Brain Drain. Parola a Elisa Giardina Papa

Il sistema accademico americano e la devastazione in atto compiuta dal presidente Trump. Ma anche esempi virtuosi e viziosi di come funziona la cultura in Italia. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con Elisa Giardina Papa, ennesimo esempio di brain drain italico.

Artista e docente universitaria, Elisa Giardina Papa si è trasferita da Milano negli Stati Uniti – da New York a San Francisco. L’ennesimo esempio di brain drain, che qui racconta di politiche culturali sulle due sponde dell’oceano.

Da quanto vivi negli Usa?
Mi sono trasferita negli Stati Uniti nel 2011 dopo aver vinto una borsa di studio per fare un master in Arte e New Media presso la Rhode Island School of Design. Dopo i due anni di master ho iniziato a insegnare alla RISD e alla Brown University, mi sono trasferita a New York e ho continuato a lavorare come artista mentre facevo la pendolare tra New York e Rhode Island per insegnare. Lo scorso gennaio ho vinto un posto di dottorato a UC Berkeley nel dipartimento di Film e Media e adesso vivo a San Francisco.

Com’è il sistema di ingaggio universitario?
Le posizioni di insegnamento a tempo determinato sono a chiamata diretta, mentre per le posizioni a tempo indeterminato è necessario partecipare a un bando. Il sistema universitario americano è prevalentemente privato: non c’è una graduatoria comparabile al sistema pubblico italiano. Ogni domanda viene considerata in base a curriculum, pubblicazioni, lettere di presentazione da parte di altri professori e, nel mio caso, carriera artistica. Per quanto riguarda la ricerca, e nello specifico il dottorato, i posti non sono molti, ogni dipartimento seleziona circa tre persone ogni anno, ma le borse di studio coprono l’intera durata dei sei anni di studio e ricerca e gli stipendi dei dottorandi sono circa il triplo rispetto all’Italia.

Qual è la distribuzione dei luoghi per ricerca e arte in Usa?
Per l’arte: New York e Los Angeles. Per la ricerca accademica: le università della costa che va da New York a Boston, che comprende università come Columbia, Yale, Brown, Harvard ed MIT, e la California con una rete di università pubbliche, tra cui UC Berkeley, UCLA, UC Davis. Le università della East Coast sono più tradizionali, quelle della West Coast più sperimentali.

Ne risente la cultura in epoca Trump?
Onestamente, in questo momento, più che complesse politiche culturali sembra di dover tornare a riaffermare i più basici e universali valori di tolleranza e uguaglianza. La manifestazione dei suprematisti bianchi, Alt-right e neonazisti a Charlottesville, in Virginia, con l’omicidio di Heather D. Heyer, è solo l’ultimo incomprensibile esempio della barbarie culturale che l’America sta vivendo sotto Trump.

Cosa ne pensi di Richard Florida?
L’ascesa della classe creativa di Richard Florida è un libro problematico che di fatto è stato utilizzato da urbanisti, amministrazioni comunali e immobiliaristi come una guida alle pratiche di gentrificazione: ovvero come trasformare la produzione collettiva di immaginario, o il capitale culturale immateriale, in capitale materiale, sotto forma di profitto per le imprese immobiliari. Nonostante lo stesso autore si sia pentito di aver scritto quel libro, la sua analisi politica ed economica è molto superficiale. Al contrario, testi nati dalla tradizione dell’Operaismo e dell’Autonomia italiana, con autori come Silvia Federici, Antonio Negri e Michael Hardt, Bifo e Matteo Pasquinelli, sono molto più utili per capire la condizione del cognitariato precario.

Elisa Giardina Papa

Elisa Giardina Papa

Qual è la tua esperienza in loco?
Nelle città americane dove ho vissuto, le politiche di gentrificazione sono state devastanti. Ho visto accadere le stesse dinamiche: interi quartieri – ad esempio Bushwick a Brooklyn o Mission a San Francisco –, prima abitati da comunità di artisti e classi meno agiate, sono stati scelti dagli speculatori immobiliari come quartieri creativi per eccellenza e la popolazione originaria è stata progressivamente sostituita, attraverso l’aumento degli affitti, dalla cosiddetta classe creativa individuata da Florida: hipster, millennial, lavoratori delle tech company ecc., prevalentemente bianchi e con altissimo potere di acquisto. Famiglie e comunità sudamericane, afroamericane e precari sono stati progressivamente spinti verso le periferie.

Mantieni rapporti con l’Italia?
Continuo a lavorare in Italia sia come artista che come accademica. Lo scorso ottobre ho partecipato alla XVI Quadriennale d’Arte a Roma, riattivata quest’anno dopo che la precedente edizione era saltata per difficoltà amministrativo-finanziarie, quindi forse un esempio riuscito di politica culturale per la promozione dell’arte visiva italiana. Questa estate ho insegnato in Sicilia a Salemi, dove abbiamo organizzato una Summer School con la Concordia University di Montréal per lavorare sull’archivio newyorchese Mondo Kim. L’archivio video, acquisito nel 2007 da Vittorio Sgarbi e Oliviero Toscani, all’epoca rispettivamente sindaco e assessore alla Cultura di Salemi, non è mai stato aperto al pubblico, quindi in questo caso un esempio di politica culturale fallimentare.

Neve Mazzoleni

www.elisagiardinapapa.org

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #39

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Neve Mazzoleni. Background di storica dell’arte e filosofa, perfezionata in management dell’arte e della cultura e anche in innovazione sociale, business sociale e project innovation. Per anni è stata curatrice ed exhibition manager della collezione corporate internazionale di UniCredit all’interno…

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