I colori di Aldo Mondino. A La Spezia

CAMeC, La Spezia – fino al 22 settembre 2019. La mostra al CAMeC ripercorre la vicenda creativa dell’artista torinese dagli Anni Sessanta al 2003. Nel nome della pittura.

Se si salgono le belle scale a ventaglio che si snodano nell’ampio vano luminoso del CAMeC, il Centro Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia, si viene colpiti, sul secondo pianerottolo, da un’installazione con 21 elementi: in ognuno è dipinto, a olio su linoleum, un derviscio. I danzatori orientali sono tutti rotanti, con l’ampia veste bianca dispiegata e il capo reclinato, in trance, tranne uno, fermo e scuro, quasi raccolto in se stesso.
Questo lavoro del 1999 presenta un soggetto iconico di Aldo Mondino (Torino, 1938-2005), al quale è intitolata la mostra personale sullo stesso piano del museo: Mondino a colori. La retrospettiva, basata sul progetto scientifico dell’Archivio Aldo Mondino, vuole mettere in evidenza la pittura dagli esordi al linoleum” dell’artista torinese. La motivazione della scelta di campo starebbe nel fatto che la città ligure vanta il Premio di Pittura del Golfo, fondato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1933 e dedicato, appunto, a tale medium.
Trenta opere, esposte in cinque sale, costituiscono una carrellata spazio-temporale equilibrata attraverso la variegata produzione di Mondino, che partecipò a ben due Biennali di Venezia, nel 1976 e nel 1993. Accoglie il visitatore il suo immancabile autoritratto, il Mon Dine del 1992 di grande formato, un omaggio a Jim Dine per via della vestaglia rossa e, ovviamente, anche un gioco di parole.

LE OPERE ASTRATTE E LE QUADRETTATURE

Seguendo di massima un ordine cronologico, nella prima si trovano le opere astratte, viste di rado in mostra e realizzate a ridosso del ’59, che segna il trasferimento dell’artista a Parigi. Nei primissimi Anni Sessanta, rientrato in Italia, inizia la sua attività espositiva fra Torino e Venezia. Si avvertono, qui, i richiami al Surrealismo gestuale e a Tancredi, di cui era diventato amico. Il tratto ironico è evidente nella tavola anatomica su masonite intitolata Operazione anale o in quella, sullo stesso supporto, Vietato il sorpasso Art. 106. La Libra, invece, è un esemplare della serie sulle bilance – segno zodiacale dell’artista –, contraddistinte dalla macchia cromatica.
La seconda sala ospita le cosiddette quadrettature, della prima metà degli Anni Sessanta, che riprendono i quaderni dei bambini. La riproduzione, perlopiù su masonite, dei fogli di scuola elementare, corre su due registri: nella parte sottostante, il disegno, apparentemente infantile, è ingabbiato nella griglia geometrica, mentre dalla parte superiore trasbordano colature di colore (Varazze, 1964), pennellate espressioniste (Incontro, s.d.), scarabocchi “rivoluzionari” (Serpente, 1963) o assenze di segno (Sportivo, 1963-64).

Aldo Mondino, Tappeti stesi, 1993 (part.), exhibition view at CAMeC, La Spezia, 2019. Photo Linda Kaiser

Aldo Mondino, Tappeti stesi, 1993 (part.), exhibition view at CAMeC, La Spezia, 2019. Photo Linda Kaiser

LE FALSE INCISIONI

La terza sala è dedicata alle false incisioni su tela. In questi Anni Settanta Mondino riprende la pittura; nel 1972 ritorna a Parigi e, alla fine dello stesso decennio, realizza la serie delle Tour Eiffel, di cui qui è esposto un esemplare del 1979.
La tecnica di queste opere consiste in un fondo di colore scuro, al quale l’artista aggiunge una mano di un altro colore: il soggetto si ricava “togliendo” pittura al secondo strato per lasciar emergere il primo. Mondino dipinge così i più grandi naufragi della storia.
Una delle pareti più interessanti della mostra presenta proprio l’accostamento tra due opere del 1980, quella di grande formato, Schiffbruch, e quella minimale, Longships, conservata al CAMeC e facente parte della Collezione Cozzani.

EBRAISMO, ORIENTE E TAPPETI

Nella quarta sala il tema è quello dell’ebraismo e una forma di sacralità traspira dalle suggestioni orientali, soprattutto dopo il viaggio che porta Mondino dal Marocco alla Palestina e alla Turchia. Qui si vede qualche accenno alla tridimensionalità, che ha sempre accompagnato il percorso dell’artista: in Metterci una pietra sopra, 1999, come nel Venditore di feltri e lane, 2003, gli oggetti sono materialmente presenti.
All’ambito dell’Oriente e dei tappeti appartengono le opere di grande formato, una per ogni parete, che nella quinta sala ricreano un ambiente particolare. In centro, a terra, c’è Raccolto in preghiera, 1986, un tappeto di 4 x 2 metri costituito da granaglie, legumi e farina.
Se si alza lo sguardo, i Tappeti stesi, 1993, restituiscono anch’essi l’illusione del vero, come in tutta la serie su pannelli in eraclit (lana di legno con legante magnesite), ispirati a Mondino da una tanica di colore rovesciata in un cantiere, che gli aveva fatto pensare a un tessuto. L’artista giocava sul suo difetto visivo, la miopia, che a distanza rendeva gli oggetti verosimili, mentre il doppio gioco si rivelava, poi, da vicino.
Suo figlio Antonio racconta che, in Troppo lontano da casa, Paul Bowles e Mohamed Choukri, 1993, sono celati nei due scrittori rivali l’autoritratto di suo padre e il ritratto di suo nonno. Fronteggia l’opera il quadrittico su linoleum con la Festa araba, 1985, ideale sfondamento prospettico della stanza: con i suoi tappeti e i suoi personaggi, la danzatrice del ventre e il derviscio, questa scena dell’arte, che condensa tante tematiche, sembra chiudere perfettamente il percorso della mostra.

Linda Kaiser

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Linda Kaiser

Linda Kaiser

Linda Kaiser (Genova, 1963) è laureata in Storia della critica d’arte all’Università di Genova, dottore di ricerca in Storia e critica dei beni artistici e ambientali all’Università di Milano, specializzata in Storia dell’arte contemporanea alla Scuola di Specializzazione in storia…

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