Tensione nella ricerca dell’equilibrio, simmetria, bilanciamento e labile confine tra immobilità, potenziale di azione e perdita di controllo: Italo Zuffi (Imola. 1969) continua il suo percorso alla ricerca del miracolo / In Search of the Miraculous. E lo fa da anni con sistematicità e coerenza. Le fotografie in bianco e nero di giovani in posa sono drammatizzate da alcune luci rosse che trasformano lo spazio in una grande camera oscura. In quel luogo la superficie si fa immagine. La scultura è invece la rappresentazione di una simmetria precaria. Se prendiamo a prestito il Diagnostic Statistical Manual, conosciuto come DSM ‒ manuale usato negli USA da medici e personale sanitario che indica i criteri diagnostici ‒, Zuffi potrebbe essere affetto da una forma di disturbo ossessivo, una sorta di coazione a ripetere, una liturgia comportamentale automatica. Un’ossessività rituale che lo porta a compiere gesti già conosciuti e per questo rassicuranti. Un modus operandi che non rincorre mai la novità, una costante indagine sull’uomo e sull’esistenza, senza tempo, che fa di Italo Zuffi il miglior artista concettuale italiano della sua generazione.
‒ Daniele Perra