Centro Pecci di Prato: sostituita la bandiera d’artista ma nessuno se ne accorge

Al posto di Is is my world? è comparsa la versione satirica – quasi un meme – della bandiera dell’artista Rirkrit Tiravanija Fear Eats the Soul

Lo scorso agosto due uomini hanno ammainato la bandiera del collettivo artistico italiano  Kinkaleri che svettava nel piazzale davanti al Centro Pecci di Prato, l’hanno sostituita e hanno consegnato l’originale al ristorante nel museo. Nessuno se n’è accorto per mesi. Non solo: al posto di Is it my world?, la più grande delle bandiere mai issate sul pennone del museo d’arte contemporanea, è stata posta un’altra bandiera, la versione satirica di un’opera dell’artista Rirkrit Tiravanija, Fear Eats the Soul, esposta sempre al museo di Prato proprio l’anno scorso. Ne condivide il nome in italiano La paura mangia l’anima, stampato a lettere cubitali su un grande tramonto, a cui però sono stati aggiunti diversi elementi propri dei “baby boomer” presi in prestito dalla meme culture: una grande scritta verde recita “Buongiorno”, c’è un’emoticon con la faccia triste, un alce e un orso bianco.

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La Paura Mangia l’Anima, Centro Pecci, Prato

LA BANDIERA DI TIRAVANIJA

La bandiera originale esposta su Viale della Repubblica, quella dell’artista di thailandese, recava la scritta nera del titolo su fondo bianco, una citazione del film cult di Fassbinder del 1974 Ali: Fear Eats the Soul che compare spesso nel suo lavoro. Tiravanija ha infatti creato un bar chiamato Untitled 1994 (Fear Eats the Soul), usato la frase nel grande spettacolo del 2011 all’Enterprise di Gavin Brown a New York, che includeva una mensa per i poveri, e l’ha stampato negli anni su manifesti, cartelloni pubblicitari, giornali e persino un segnale stradale elettronico. Esposto nel 2020 in diverse città italiane, il messaggio era diventato un ammonimento strettamente correlato con l’angoscia pandemica. Qui sono entrati in gioco gli anonimi sostitutori, che hanno contestato con la propria bandiera il messaggio originale, depotenziandolo e banalizzandolo con il linguaggio proprio dei messaggi standard che girano nei gruppi di Whatsapp over50.

UN LUOGO DI DISCUSSIONE

Questa non è la prima forma di contestazione e dibattito che coinvolge il pennone del Pecci, dedicato alle bandiere d’artista: proprio lo scorso marzo c’era stata una protesta dei Cobas contro lo sfruttamento lavorativo nel distretto tessile, che aveva puntato alla sostituzione della bandiera. La flessibilità del museo, dimostrata negli scorsi mesi, ha reso questo punto una sorta di vetrina, luogo di discussione artistica e politica della città. Se volete partecipare a quest’ultima provocazione artistica, però, conviene fare presto perché tra qualche giorno il Centro rimuoverà la bandiera satirica.

– Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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