Gli artisti e la ceramica. Intervista a Ornaghi e Prestinari

La ceramica è una materia sempre più corteggiata dagli artisti di oggi. Ne sono un esempio le opere di Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari.

La formazione da architetti spinge Valentina Ornaghi (1986) e Claudio Prestinari (1984) a un’autentica passione per la progettazione, elemento fondamentale della loro produzione artistica. Nel corso del 2017 il duo ha affrontato una residenza semestrale promossa dal Museo Carlo Zauli e dal MIC ‒ Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza con il sostegno di SIAE|Sillumina. Da questa prima esperienza è nata una frequentazione con la materia, che li ha accompagnati anche in più recenti progetti. All’interno della nostra rubrica, dopo le fantasie pseudo-organiche di Salvatore Arancio, la passione pittorica di Alessandro Pessoli e le fughe dalla tecnologia di Francesco Simeti, incontriamo il duo per chiedergli che cosa significhi per loro fare ceramica oggi.

Vi viene spesso chiesto quale sia il rapporto tra forma e concetto nelle vostre opere. Nel caso della vostra produzione con la ceramica la domanda è ancora più necessaria, essendo un materiale che richiede lunghi tempi di lavorazione. Come si sposano questi tempi con la progettazione? Conoscete il risultato prima di iniziare o lo modificate lungo le varie fasi?
La previsione di un determinato risultato dipende dalla padronanza tecnica del mezzo. Lo stesso vale per la progettazione. È difficile per noi progettare una forma senza conoscere le caratteristiche del materiale, spesso anche il concetto stesso dell’opera nasce dalla sperimentazione pratica.
Per la ceramica, infatti, è stato necessario fare molti campioni senza avere un’idea precisa a priori. I progetti veri e propri sono nati spontaneamente sulla base degli esperimenti riusciti che ci convincevano di più.
Nell’opera Onde, ad esempio, le sculture in ceramica sono come panni spugna domestici. Il panno, dopo l’utilizzo e l’asciugatura, perde la morbidezza irrigidendosi in curve contorte. Allo stesso modo la ceramica, essiccandosi dopo la modellazione, perde l’acqua al proprio interno mantenendo la forma data per sempre.

Ornaghi & Prestinari, Paolina, 2017. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano Beijing Les Moulins Habana. Photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Ornaghi & Prestinari, Paolina, 2017. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano Beijing Les Moulins Habana. Photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

La vostra prima esperienza in ceramica risale alla residenza fatta al Museo Carlo Zauli, poi esposta al MIC. Come è stato vivere in una città di provincia per un tempo così lungo? Il cambiamento della quotidianità ha influenzato il vostro approccio al lavoro in quell’occasione?
Ci piace la dimensione un po’ “sottotono” delle città di provincia e quella voglia di emergere e farsi notare rispetto ai contesti più mondani circostanti. Sicuramente la quotidianità diversa ci ha influenzati. Faenza è una città calma in cui la qualità della vita è alta e il ritmo decelera. La ceramica impone tempi lunghi e tutto va di conseguenza. Sono nati dei lavori molto legati alle collezioni museali del MIC e del Museo Carlo Zauli e al paesaggio.

Nel vostro percorso vi siete confrontati con ‘giganti’ come Morandi e Michelangelo. Quale è il vostro rapporto con i maestri e chi sono i vostri punti di riferimento?
Nella nostra ricerca c’è sempre un forte rapporto con la storia dell’arte e di conseguenza ci confrontiamo spesso con il lavoro di altri artisti per noi importanti. Ci interessa ritrasmettere un segnale che cogliamo all’interno di un’opera e che rielaboriamo o distorciamo attraverso il nostro modo di sentire per portare avanti un discorso che non inizia e non finisce con noi. Ogni opera d’arte del passato è sempre contemporanea perché viene riattivata dal nostro sguardo oggi. Forse ci piace di più avere come punti di riferimento quelli che per noi sono dei capolavori che punteggiano una storia. Prestare attenzione all’opera che ci sta dicendo qualcosa in un dato momento a prescindere dall’intera produzione dell’artista.
In Paolina, ad esempio, la scultura in terracotta rovesciata è una rielaborazione della celebre opera di Canova raffigurante un personaggio femminile simbolo di potere e bellezza, che a sua volta raccoglie l’iconografia delle Veneri della tradizione della storia dell’arte. La cavità interna all’opera, dovuta al processo tecnico realizzativo della ceramica, diventa spazio accogliente per uno stagno di piante acquatiche.

