La fine del patriarcato nell’opera queer di Gabriel Dawe. La prima del 2020

Dall’installazione arcobaleno all’orgoglio queer, l’ultima opera di Gabriel Dawe annuncia la fine del patriarcato. La prima di una lunga serie?

Scampoli neri di tuta da uomo e cicatrici che evidenziano gli strappi. Il giovane artista concettuale Gabriel Dawe ha iniziato con questa immagine il proprio 2020 creativo condividendo sui suoi profili le foto di un’opera inedita. Si chiama End of Patriarchy n. 1 ,“Fine del patriarcato n.1”: un lavoro che per tecnica di realizzazione e cifra simbolica si conferma coerente con la poetica con cui l’autore “degli arcobaleni” si è fatto conoscere nel mondo.

Gabriel Dawe, Plexus n.5 - Texas Biennal 2011

Gabriel Dawe, Plexus n.5 – Texas Biennal 2011

UNA NUOVA REALTÀ

Dawe spiega il percorso creativo dell’opera, un processo “doloroso ma catartico” in cui, come spesso accade l’esperienza personale si intreccia con l’esperienza creativa. Le tute da uomo, simbolo dell’imperante presenza maschile nel sistema sociale (che l’artista ha sempre denunciato), vengono strappate con rabbia. Dawe racconta di una nuova realtà che comincia a intravedersi, una dimensione umana quasi del tutto libera dall’oppressione del patriarcato e che ancora una volta si colora delle tinte dell’arcobaleno. Esponente del mondo queer, l’artista, invita l’osservatore a condividere la propria rabbia nei confronti dell’oppressione patriarcale e allo stesso tempo la propria liberazione. Anche qui tornano gli arcobaleni complessi  – Rabbia e liberazione – i due elementi che già si intrecciavano in Plexus, il progetto espositivo che negli ultimi dieci anni ha consacrato l’ex graphic designer di origini messicane alla vita artistica. Nel titolo della serie Dawe si riferisce alle trame di nervi e vasi sanguigni che formano il corpo umano. Sono spettri di luce realizzati con filo da cucito, arcobaleni che incantano e rimandano a un lavoro manuale d’altri tempi, disegnando cruna dopo cruna una composizione leggera e favolistica. Il materiale principale usato da Dawe rimanda all’arte del ricamo e a un ricordo d’infanzia dell’artista, desideroso di imparare dalla nonna la pratica del cucito. Un desiderio semplice che tuttavia gli fu sempre negato, perché lavoro da donna.

CONTRO IL MACHISMO

Quello che le trame mettono in luce è il machismo imperante sotto cui Dawe si è sentito schiacciato nel corso della propria vita. Una prigione ideologica che lo ha condizionato tendendo fino all’ultimo fascio di nervi, come suggerisce il titolo stesso della serie. L’arcobaleno, simbolo dell’orgoglio gay e della lotta all’omofobia, si conferma nell’arte di Dawe icona di una ribellione potente quanto pacifica. La complessità degli intrecci di tessuto sfocia nella semplicità di colori vividi e accesi che, nonostante tutto, richiamando le radici dell’autore, non tradiscono la positività della cultura sudamericana.

Giada Giorgi

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Giada Giorgi

Giada Giorgi

Nata a Frosinone nel 1991 oggi vive a Milano. Laureata in Filosofia Morale a Roma, lavora nel giornalismo radio-televisivo dall’età di 23 anni. Tra le collaborazioni Il Messaggero, Il Corriere della Sera e RaiNews24. Attualmente frequenta la scuola di giornalismo…

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