Preziose e dalla forte valenza simbolica appaiono le opere di Alberto Di Fabio (Avezzano, 1966; vive a Roma) al Gaggenau DesignElementi Hub. Visioni galattiche e oggetti di luce a contatto con la funzionalità del design mostrano ancor di più la propria forza magnetica, capace di dischiudere orizzonti infiniti e mondi paralleli.
L’effetto smaterializzante di una pittura astratta e gestuale viene esaltato ancor più dalla dominante dell’oro, dell’aura che avvolge i corpi. L’artista-alchimista sembra toccare ogni cosa e trasformarla in oro, come accade nei mosaici e nelle opere presenti in mostra. Questa particolare selezione di lavori, inclusi nella collezione privata dell’artista, è voluta dal curatore Sabino Maria Frassà per il progetto artistico In–Material che coinvolgerà altri tre artisti, accomunati dal desiderio di spingersi oltre la materia. La forza dell’estetica e della bellezza rappresenta la libertà espressiva dell’artista, che fonde nel suo linguaggio matrici diverse: il carattere onirico del Surrealismo, la tensione metafisica, la ricerca dell’equilibrio classico tra ordine e caos e la capacità di intercettare l’energia cosmica proiettandosi verso il futuro. Un linguaggio fortemente visionario alla luce delle nuove scoperte e intuizioni nel campo della fisica e delle scienze. Non è un caso l’interesse mostrato dal CERN di Ginevra nei confronti della sua ricerca.

INFINITO LEOPARDIANO
Attraverso le tele e i mosaici esposti sembra di essere di fronte a neuroni che osservano il cosmo o a visioni interstellari che il colore vuole intercettare e rendere visibili. L’intento è quello di manifestare l’infinito a partire dall’analisi di un singolo dettaglio. Un’intuizione leopardiana che si scatena da un piccolo particolare come può essere il vento che agita le foglie di una siepe. È per mezzo della trasformazione della materia che l’artista finisce per giungere nell’infinito cosmico permettendo anche allo spettatore di sentirsi parte di un tutto.
I titoli delle opere, Dio Quantico, Aura Divina, Corpo Astrale Corpo Fisico, fanno riferimento a un’arte in cui scienza e spirito hanno trovato la propria sintesi, unendo la pittura astratta e gestuale alla ricerca di spazi incommensurabili. È la pennellata che ha in sé la forza del pensiero, come nella pittura del Seicento che mimava l’infinito.
La Natura non è più però oggetto da indagare, ma supera l’estraneità del soggetto con la centrale presenza dell’uomo nel cosmo attraverso il confronto visivo tra rete neuronale e distribuzione a larga scala dell’universo.
Trascendenza diventa un’anti-mostra contemporanea perché rappresenta una pausa, una sosta meditativa in cui la luce è lo sguardo consapevole che vede tutto, la condizione del risveglio. Le opere appaiono pertanto veicoli di coscienza.
‒ Antonella Palladino