Riflessioni sul futuro. Meriem Bennani e Jeremy Shaw in mostra a Berlino

A Berlino la Julia Stoschek Collection propone le personali di Meriem Bennani e Jeremy Shaw, con due approcci differenti per un unico tema: il futuro delle comunità tra identità culturale e spiritualità.

Sebbene gli incalzanti rumors sul suo futuro la diano in chiusura nel 2022 o in trasferimento in una nuova sede, nella stessa Berlino oppure oltreoceano a Los Angeles, la Julia Stoschek Collection continua la sua intrigante attività espositiva con una doppia personale nell’ampio spazio di Leipziger Strasse. Propone la prima personale tedesca di Meriem Bennani e un’antologica di Jeremy Shaw. Due artisti stilisticamente differenti ma entrambi uniti in una riflessione sul futuro di comunità emarginate, fortemente discriminate e connotate da stereotipi culturali-sociali.

L’OPERA DI MERIEM BENNANI

Porta la firma dell’artista marocchina Meriem Bennani (Rabat, 1988) ‒ di stanza a New York, in grande ascesa con lavori incentrati su temi complessi legati al mondo mussulmano e spesso estesi in progetti multimediali ‒ Party on the caps (2018). Un’installazione video a otto canali in grado di documentare il futuro di Caps, letteralmente una capsula, o meglio, un’isola nel mezzo dell’Atlantico dove sono stati relegati alcuni immigrati clandestini di diverse etnie. Una sorta di c.a.r.a. del futuro, reso distopico da effetti speciali da fantascienza, dove si mescolano, in un’ironica e originale impaginazione, format da reality e da social media.
Schermi giganti, con arredi opportunamente progettati come parte integrante dell’opera, raccontano la vita di clandestini teletrasportati in un’area di detenzione temporanea, strettamente sorvegliata dal governo americano. Presenti nella capsula da più generazioni, gli immigrati hanno sviluppato una cultura ibrida, avanzatissima in materia di tecnologie digitali e per questo animata da presenze cyborg, con le quali fronteggiano la sopravvivenza nella dolorosa diaspora. Atmosfere forzatamente ilari sono il controcanto di comunità oppresse, colte nella condizione di frustrante e sublimata frenesia, costrette a una festa infinita, unica via di fuga per un’esistenza claustrofobica e priva di libertà.

Jeremy Shaw, Liminals, 2017. Installation view at JSC, Berlino 2020. Photo Alwin Lay

Jeremy Shaw, Liminals, 2017. Installation view at JSC, Berlino 2020. Photo Alwin Lay

LA TRILOGIA DI JEREMY SHAW

Quantification Trilogy di Jeremy Shaw (North Vancouver, 1977), artista canadese che vive a Berlino, si compone di tre cortometraggi: Quickeners (2014), Liminals (2017) e I Can See Forever (2018). I suoi video sondano stati alterati e psichedelici unitamente alle teorie culturali e scientifiche che si adoperano per catalogare tali esperienze. Con taglio concettuale, che ricorre a un’ampia gamma di fonti, dal cinema verità al video musicale, Shaw si muove in un territorio ibrido tra scienza e misticismo. Crea un sapiente spaesamento tra fotogrammi rubricabili in un immaginario comune e standardizzato e contenuti relativi invece a mondi prossimi venturi, evoluzione di uno spiritualismo new age.
Sciamani e ogni sorta di officianti, circondati da adepti desiderosi di trascendenza, rivivono avventure iniziatiche e riti catartici (Quickeners). Arcaismo e neuroscienza si uniscono in rituali ancestrali, impastati a yoga e danza contemporanea, in frenesie estatiche esercitate nel tentativo disperato di salvare l’umanità da un futuro privo di spiritualità (Liminals). Documentari televisivi in una virtualità ricercatamente d’antan ma quarant’anni in avanti, si concretizzano (I Can See Forever) nel racconto e nella danza dell’unico sopravvissuto oggetto di una manipolazione che lo ha dotato dell’87% di DNA proveniente da una macchina.

Jeremy Shaw, Towards Universal Pattern Recognition (“Space Odyssey” Jan 9 1982), 2019. Installation view at JSC, Berlino 2020. Photo Alwin Lay

Jeremy Shaw, Towards Universal Pattern Recognition (“Space Odyssey” Jan 9 1982), 2019. Installation view at JSC, Berlino 2020. Photo Alwin Lay

LE FOTOGRAFIE DI JEREMY SHAW

La mostra comprende anche il ciclo di fotografie Towards Universal Pattern Recognition  (2016­ -20), ancora sul tema della trascendenza esplicitata in corpi agitati da frenesie dionisiache o sottoposti a esperimenti di neuroscienza. Sono incorniciate con lenti prismatiche sfaccettate, progettate dall’artista, e obbligano a una percezione adulterata, compromettono la messa a fuoco e avvicinano lo spettatore alla medesima condizione di trance dei soggetti con ulteriori vacillamenti tra realtà e simulazione.

‒  Marilena Di Tursi

Berlino // fino al 29 novembre 2020
Jeremy Shaw – Quantification Trilogy
Meriem Bennani – Party on the caps
JULIA STOSCHEK COLLECTION
Leipziger Straße 60
www.jsc.art

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Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi, giornalista e critico d'arte del Corriere del Mezzogiorno / Corriere della Sera. Collabora con la rivista Segno arte contemporanea. All'interno del sistema dell'arte contemporanea locale e nazionale ha contribuito alla realizzazione di numerosi eventi espositivi, concentrandosi soprattutto…

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