Artista d’impeto istintivo, che non ha remore a “sporcarsi” le mani ‒ da qui il suggestivo titolo della mostra ‒ dipingendo anche con le dita, Arnulf Rainer (Baden, 1929) è un ribelle alle convenzioni e alle etichette, tale da non essere classificabile in una corrente ben precisa. Un po’ surrealista, un po’ informale, un po’ espressionista, un po’ concettuale, il suo lavoro racconta principalmente uno sforzo creativo che è lotta interiore per afferrare la conoscenza, della realtà come di se stessi. La natura è il soggetto principale della poetica pittorica di Rainer, ma rappresentata in maniera tale da apparire come il “campo di battaglia” di quel travaglio emotivo e intellettuale che è l’esistenza, e che trova la sua sublimazione nelle costellazioni degli Anni Novanta, in cui sembra di percepire il rombo delle esplosioni stellari.

LA PITTURA SECONDO ARNULF RAINER
Una pittura dinamica, al limite della sofferenza, che dà luogo a un percorso visivo e narrativo di grande impatto; opere la cui magnificenza risalta anche grazie alle pareti bianche della galleria e alla sobria eleganza dell’allestimento.
In estremo contrasto con queste tele, una grande croce quasi completamente nera (Ohne Titel, 1998) che, a dispetto del colore, regala un momento di stabilità e pace; un lavoro dal carattere contemplativo, fortemente concettuale, dove il “caos cromatico” si annulla nel “non colore” per eccellenza e richiama alla memoria la catartica esplosione stellare tanto cara a Italo Svevo.
‒ Niccolò Lucarelli
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