Laure Prouvost e la memoria dell’oggi

La progettazione architettonica di Diogo Passarinho dà forma, all’HangarBicocca, a uno Shed costellato. Un enorme blocco di cantiere, tempestato da antri della memoria e da schermi video che sparano immagini, come i racconti senza sosta dell’artista britannica. Tra tondini di metallo e pareti mobili, la storia familiare di Laure Prouvost si trasforma nel luogo di sospensione di un arcipelago temporale.

PAROLA ALL’ARTISTA
“Non sono sicura di poter affermare ora”, rimarca Laure Prouvost (Yeovil, 1968; vive ad Aruba e Londra), “che sia esistito un solo artista, una sola figura a spingermi, fin da piccola, a scegliere di diventare artista. Quanto, piuttosto, hanno concorso l’arte concettuale in genere e molte situazioni vissute. Mio nonno stesso forse è il principale ‘colpevole’ di tutto questo [ridendo, N. d. R.] ed è poi la figura, l’influencer al quale è dedicata “GDM – Grand Dad’s Visitor Center”. Ricordo anche che fin da piccola rimanevo sempre molto impressionata dalle immagini che avevamo in casa e che sono rimasta davvero colpita, segnata da una estesa mostra di Picasso che avevo visitato. L’arte non è mai stato il solo luogo, il solo momento dal quale ho tratto energia. Ho sempre ottenuto di più, in termini di ispirazione, dagli odori delle persone, per esempio, profumi che ne marcano la presenza. E l’arte ha rappresentato una risposta a un movimento verso il mondo, verso i sensi. Ma non è mai stata solo l’arte a influenzare la mia pratica, quanto piuttosto la letteratura, la musica, la vita stessa”.

ISPIRAZIONI IN MOSTRA
L’artista ci accoglie in mostra. Non si entra definitivamente in contatto con lo Shed se non dopo aver letto una serie infinita di cartelli, con indicazioni scritte bianco su nero; dopo aver camminato sulla superficie malcerta di una lingua gigante; dopo essere passati al di sotto di due enormi seni, sospesi a mezz’aria; e, dopo aver sorpassato una muraglia continua, formata da una griglia in tondino di ferro, si arriva a pochi passi di distanza da The Wanderer (God First Hairdresser / Gossip Sequence), del 2013. Un ambiente ad angolo che riproduce il set di un negozio da barbiere in cui è possibile accedere per guardare un video; evitando di inciampare nella maniglia di una porta, posta a pavimento. L’installazione è una delle sette parti di cui si compone The Wanderer, progetto che trasforma in immagini e sculture la surreale interpretazione de Le Metamorfosi di Franz Kafka realizzata dall’artista scozzese Rory MacBeth, che ha tradotto il libro senza sapere il tedesco e senza l’ausilio di un vocabolario. La versione di Prouvost porta all’eccesso la confusione della traduzione, dando vita a una bizzarra narrazione in cui Gregor, il protagonista, si perde in un mondo assurdo e letteralmente capovolto, tra bunker e atmosfere da Guerra Fredda e il negozio per pettinature africane di sua madre.
“Sono sempre rimasta affascinata dal cinema di Peter Kubelka, amo ancora oggi il modo in cui ha saputo raccontare l’arte e come quel che forma la nostra esperienza faccia parte del bagaglio che ci permette di leggerla, di farla nostra. Ho sempre seguito il suo modo di formare un gusto nei confronti dell’arte, un’attitudine che arriva lontano, e che si coltiva fin dal momento in cui si diventa bambini e consapevoli di quel che ci fa piacere, che ci fa crescere. Le sue non sono mai solo visioni”, conclude l’artista.

Laure Prouvost – GDM. Grand Dad’s Visitor Center - installation view at HangarBicocca, Milano 2016

Laure Prouvost – GDM. Grand Dad’s Visitor Center – installation view at HangarBicocca, Milano 2016

MEMORIA E MODELLI
La vincitrice del Turner Prize, nel 2013, si trova al centro di quindici lavori, tra installazioni, video su monitor e proiezioni, sculture e oggetti del proprio retaggio familiare, che ricompongono il cantiere-fondamenta di un museo dedicato al nonno dell’artista. Sebbene la non-linearità della memoria proponga una lettura in apnea di raccolte di immagini, di geografie, di identità, di recessi di vite trascorse, dove architettura e contenuto si integrano a vicenda. Finzione, non-senso, mondi immaginari, tra incubo e sogno, sovvertono la realtà dell’esperienza quotidiana e delle sensazioni umane. I suoi progetti uniscono un’estetica naïf e bric-à-brac, oggetti ordinari, installazioni labirintiche e architetture instabili a un utilizzo affastellato della tecnologia.
“Eppure non solo John Latham”, prosegue Laure Prouvost, sull’eredità e le fondamenta di GDM – Grand Dad’s Visitor Center, “rientra a far parte di questo lavoro. L’ho assistito per oltre cinque anni e oggi posso considerarlo quasi alla stregua di un uomo come mio nonno. Rappresenta un importante aspetto della mia vita. Il suo lavoro sul cosmo, come entità composta da una serie dieventi che succedono, che semplicemente si presentano, accadendo secondo imperscrutabili fenomenologie, mi ha fatto comprendere quel che realmente c’è e quel che poi è destinato a scomparire. Devo ricordare anche sua moglie Barbara, che è stata fondamentale per il mio percorso. Attraverso di lei, attraverso i suoi racconti, ho per la prima volta considerato il ruolo e la posizione della donna nella storia dell’arte”.

Laure Prouvost – GDM. Grand Dad’s Visitor Center - installation view at HangarBicocca, Milano 2016

Laure Prouvost – GDM. Grand Dad’s Visitor Center – installation view at HangarBicocca, Milano 2016

TRA IERI E OGGI
In GDM – Grand Dad’s Visitor Center il percorso espositivo non si manifesta come una misurazione del vuoto, sulla base di stratificazioni mnemoniche, ma si sviluppa come rimescolamento di aree sensoriali e di direttive razionali, impulsi che uniscono due emisferi espositivi in cerca di identità (I Need to Take Care of My Conceptual Grandad, 2010). Componenti che prendono vita all’interno di ambienti stranianti e atmosfere paradossali: un salone di bellezza, superfici specchianti, stanze inclinate e spigolose, corridoi bui e labirintici, un’area in cui viene offerto il tè e una zona per il karaoke. La mostra è dunque la resa interiorizzata e internata di un mise en abîme, in un museo di un museo di un museo, dove enormi finestre video, alla scoperta di un artista concettuale dimenticato (The Artist, 2010; Wantee, 2013 e Grandma’s Dream 2013, quest’ultimo mostrato all’interno della camera da letto della nonna) raccontano la complessità dei giorni presenti.

Ginevra Bria

Milano // fino al 9 aprile 2017
Laure Prouvost – GDM. Grand Dad’s Visitor Center
a cura di Roberta Tenconi
HANGARBICOCCA
Via Chiese 2
02 66111573
[email protected]

www.hangarbicocca.org

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/56937/laure-prouvost-gdm-grand-dads-visitor-center/

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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