Una questione di consapevolezza. Matteo Peretti a Rimini

FAR, Rimini ‒ fino al 2 aprile 2018. Una gigantesca isola di rifiuti di plastica che galleggia nell'Oceano Pacifico e un artista che riflette sulle problematiche della società dei consumi sono i due elementi chiave di “PET Island”. La mostra che, partendo da tematiche collettive, giunge a focalizzare i comportamenti dei singoli individui.

Al centro di tutto c’è la consapevolezza. Matteo Peretti (Roma, 1975) la rappresenta come un piccolo peso racchiuso in una teca, e attorno al significato profondo sotteso a quest’opera fa ruotare tutto il percorso della mostra allestita a Rimini. Una consapevolezza individuale e collettiva, che forse nella società attuale si è in parte smarrita e che è necessario recuperare in tutto il suo peso per sperare di risolvere i grandi problemi che affliggono il pianeta.
Ma i visitatori sono accolti, nella prima sala del palazzo trecentesco che fu Palazzo del Podestà e dell’Arengo, da quattro grandi installazioni di materiale plastico, componente principale del lavoro dell’artista: imponenti volumi di casse per bottiglie d’acqua, un muro di confezioni di riso mantenuto sottovuoto grazie all’involucro, ovviamente di plastica – in queste opere la contrapposizione tra le quantità di materia prima consumata dai Paesi occidentali e da quelli in via di sviluppo è marcata con evidenza –, e ancora balle di bottiglie schiacciate e una montagna di particelle di PET pronte per il riciclaggio.

Matteo Peretti, Shopping for kids, 2007. Courtesy l’artista

Matteo Peretti, Shopping for kids, 2007. Courtesy l’artista

UN INVITO ALLA SPERANZA

Nella seconda sala – a cui si accede calpestando un tappeto di piccoli omini di plastica gialla (Passaggio obbligato) – la formula chimica del PET diventa quasi un graffito decorativo sul muro, mentre l’artista sceglie di occupare lo spazio con installazioni che pongono l’accento sul problema dei carburanti fossili, abbinando dei giocattoli al carbone e al petrolio con lo scopo di suggerire sia il pericolo che comporta il loro uso spregiudicato sia una transizione dall’inquinamento ambientale alla speranza per il futuro.
Ultima tappa, le singole persone: la tendenza al consumismo sfrenato (Shopping for kids), la perfezione standardizzata del corpo ottenuta tramite chirurgia plastica (Beauty) e infine l’inquietante ma realistica Last Selfie. La forza di Peretti sta allora nel dichiarare, tramite le sue opere, che “l’attuale stato del nostro pianeta, e della società che lo vive, impone un messaggio globale non nichilista o pessimistico, bensì educativo, portatore di speranza verso un reale cambiamento ma possibile solo se operato universalmente” (Bianca Catalano).

Matteo Peretti, Baby House, 2018. Courtesy l’artista

Matteo Peretti, Baby House, 2018. Courtesy l’artista

UNA MOSTRA, ANZI DUE

La mostra riserva inoltre una sorpresa: la FAR di Rimini ospita spesso mostre legate a diverse generazioni della stessa famiglia, e il progetto questa volta ha coinvolto, sotto il macro-titolo Arcipelago Peretti, una rassegna dei lavori del padre dell’artista, Ferdinando. Antiquario, cresciuto a stretto contatto con gli esponenti della Scuola di Piazza del Popolo, per la prima volta espone dipinti su carta che molto risentono della Pop Art italiana nonché interessantissime sculture in ceramica realizzate durante un soggiorno a Cuba.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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