Fare il museo di prossimità. Intervista a Francesca Guerisoli, direttrice del MAC di Lissone

Nominata a settembre 2021, Francesca Guerisoli in poco tempo si è trovata a fronteggiare sfide legate a identità, territorio, storia e programmazione espositiva del Museo di Arte Contemporanea di Lissone, in Brianza

È partita con la mostra antologica Festival, dedicata a Francesco Lauretta, la nuova programmazione espositiva del MAC – Museo di Arte Contemporanea di Lissone, guidata dalla direttrice Francesca Guerisoli. A questa è seguita l’apertura del primo capitolo di Replay, progetto di riallestimento della collezione permanente legata allo storico Premio Lissone in cui sono stati coinvolti artisti ed esperti di settore (ad aprire le danze, Flavio Favelli, con Casematte). Ha chiuso la triade The Cave (La grotta, 2021), intervento del duo Grossi Maglioni (Francesca Grossi e Vera Maglioni) che ha vinto l’Italian Council per la ricerca e che porta avanti le tematiche femministe legate alla figura della donna, madre, artista. Pittura, scultura, installazione: i tre progetti, che differiscono profondamente l’uno dall’altro, vanno a comporre il primo scenario della direzione Guerisoli, che nel suo nuovo incarico affronta riflessioni legate non soltanto all’ambito espositivo, ma anche ai temi di collezionismo, rapporto col pubblico, identità del museo, territorio. Ce ne ha parlato in questa intervista.

Francesco Lauretta, Pasavento, performance. Courtesy l'artista

Francesco Lauretta, Pasavento, performance. Courtesy l’artista

Entrata da pochi mesi al MAC di Lissone, hai già organizzato e gestito tre importanti progetti. Qual è la prima impronta identitaria che hai dato con il tuo lavoro?
La mia idea è stata quella di cominciare con progetti comunicanti tra loro. Il primo, su Francesco Lauretta, è stato fortemente identitario per diversi motivi. Intanto perché il museo è stato costruito per dare una sede permanente alla collezione di pittura del Premio Lissone, nella sua fase storica tra gli anni ’40 e gli anni ’60: mi sembrava quindi interessante partire con un artista che da oltre vent’anni interroga proprio il fare pittura. Inoltre, nell’ultima edizione del premio tra le opere acquisiste c’è la tela Dottor Pasavento, di Lauretta: proporre un’antologica di questo artista mi permetteva di inquadrarlo in un’ottica pubblica, contestualizzando l’opera neo acquisita all’interno dell’intera produzione. Restituire il valore di quel lavoro, farlo emergere in un ambito significativo.

Come ha reagito il pubblico a questo primo appuntamento?
Oltre ai lissonesi, tanti colleghi e addetti ai lavori sono arrivati da varie parti d’Italia per visitare il museo per la prima volta. Per me la sua identità deve giocarsi su un doppio binario: da una parte il territorio (inteso non solo come Lissone, ma la Brianza tutta) e dall’altra il sistema dell’arte in senso più ampio, mantenendo sempre alto il livello della proposta. Due ambienti in grado di convivere.

MAC Lissone Sala Gino Meloni

MAC Lissone Sala Gino Meloni

Tra le tue intenzioni iniziali c’è stata quella di rendere il MAC un museo aperto e in comunicazione con il suo pubblico. In che modo hai reso possibile che questo avvenisse?
È un lavoro in continuo sviluppo. Stiamo registrando un incremento dell’interesse da parte dei visitatori. Trovo importante affrontare con attenzione l’aspetto della mediazione culturale, sia attraverso il coinvolgimento delle operatrici del museo, sia tramite gli apparati informativi e descrittivi di accompagnamento alle mostre, che consentono al pubblico che lo desidera di poter entrare più in profondità nelle pratiche e nelle singole opere degli artisti. Spesso mi avvalgo anche di scritti d’artista: mi piace che il pubblico possa entrare direttamente in contatto con la parola dell’artista. Non sono mancate e non mancheranno anche occasioni di confronto pubblico proprio con gli artisti, al di là delle inaugurazioni, come visite guidate, finissage, presentazioni di libri e, non da ultimo, gli incontri del progetto Replay.

