Il Pollaiolo ha progettato quattro palazzi rinascimentali in Italia. La storia
Non solo pittore, scultore, incisore e cartografo ma anche architetto. Antonio del Pollaiolo fu davvero un uomo rinascimentale in piena regola, un artista a tutto tondo e i disegni su un antico codice urbinate lo confermano...
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Altrove ho scritto sulla misconosciuta attività di architetto di Antonio Benci detto Pollaiolo (Firenze, 1431 circa – Roma, 1498), noto come pittore, scultore, incisore, cartografo. E il Codice Urbinate Latino 1397, custodito alla Biblioteca Apostolica Vaticana, conferma quanto sostenuto con una serie di disegni architettonici, attribuiti ad anonimo, in cui è tuttavia riconoscibile la mano di Antonio del Pollaiolo. Alberi, foglie e frutti di fico ne sono l’inconfondibile cifra stilistica come testimoniato anche dallo stemma sulla tomba dell’artista che presenta per l’appunto una ghirlanda di foglie e frutti di fico. I disegni del codice 3197, pur non presentando fichi, hanno lo stesso stile e, verosimilmente, sono il prodotto della mano di Paolo di Giovanni Sogliani (Firenze, 1455-1522) che nel 1477 prese in mano la bottega del Pollaiolo in via Vacchereccia. Nel Codice Urbinate 1397, i disegni di specifica tecnica architettonica sono attribuibili alla cerchia di Francesco di Giorgio Martini (Siena, 1439-1501) e furono realizzati per le formelle che correvano un tempo lungo il perimetro del Palazzo Ducale di Urbino, oggi poste all’interno.
I disegni di Antonio del Pollaiolo per quattro illustri palazzi rinascimentali
La Villa di Rusciano a Firenze
In ordine cronologico, il primo disegno riguarda la ristrutturazione della Villa di Rusciano a Firenze: il disegno, più che un progetto, è una narrazione storica. La Villa di Rusciano è un ameno possesso situato subito fuori delle vecchie mura di Firenze, nella zona di Santa Maria a Montici. Tra il 1472 e il 1498 è appartenuta a Federico di Montefeltro e a suo figlio Guidobaldo.
La Villa di Rusciano (e molto altro) in dono a Federico di Montefeltro
Dopo aver ricevuto in dono la Villa dalla Repubblica Fiorentina per il successo militare di Volterra, il Conte di Urbino diede subito l’incarico al Pollaiolo di ristrutturarla secondo i gusti della Borgogna, inserendo nel progetto la realizzazione di un’inimitabile Cappella che non fu mai portata a termine a causa della congiura dei Pazzi e della guerra che ne seguì. Nella Cappella doveva comparire lo struzzo, simbolo araldico in cui il Montefeltro si riconosceva.

Il disegno del Codice Urbinate Latino 1397 BAV (Foglio 23r)
Il disegno del codice urbinate 23R mostra la nave-progetto che descrive la donazione dell’immobile. Le spade in basso a sinistra provano che la Villa fu il dono per l’impresa militare di Volterra; così come il tavolo tra due delfini su cui è poggiata una coppa. Sopra, sulla destra, due riquadri sembrano riprodurre gli atti di donazione della Villa di Rusciano a Federico di Montefeltro. La cui pianta, recante la ristrutturazione progettata dal Pollaiolo è riprodotta ancora sopra. Il disegno illustra le modifiche in pianta, incentrate sul prolungamento rettangolare dell’originaria struttura a quadrilatero. Interventi realizzati secondo il gusto del Duca di Urbino, ispirato ai principi architettonici di Leon Battista Alberti (guidati dall’occhio alato) e al gusto ridondante della Borgogna (il Delfinato, per l’appunto rappresentato dai delfini).

I dettagli nel disegno di Antonio del Pollaiolo
Nel disegno 23R del Codice Urbinate 1397 campeggiano la testa e il collo di uno struzzo legato, all’albero di fichi (Antonio) e al pennone sullo sfondo. Un riferimento ai doni su cui è intervenuta la stessa mano. Nell’estroflessione curvilinea in alto a sinistra è presente un riquadro da riferirsi ad una struttura architettonica che si congiunge idealmente con lo struzzo: è la Cappella di Rusciano, ove lo struzzo rappresentava l’emblema del Conte sul fronte di ingresso. Tornando ora ai due delfini si nota che quello a destra di chi guarda è imbronciato e la sua coda termina con fogliame indistinto; l’altro è sereno e la sua coda termina con una foglia di fico; a simboleggiare l’uno il disagio provocato al Conte dal sacco di Volterra; l’altro il rasserenamento d’animo generato da un’opera di Antonio del Pollaiolo (la foglia di fico sulla coda). La presenza della cornucopia, in alto a sinistra, enfatizza l’aumento di valore acquisito dall’immobile con la ristrutturazione del Pollaiolo.

