Prima esposizione in Italia per le sculture di Isabel Alonso Vega (Madrid, 1968). Alchimia minimalista convertita in lastre di plexiglas a formare la collezione di una wunderkammer del nuovo millennio, tutta plastica ed elementi effimeri. Le nubi ricordano la Cloud box Anni Sessanta di Peter Alexander, ma l’unicità solida del cubo americano è solo un’illusione.
Non c’è resina, ma una successione di schermi lavorati per funzionare insieme. In questi giorni, a Bologna, vediamo qualcosa di molto simile nella mostra di Leandro Erlich.
La ricerca di Isabel Alonso Vega si fa però meraviglia e timore nelle teche con fumo nero, versioni noir e allarmanti delle precedenti. È catturato l’esito irripetibile e per natura effimero di un incendio, mentre il suggerimento del movimento ascensionale senza vento e senza gravità divampa ancora nei disegni a carboncino che occupano le pareti. Superata la prova di coraggio, si ha accesso alla stanza segreta degli ori, fili esili ma brillanti, capaci di vincere l’oscurità di un’illuminata scelta espositiva.
‒ Raffaele Orlando