E a proposito di Replay, attraverso il dialogo con Favelli questo artista sei riuscita a intervenire sulla collezione permanente, preservando la sua identità e attualizzandola al tempo stesso.
La collezione è esposta in una parte del piano interrato, con un allestimento presente da molti anni che propone un modello quadreria; le opere sono ravvicinate e le didascalie sono riportate su un unico foglio nella parete laterale. Mi sono chiesta come rendere questo assetto più comunicativo, narrativo e vicino alla cittadinanza, raccontando anche la storia del premio e il suo significato per il territorio.

Flavio Favelli, Casematte, MAC Lissone

Flavio Favelli, Casematte, MAC Lissone

Come hai agito, quindi?
Invece di intervenire direttamente con un riallestimento, ho pensato di avviare una riflessione collettiva, aperta a professionisti e cittadini, dedicandovi tutto questo primo anno. Da qui nasce il progetto Replay, con quattro artisti che si succederanno operando con una modalità context specific, mettendo in luce delle riflessioni sul premio, sul collezionismo, sulla museologia del contemporaneo, su una particolare opera o su tutta la collezione. Si tratta dunque di un progetto partecipativo di cui ci sono già stati due appuntamenti (Lorenzo Balbi a dicembre e Francesca Comisso a gennaio), che sta già vedendo una vivace partecipazione collettiva. Chiaramente un’idea di come agire concettualmente e materialmente ce l’ho, ma il confronto aperto è reale e le idee in divenire: al termine di quest’anno avremo raccolto delle suggestioni dal territorio, dal sistema dell’arte, dagli artisti e procederemo poi al riallestimento.

Come si sviluppa il dialogo all’interno del progetto?
A ogni artista ho associato due esperti d’arte, tra curatori, critici o direttori di museo, organizzando dei talk in cui creo un confronto tra queste figure. Il pubblico è invitato a seguire il dibattito e anche a intervenire, innescare delle riflessioni. Questo è quanto è avvenuto nel primo incontro con Lorenzo Balbi, che ha avuto un grosso riscontro.

Ovvero?
Alcuni cittadini sono intervenuti raccontando delle storie legate a Lissone e al premio, dandoci degli stimoli e dei collegamenti inaspettati rispetto a Casematte di Favelli.

Grossi Maglioni, Occupazioni The Cave, 2021

Grossi Maglioni, Occupazioni The Cave, 2021

Ancora a proposito del territorio. Cosa vuol dire operare in un contesto a ridosso di una grande città come Milano, attivissima nel frangente culturale e in particolar modo in quello dell’arte contemporanea?
È un aspetto da tener presente. Però credo che la pandemia ci abbia portato a ripensare i luoghi di prossimità, cambiando paradigma sulla loro capacità di attrazione. Questo ci permette anche di riscoprire i piccoli centri, la loro storia (ad esempio Lissone ha una storia artigianale e industriale molto importante legata al mobile) e le loro collezioni da raccontare. Una memoria da far riemergere a beneficio non solo degli abitanti del territorio, ma dell’intero Paese.

Si tratta quindi di raccontare anche una forte e indipendente impronta identitaria, quindi.
Esatto, è una responsabilità che sento molto da vicino. Lo stesso concetto di “responsabilità” è importantissimo quando si lavora al servizio dell’ambito pubblico.

– Giulia Ronchi

Francesco Lauretta. FESTIVAL
Fino al 5 marzo 2022

REPLAY#1 Flavio Favelli Casematte
Fino al 5 marzo 2022

Grossi-Maglioni, The Cave
Fino al 5 marzo 2022

MAC – Museo di Arte Contemporanea
Viale Elisa Ancona, 6, Lissone MB

https://www.comune.lissone.mb.it/museo-arte-contemporanea

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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