Ornaghi & Prestinari, Early Autumn. Installation view at Les Moulins. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano - Beijing - Les Moulins - Habana. Photo Oak Taylor Smith

Ornaghi & Prestinari, Early Autumn. Installation view at Les Moulins. Courtesy Galleria Continua, San Gimignano – Beijing – Les Moulins – Habana. Photo Oak Taylor Smith

La ceramica è spesso associata a una tradizione domestica, quotidiana. In che modo questa sua vocazione verso l’oggetto d’uso è vicina al vostro lavoro e alla vostra ricerca?
In generale la nostra ricerca si concentra sulle varie sfaccettature della “cultura materiale” intesa come rapporto tra l’uomo e gli oggetti e su come questo rapporto sia legato alla storia dei materiali, alle loro potenzialità, alla progettazione, alle tecniche di produzione e al consumo.
Per questo spesso le nostre opere hanno un legame con la domesticità e includono oggetti d’uso. Il nostro vissuto personale e le “cose” (contrazione dal latino “causa”, quanto ci sta a cuore e per cui ci si batte) che ci circondano condizionano il nostro immaginario.
La nostra ricerca con la ceramica si è sviluppata assecondando la familiarità che ciascuno di noi ha con gli elementi fittili, dall’edilizia a ciò che giornalmente usiamo. Infatti abbiamo voluto riproporre diverse volte l’oggetto vaso, il contenitore, piastrelle, ciotole e tazze; oggetti che siamo abituati a veder realizzati in ceramica. Troviamo commovente vedere in un museo oggetti non dissimili da quelli che utilizziamo ancora oggi ma che risalgono a centinaia se non a migliaia di anni fa.

Nell’ultimo anno avete usato spesso la ceramica. C’è secondo voi una specifica linea di ricerca all’interno della vostra produzione che vi suggerisce l’uso di questo materiale? O è una scelta che ridiscutete di volta in volta?
Come accennato prima, ci interessa quando un materiale ha una continuità con la storia dell’uomo. Diventa un collegamento tra storie individuali e collettive e un ponte tra diverse generazioni. Inoltre la ceramica innesca anche dialoghi tra natura e civiltà o tra lavoro artigianale e industriale.
Questi pensieri sulla ceramica si inseriscono all’interno della nostra ricerca sul senso del lavoro manuale in un’epoca post-artigianale caratterizzata dall’automazione all’interno del processo lavorativo; sulle connessioni tra produzione e consumo; sui processi di trasformazione di materiali e oggetti; sui mutamenti antropologici che si determinano nella nostra attuale società stretta tra etica del lavoro ed estetica del consumo.

Lipovetsky teorizza la sua idea di ipermodernità proprio fondandola su questo dialogo tra l’iperindividualismo della nostra epoca e la necessità di richiamarsi a una storia universale, un sentire del quale ci appropriamo senza un riferimento specifico a una determinata scuola o periodo. Posso chiedervi che rapporto avete con questa definizione, se in qualche modo la sentite vostra?
Attraverso il continuo dialogo tra di noi che, in quanto coppia artistica, già ci permette di trascendere la nostra individualità, cerchiamo di stabilire un scambio con la realtà che ci circonda.
Partire dall’esperienza individuale non vuol dire fermarsi al proprio vissuto personale, ma tradurre quelle intuizioni nate nel privato in qualcosa di condivisibile col pubblico; lavorare sulla capacità del progetto di comunicare se stesso e di creare un rapporto con chi lo osserva, declinando nel particolare e riportando a una sfera più personale l’attenzione dedicata all’essere umano e alle sue evoluzioni nella storia, alle scienze e alle arti come manifestazioni di pensiero. Siamo attratti da oggetti che abbiamo sempre avuto vicino, ma che solo a un certo punto notiamo sotto una luce diversa a seconda dell’esperienza che stiamo vivendo. Tecniche e tecnologie ci interessano quali risultati di un percorso di conoscenza e consapevolezza dell’essere umano e delle sue capacità fisiche e intellettuali.

 Irene Biolchini

www.ornaghi-prestinari.com

Gli artisti e la ceramica #1 ‒ Salvatore Arancio
Gli artisti e la ceramica #2 ‒ Alessandro Pessoli
Gli artisti e la ceramica #3 ‒ Francesco Simeti

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Irene Biolchini

Irene Biolchini

Irene Biolchini (1984) insegna Arte Contemporanea al Department of Digital Arts, University of Malta, ed è Guest Curator per il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, per il quale dal 2012 cura mostre site specific. È curatrice della collezione d’arte…

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