Il capitalismo delle immagini. La mostra di Rogelio López Cuenca a Roma

“A quel paese”: così si intitola la prima retrospettiva in Italia di Rogelio López Cuenca, allestita presso l’Accademia di Spagna a Roma. Il viaggio, le politiche migratorie, la memoria storica, la speculazione urbana e la spettacolarizzazione della cultura in funzione di un turismo non impegnato sono le tematiche su cui verte la mostra, mixando tanti e diversi linguaggi.

Realizzata nell’ambito delle celebrazioni del centocinquantenario della Real Academia de España, A quel paese completa il ciclo di esposizioni che hanno avuto come protagonisti alcuni dei più talentuosi ex borsisti dell’Accademia. Dopo Gregorio Prieto e Pepe Espaliú tocca quindi a Rogelio López Cuenca (Malaga, 1959) riabitare gli spazi del Gianicolo, e non solo.
La mostra, infatti, si articola in tre diverse sedi: oltre all’Accademia spagnola – dove sono eccezionalmente aperti al pubblico anche la terrazza-giardino e lo spazio di co-working ‒, le opere dell’artista andaluso sono ospitate anche dalla Fondazione Baruchello a Monteverde, nonché disseminate nello spazio pubblico della Capitale. La mostra si compone di sedici opere che si mixano tra loro attraverso la pittura, l’installazione e il video, sotto la guida curatoriale di Anna Cestelli Guidi.

PAROLA AD ANNA CESTELLI GUIDI

La ricerca di Rogelio López Cuenca forza i limiti delle narrazioni dominanti”, dichiara la curatrice. “I suoi interventi sono dispositivi di sabotaggio che ostacolano e tendono a scardinare il senso comune per smascherare le dinamiche che sottendono alle narrazioni egemoniche date per naturali, sia nell’ambito politico che socioculturale. La parola e il testo scritto sono elementi fondamentali del lavoro e del pensiero poetico di López Cuenca. Ebbene sì, perché, prima di essere artista, Rogelio López Cuenca è prima di tutto poeta, un aspetto da non sottovalutare se si desidera approfondire le dinamiche concettuali che ruotano attorno alla mostra. L’artista/poeta, infatti, si inserisce in quella sottile linea di confine tra la parola scritta e la potenza dell’immagine, giocando sui doppi sensi, sullo scarto di senso e sulla fonetica. Questo processo concettuale muove l’intervento dell’artista, con l’intento di ridestare le coscienze dal torpore indotto dalle sovrastrutture di cui siamo ormai succubi.

Rogelio López Cuenca, Marca Picasso, 2010 20, installazione multimedia. Installation view at Real Academia de España, Roma 2021. Collezione dell’artista. Photo Juan Baraja

Rogelio López Cuenca, Marca Picasso, 2010 20, installazione multimedia. Installation view at Real Academia de España, Roma 2021. Collezione dell’artista. Photo Juan Baraja

LA MOSTRA DI ROGELIO LÓPEZ CUENCA

Ed è proprio nel cortocircuito verbo-visivo che si pone l’artista andaluso, presentando opere realizzate tra gli inizi degli Anni Novanta e oggi. I diversi linguaggi utilizzati approfondiscono tematiche fondamentali e ricorrenti nella ricerca dell’artista, come il viaggio, le politiche migratorie, la memoria storica, la speculazione urbana e la becera spettacolarizzazione di una cultura in funzione di un turismo consumistico. Gran parte delle opere albergano negli spazi dell’Accademia di Spagna in un susseguirsi di contraddittori visivi e concettuali che manipolano e guidano lo sguardo del pubblico verso inaspettati punti di vista, grazie all’equilibrata mediazione di pitture, poesie visive, installazioni site specific, video e mappe alternative.

IL PROGETTO MAPPA DI ROMA

Queste ultime meritano attenzione, poiché il progetto Mappa di Roma vede la sua nascita nel 2007, insieme alla Fondazione Baruchello. L’opera non è altro che la trasformazione fisica del sito web realizzato da Cuenca durante il suo secondo soggiorno a Roma, insieme ad Anna Cestelli Guidi e alla presidente della Fondazione capitolina, Carla Subrizi.
Il progetto, frutto di workshop e laboratori inclusivi e collettivi presso l’Università di Roma La Sapienza, è una sorta di cartografia della Capitale, non volta a dare informazioni, ma a far nascere quesiti, contraddizioni e confronti, così da rileggere il tessuto urbano e la sua comunità. Il legame con Fondazione Baruchello è presente ancora oggi, con le opere No/W/Here e Home Swept Hole ospitate nei candidi spazi di Monteverde. A unire i due lavori è un “imperante” gioco di parole, dapprima tra il percorso utopico – nowhere ‒, il qui e ora – here e now ‒ e il ‘no’, con l’obiettivo di provocare l’immaginario egemonico e far capire come si costruisce la differenza a costo dell’esclusione. Con la seconda opera il cortocircuito si crea giocando con l’assonanza fonetica del comunissimo detto ‘casa dolce casa’, ponendo il focus sulle problematiche della casa e dell’abitare.
Infine, e non per minore importanza, lo spazio pubblico è stato un ulteriore palcoscenico per Cuenca, facendo sorgere potenziali dubbi e disappunto tra i passanti.

Valentina Muzi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

Scopri di più