A Padova la mostra sulle origini del Futurismo

121 opere narrano la genesi del Futurismo e i debiti nei confronti del Simbolismo e del Divisionismo. Succede in questa mostra che si concentra su un periodo storico limitato: dal 1910, anno di fondazione del Futurismo, al 1915, anno in cui l’Italia entra in guerra

Nel Manifesto del Futurismo del 1909 i pittori futuristi proclamano la libertà dalla schiavitù del passato e si ribellano “alla supina ammirazione delle vecchie tele e delle vecchie statue”, aprendo le porte a tutto ciò che è giovane, nuovo e appassionante. Dichiarazioni quest’ultime che si rifanno alle tormentate riflessioni scritte da Boccioni nel taccuino di Padova. Ed è proprio a Padova che è stata allestita nella sede di Palazzo Zabarella la mostra Futurismo. La nascita dell’avanguardia 1910-1915, che comprende centoventuno opere e si concentra sulla natura complessa, eterogenea, vasta del Futurismo, focalizzando l’indagine su un periodo molto contenuto: dal 1910, anno di fondazione del movimento, al 1915, che registra l’entrata in guerra dell’Italia.

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913. Otterlo, Kröller Muller

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913. Otterlo, Kröller Muller

L’ESTETICA FUTURISTA

Cosa chiedono gli artisti futuristi della prima generazione ‒ Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini e poi Sironi? Di rompere con gli schemi antiquati, escludere la forma e il colore tradizionali, inadeguati a esprimere il senso immanente dell’energia insita nella natura delle cose, sganciare l’arte figurativa dai vincoli religiosi e mitologici. In che modo? Dipingendo la modernità, l’uomo che cambia se stesso attraverso la luce elettrica, mediante il ricorso all’estremo contrasto cromatico, alla simultaneità per rendere visibile la dinamicità, alla compenetrazione di piani e volumi per annullare la differenza tra l’oggetto e lo spazio. E per farlo si rivolgono al Simbolismo, al Divisionismo, appropriandosi della loro pennellata, al superamento della prospettiva a opera del Cubismo, anche se i futuristi non ne accettano la staticità. Basti pensare alla Testa femminile di Sironi del 1913 presente in mostra, che richiama il Cubismo analitico di Georges Braque, memore della concezione in merito dello stesso Boccioni: “Affermiamo ancora una volta che il ritratto, per essere un’opera d’arte, non può né deve assomigliare al suo modello. Per dipingere una figura non bisogna farla; bisogna farne l’atmosfera”.

LA MOSTRA SUL FUTURISMO A PADOVA

Nella prima sezione della mostra, Le radici simboliche del Futurismo, l’attenzione è rivolta agli artisti che tendevano a realizzare una “pittura di idee”, sganciandosi dalla quotidianità e dal naturalismo. Spicca qui il mito dantesco di Paolo e Francesca di Previati del 1909, la rappresentazione di una umanità in preda alle passioni sia carnali sia sublimi, senza dimenticare la piccola tela di Boccioni, Veneriamo la madre, del 1907-08, di una modernità assoluta pur nella sua “approssimazione”, le cui stesure dinamiche preannunciano le successive creazioni futuriste.
Ne Il divisionismo, tema della seconda sezione, i futuristi vedevano un complementarismo congenito, giudicato necessario e fatale in quanto la loro tecnica è considerata propedeutica alla trascrizione emozionale della realtà. Come ne Il roveto (o Tramonto) di Giuseppe Pellizza da Volpedo del 1900-02, dove la frantumazione della materia pittorica, il formicolio cromatico sono determinanti per le vibrazioni luminose.
Nello Spiritualismo della terza sezione si fa notare Quelli che vanno (Studio grande per Stati d’animo) del 1911 di Boccioni, il più convincente riferimento alla intercettazione dell’esterno, alla cattura della velocità mediante l’apporto di elementi concreti: la forma triangolare della locomotiva in movimento; le case in risalto sullo sfondo; i volti di quelli che vanno ribaditi in rapida e accelerata sequenza.
Il Dinamismo della quarta sezione, espressione programmatica del movimento, investe tutti gli ambiti del Futurismo, come appare nel collage Cavallo e cavaliere di Carrà del 1915, o nelle forme in divenire della bellissima Natura morta di terraglie, posate e frutti di Boccioni.
A seguire, la sezione Vita moderna riflette sulla complessità del reale al di là del percepibile, mentre in Tridimensionalità-Polimaterismo il posto d’onore è riservato alle Forme uniche della continuità nello spazio, il capolavoro assoluto di Boccioni, testimonianza della “simultaneità scultorea”, con le masse muscolari che si espandono dinamicamente grazie a un accorto alternarsi dei pieni e dei vuoti. La sezione Simultaneità evoca il concetto utilizzato facendo coesistere elementi appartenenti sia alla fisicità sia all’interiorità dell’io, mentre le Parolibere, inizialmente pensate per la declamazione, assumono poi forma visiva. La guerra, ingabbiata nell’espressione fraintesa di Marinetti, “sola igiene del mondo”, va invece intesa come metafora della creazione artistica. Nella sezione finale, Ricostruzione futurista dell’universo, Il Futurismo esonda nella moda, nella grafica, nell’editoria, nella progettazione di oggetti e giocattoli.

Fausto Politino

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Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero di Sartre. Abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione…

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