi anni della vita: “Con la sua ricerca che ha toccato tutti i media in parallelo, senza sacrificarne alcuno e cercando non all’interno di un linguaggio specifico ma tra i linguaggi cosa si potesse sperimentare, Baruchello è il testimone di un’altra storia”. Nella descrizione della Fondazione si può leggere: “Una ricerca da quaranta anni incentrata sulle relazioni tra arte, cultura e natura (nei modi dell’agricoltura e della zootecnia), economia (l’indagine sul valore d’uso e il valore di scambio nell’arte), archeologia, estetica, storia, viaggio e avventura. Filosofi, critici, poeti (Jean-François Lyotard, Alain Jouffroy, Henry Martin) hanno vissuto negli anni in questi luoghi, formando piccole comunità di intenti e progettazione. La Fondazione ha dunque raccolto questo patrimonio storico e lo ha posto alla base di una progettualità che prosegue molte delle direzioni di ricerca avviate da Baruchello: arte e natura, arte e paesaggio, arte e politica, arte e immaginari”. 

IL RICORDO DI GIANFRANCO BARUCHELLO

Tra i primi a pronunciarsi sulla scomparsa dell’artista, Umberto Croppi: “Quasi centenario, uno dei più grandi artisti italiani del nostro tempo. Non solo è stato un innovatore e un lavoratore instancabile, meticoloso, attento interprete del mondo, ma anche maestro e guida, generoso promotore dell’arte e dei giovano artisti. Persona dalla grande umanità, era impossibile non volergli bene”. Ma sono molte le parole di commiato che omaggiano il ruolo di Baruchello. Come quelle dell’artista romana Luana Perilli, che sottolinea il valore della Fondazione Baruchello: “Estremamente triste mi raggiunge la notizia della scomparsa di Gianfranco Baruchello. La sua attività di intellettuale sempre sensibile e di grande precursore ha accolto per anni pratiche di condivisione che ho avuto la grande fortuna di incrociare. Studenti, artisti affermati, giovani artisti e critici si sono ritrovati a metà degli anni 2000 tra il prato e la grande casa fondazione a Formello. Quelle giornate restano per me un ricordo dolcissimo ma anche fondante di un approccio profondamente indipendente, umano, curioso e militante al fare arte. Vera pratica di libertà del fare e del pensare e del lasciar andare ricerca, produzione, condivisione e curiosità in modo sempre vitale e mai stereotipato o strumentale”. E ancora, il critico d’arte e divulgatore Costantino d’Orazio: “Mente lucida. Ricerca coraggiosa e raffinata. Un artista che non si finirà mai di studiare”.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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