Ultime notizie: Sergio Risaliti video-racconta un’opera appena realizzata da Giulio Paolini

Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze, racconta le ultime produzioni degli artisti in un ciclo di appuntamenti su Artribune. Si parte con l’artista Giulio Paolini

Su cosa stanno lavorando i grandi artisti in questi giorni nelle loro case, nei loro studi? È una domanda che i critici, i curatori, gli appassionati d’arte si stanno ponendo. Molte le testimonianze che stanno giungendo ad Artribune: Alfredo Pirri dal suo studio, ci manda questo video dove racconta in prima persona come sta trascorrendo questi giorni, e Clara Tosi Pamphili ha inaugurato uno scambio epistolare con protagonisti del mondo dell’arte e della cultura, ma rivolto a tutti. Diversamente, nella rubrica Ultime notizie, che inauguriamo con l’opera Grazie a Giacinto di Giulio Paolini, il critico e curatore Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze, racconta nel testo-compendio critico che segue e nel video l’ultima opera prodotta dagli artisti Paolini, Domenico Bianchi, Mimmo Paladino, Rebecca Moccia, Paolo Canevari, in uno scambio fruttuoso che ci porta non solo nel cuore del processo creativo, ma anche del rapporto tra artista e critico. Ecco la prima delle Ultime notizie. 

IL TESTO DI SERGIO RISALITI

La prima delle Ultime Notizie mi è arrivata dallo studio di Giulio Paolini.  Si tratta di un collage nato a partire da alcune immagini inviate all’artista da Giacinto di Pietrantonio, che ha visitato poco tempo fa la mostra Canova-Thorvaldsen in corso alle Gallerie d’Italia a Milano. Il critico e curatore di mostre ha realizzato alcuni scatti di un’opera di Antonio Canova “La principessa Leopoldina Esterházy Liechtenstein” che ricorda il “Tre per tre” di Giulio Paolini esposto alla GAMEC di Bergamo nel 2006 in occasione dell’esposizione Giulio Paolini. Fuori programma. Paolini ha colto la palla al balzo: ha utilizzato lo scatto appropriandosi a un tempo di quella foto e dell’invenzione di Canova.  Il titolo, infatti, recita: Grazie a Giacinto…. Grazie cioè del dono e dell’assist, viene da dire. Va aggiunto, però, che il critico ha visto il marmo di Canova riconoscendovi un’opera di Paolini, che a sua volta in Tre per tre citava un’immagine altrui, esattamente L’Étude du dessin di Jean-Baptiste-Siméon Chardin, celebre per le sue poetiche nature morte.  Un virtuoso passaggio di citazioni e rimembranze. Nel collage, Paolini cita due volte la statua di Canova. Lo fa con una mossa che tecnicamente viene detta mise en abyme.  Il marmo di Canova, fin troppo candido e freddino, viene riprodotto per intero e in parte. In un caso vediamo integralmente la statua. Nell’altro ci appaiono, altresì, le mani della principessa che disegna su un foglio, una tavoletta di marmo, ora ingrandite. La squadratura, inevitabile incipit per Paolini, circoscrive la statua, e poi si allarga fino incorniciare le mani. Le mani principesche che disegnano, ora, diventano quelle di Paolini che in questo modo entra in scena. È Paolini che sta riproducendo l’opera di Canova. Ecco la mise en abyme, un espediente retorico che dall’araldica è transitato nell’arte e nella letteratura. Mise en abyme è la ripetizione di una medesima figura dentro il campo di uno stemma nobiliare che viene così riprodotta più di una volta, rimpicciolita, o viceversa ingrandita, ma sempre uguale e sempre all’interno di sé stessa, come nelle scatole cinesi. In letteratura è una “storia nella storia”, perché la storia a livello più basso riassume alcuni passaggi della storia di livello più alto.  Paolini ne ha fatto uso più volte, con la citazione, il gioco degli specchi e il labirinto. Per moltiplicare le dimensioni di tempo e spazio, e non solo. 

