È morto a Roma a 88 anni lo scultore Pasquale Santoro. Il ricordo di Lorenzo Madaro

Tra i fondatori del Gruppo Uno, è stato un artista sperimentatore e pioniere dei nuovi linguaggi della scultura sin dagli anni Cinquanta. Amico di Giuseppe Ungaretti, è stato affiancato da critici come Giulio Carlo Argan e da Giuseppe Appella

Non è forse un caso che il suo studio fosse in via Leon Battista Alberti, a Roma, città che lo aveva accolto giovanissimo negli anni Cinquanta dalla sua Lucania. D’altronde, il suo lavoro sulla forma astratta della scultura è stato intimamente rinascimentale in un senso dilatato: progetto e rapporto con lo spazio circostante erano difatti due costanti. E impressiona sapere che in quello studio da oggi non ci sarà più Pasquale (ma tutti lo conoscevamo come Ninì) Santoro. Con quello sguardo vispo e quel passo veloce da ragazzino che – nonostante le ottantanove primavere (era nato a Ferrandina nel ‘33) – fino a qualche giorno fa si muoveva con scatti felini da una parte all’altra, dal cortile esterno agli ambienti interni di questo densissimo atelier che condivideva con la compagna di una vita, Giovanna Martinelli, bravissima artista e sua complice assoluta da sempre e per sempre. Santoro aveva sempre gli occhi illuminati di gioia, anche quando si commuoveva. Era pervaso da un entusiasmo e questo entusiasmo riguardava sempre un’opera che stava per sbocciare, un’incisione di qualche lustro fa o un piccolo gioiello realizzato in un angolo intimo del laboratorio, dove concepiva sculture in miniatura da indossare.

Pasquale Nini Santoro

Pasquale Nini Santoro

UNGARETTI E GLI ALTRI COMPAGNI DI STRADA DI PASQUALE SANTORO

Non aveva mai perso infatti il fuoco di una passione innata, la stessa che Giuseppe Ungaretti comprese perfettamente dinnanzi al giovanissimo Pasquale, come emerge anche da una intensa foto che li ritrae assieme e che Ninì custodiva in un angolo dello studio. Vitale, quindi, ma anche rigoroso, come le sue sculture, in grado di diventare architetture generatrici di spazi nuovi, a parete o sul terreno, in un museo come in una piazza o in un cortile, come in questi giorni ad Alberobello per la mostra Segni elementari a cui l’ho invitato, pensando al suo lavoro su sollecitazione del giornalista Antonio Gnoni che era rimasto estasiato delle sue opere. Ed è stata la scelta giusta, perché le opere di Ninì sono proprio segni essenziali in grado di abitare i luoghi e di trasformarli, anche quando si relazionano con un ambiente ancestrale come quello dei trulli. A quell’invito aveva risposto, proprio alcuni giorni fa, con il suo solito entusiasmo. Ma questo è stato soltanto l’ultimo dei suoi impegni espositivi, che sin dai Cinquanta l’hanno spinto in diverse latitudini con sculture e incisioni. D’altronde, la produzione su carta è stata imprescindibile per la sua storia, come emerge nei tanti contributi critici che l’hanno affiancato, a cominciare da Giulio Carlo Argan e da Giuseppe Appella, critico che gli è sempre stato accanto – come testimoniano anche le importanti opere del maestro conservate al MUSMA di Matera – e a cui devo la conoscenza del suo lavoro.

PASQUALE SANTORO SECONDO GIULIO CARLO ARGAN

Per Argan (1974), che lo aveva seguito e incoraggiato sin dagli esordi del Gruppo Uno, “Santoro ha cominciato la ricerca come pittore, l’ha seguitata come grafico e poi come scultore. Come pittore, studiava il rapporto di tensione osmotica tra alcune bande di colore ed un campo: il colore del campo formava uno spazio saturo e in stato di quiete, in cui le bande colorate determinavano condizioni di tensione che si ricomponevano nell’unità della superficie mediante relazioni proporzionali, quantitative”. A distanza di oltre quarant’anni, i punti cardinali del suo impegno operativo sono rimasti i medesimi, anche sul fronte delle tecniche calcografiche, a lungo praticate in quanto prosecuzione di un lavoro sulla forma e la materia. È ancora Argan ad evidenziato che “nella grafica, la ricerca evolveva mirando ad una elasticità del campo, a cui corrispondeva una flessione pluridimensionale delle correnti segniche. Il passaggio alla pluridimensionalità fisica della struttura plastica era nella logica delle cose. Il campo è tutto lo spazio, il segno lo impegna in una condizione, che non è più di saturazione ma di infinito e di vuoto”, conclude. “Alla soglia di una strutturalità veramente primaria si apre il problema del generarsi del segno”.

-Lorenzo Madaro

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Lorenzo Madaro

Lorenzo Madaro

Lorenzo Madaro è curatore d’arte contemporanea e, dal 2 novembre 2022, docente di ruolo di Storia dell’arte contemporanea all’Accademia delle belle arti di Brera a Milano. Dopo la laurea magistrale in Storia dell’arte all’Università del Salento ha conseguito il master…

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