OLTRE LA CORNICE

In Grazie a Giacinto… i piani sequenza si sovrappongono. Ne contiamo ben quattro. L’ultimo gioca il ruolo di passe-partout. Ma anche questo è segnato dalle linee della squadratura. Squadratura che da Disegno geometrico (1960) in poi ha permesso all’artista di vedere, o meglio di accogliere l’immagine sul piano di rappresentazione, sempre uguale e sempre nuova e all’infinito. In altre occasioni Paolini ha voluto fissare l’atto del disegnare, quel magico momento in cui l’immagine si manifesta allo sguardo dell’artista. In Tre per Tre (1998) la stessa figura si ripete triplice. Si tratta di un giovane artista intento a disegnare.  Paolini ha fatto realizzare tre calchi in gesso che riproducono la stessa figura concentrata nell’atto di disegnare, ma in assenza sia del paesaggio che del modello. La stessa figura diventa poi modello e osservatore. I tre calchi sono disposti in modo da creare una triangolazione di sguardi e atti che ha un andamento circolare e che si svolge in un unico campo da gioco, che è poi quello dell’arte, anzi della scena dell’arte. In ultima analisi, Paolini ha voluto immortalare il puro semplice atto di disegnare e di osservare, insomma l’attesa dell’immagine, alla quale partecipa anche il modello. Il manifestarsi della bellezza che tutti coinvolge in un prescritto circolo. Lo stesso accade con il nuovo collage, ma questa volta a disegnare è una donna. La principessa Leopoldina. A sua volta disegnata, cioè assegnata da Paolini alla nuova immagine che stiamo osservando. La cerimonia, quella concettuale dello sguardo e della moltiplicazione dell’evento iconico, si ripete adesso grazie a un invito, a uno spunto iniziale, giunto all’artista da un critico.

LETTERE TRA GIULIO E SERGIO

Nelle poche righe che accompagnano la spedizione via mail, Giulio ha avvertito il ricevente, il sottoscritto, di essere andato fuori tema. Dal mio punto di vista non chiedevo di meglio; poter iniziare questa rubrica con una notizia di autonomia e libertà artistica. Da Paolini non poteva che giungermi una simile dichiarazione. D’altronde Paolini non riesce proprio a farsi condizionare dalla cronaca, dagli eventi del giorno, dal rumore mondano. Aprendo La Verità un libro d’artista realizzato da Paolini nel 1996 alla voce Mondo così leggo: “Del conflitto arte-mondo (che dovrebbe essere anche rispettosa convivenza) si è già detto abbastanza: tutto sta nel chiedersi cosa si intende per l’uno o per l’altra. Più che con la realtà (personalmente non so più bene cosa sia o sia mai stata) gli artisti credo si confrontino con la maniera più elegante di ignorarla. Della realtà oggi non resta che la sua immagine, ed è questa che soltanto possiamo osservare”. Forse, mi viene da dire, che, per essere all’altezza del momento che stiamo vivendo, si debba ignorare la realtà? Fare silenzio, cioè, sgombrare il campo e liberare la visuale, infine ascoltare e contemplare? Contemplare il vuoto nell’inanità di una giornata senza rumori in strada, senza vita nelle piazze, senza aerei in volo nel cielo. E così il messaggio riposto è lo stesso che Paolini aggiungeva a Contemplator enim del 1991: “Osserva la luce del sole, quando filtra attraverso chiuse imposte nel buio di una stanza; nel fascio luminoso vedrai una ridda confusa di corpuscoli come perduti in una guerra eterna ora raccogliersi in torme e dare battaglia, ora separarsi e di nuovo attaccare, veloci e senza tregua. Guardando capirai quale sia l’eterna caduta delle cose prime nella profonda infinità del vuoto […]”. 

-Sergio Risaliti

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Sergio Risaliti

Sergio Risaliti

Sergio Risaliti (1962), si è laureato a Firenze in Storia dell’arte moderna e contemporanea. Dal 2018 è direttore artistico del Museo Novecento di Firenze. E’ storico e critico d’arte, ideatore e curatore di mostre e di eventi interdisciplinari, scrittore e…

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