Il Palazzo Ducale di Gubbio
Il disegno mostra la nave-progetto della realizzazione del Palazzo Ducale di Gubbio. Il comandante a prua è ovviamente Federico di Montefeltro che indossa l’elmo con il riccio, così come lo ha realizzato Antonio del Pollaiolo. Nel riquadro sottostante spicca il Grifone Volterrano, in omaggio all’impresa che consentì al Conte di edificare importanti palazzi in funzione di una futura nomina ducale. Tra Federico e il Grifone sottostante compare il muso di un lupo famelico che si lecca le labbra pregustando la preda: è il lupo di Agobbio che terrorizzava uomini e animali, trasformato per intervento di Francesco d’ Assisi in un mansueto cagnone. Il palazzo edificato è, pertanto il Palazzo Ducale di Gubbio: il Pollaiolo firma il progetto mettendo una foglia di fico alla coda del delfino. L’opera, secondo i desiderata di Federico, risponde ai principi albertiani e al gusto del Delfinato. In basso a sinistra una serie di chiodi attesta l’impegno del Pollaiolo nel progetto, di cui ha gestito personalmente la costruzione. A poppa della nave-progetto compare un secondo Grifone: è il Grifone perugino, perché anche Perugia ha come stemma il fantastico animale: una presenza che indica come, con il Ducato e il Palazzo di Gubbio, Federico da Montefeltro avrebbe esercitato la sua supremazia su tutto il Centro-Italia. Il Palazzo Ducale di Gubbio è stato nei secoli completamente depauperato degli arredi; come unica testimonianza rimane un finestrone rimosso dalla sede naturale e appeso in un salone, su cui i fanciulli danzanti sono di chiara matrice pollaioleschi, assimilabili ai Nudi Danzanti di Villa della Gallina a Firenze.
Il Convento di Santa Chiara in Urbino
Il 6 luglio del 1472 muore a Gubbio Battista Sforza, l’amata consorte di Federico di Montefeltro. Battista, terziaria francescana, lasciò la disposizione di essere gettata nella fossa comune delle Clarisse del Monastero di Santa Chiara. Il Conte di Montefeltro, molto scosso dalla perdita della sposa, in suo onore programmò una grande ristrutturazione del Convento. Il progetto ha avuto la grande novità delle due ali proiettate sul territorio. La soluzione sarà ripetuta per il Palazzo del Belvedere in Vaticano, progettato Antonio del Pollaiolo come riportato Vasari. Nel foglio del Codice Urbinate 1397 della Biblioteca Apostolica è elaborata cripticamente la paternità di Antonio del Pollaiolo su Santa Chiara: la nave-progetto presenta a prua l’aquila federiciana che indica la guida diretta dell’opera da parte del Montefeltro. Di Santa Chiara si trova soltanto la linea di finestroni dell’ultimo piano che fungono, nel disegno, da corpo della nave; il timone esce dalla bocca di un mascherone, emblema di Antonio del Pollaiolo che seguì il progetto a distanza, gestito in prima persona da Fra’ Carnevale. Pollaiolo intervenne tuttavia per tutte le problematiche, come ricordato da due mensole che sorreggono il simulacro di Santa Chiara. La presenza del delfino e dell’occhio alato di Alberti attesta che il progetto ha seguito i due indirizzi architettonici richiesti dal Montefeltro. La nave-progetto è salpata per onorare Battista: la corda prima di finire nell’ancora presenta l’anello nuziale della defunta sposa. Sopra di lei, a poppa emergono sei estroflessioni, tre più alte in basso e tre più basse in alto: sono i sei figli di Federico, tra cui Guidobaldo, l’unico maschio, contrassegnato a destra da una rigatura.
La Villa di Poggioreale nel progetto di Antonio del Pollaiolo
Nel 1487 Ferrante d’Aragona affida al figlio, Duca di Calabria, l’incarico di costruire una grandiosa residenza nella zona di Poggioreale subito fuori Napoli. Il Duca di Calabria con espropri forzati riuscì a creare una grandiosa area di rispetto, per cui l’immobile ha assunto una straordinaria importanza. La Villa di Poggioreale purtroppo oggi non esiste più: ripetute vicissitudini con danneggiamenti e ricostruzioni ne hanno comportato la distruzione alla fine del Settecento. Il Duca di Calabria dette l’incarico per la costruzione della Villa al fiorentino Giuliano Da Maiano, che propose un progetto realizzato a Firenze. Altrove si è già parlato dei legami che vi sono stati tra i Da Maiano e Antonio del Pollaiolo che, nel citato disegno del Codice Urbinate 1397, rivendica il progetto della Villa di Poggioreale. La nave-progetto mostra a prua il Re di Napoli, mentre, nella parte superiore l’elmo rappresenta che le opere architettoniche di Federico di Montefeltro furono di ispirazione per i reali napoletani. A poppa, appare una belva feroce: è il Duca di Calabria con il suo carattere tremendamente aggressivo.
La Villa di Poggioreale ha dei simulacri di torri agli angoli, richiamati al centro del natante soltanto per la parte più alta; vi è anche una piccola costruzione sull’impugnatura del timone che forse vuole ricordare la progettazione di una struttura minore antistante la Villa. Il timone della nave è attraversato da una testa di leone, testimonianza del fatto che la costruzione fu gestita dal fiorentino Giuliano Da Maiano, della cui città il felino è simbolo. In basso a destra tra un indistinto fogliame compare una foglia di fico con cui Antonio del Pollaiolo rivendica il disegno dell’opera, ulteriormente confermato dai bulini nella parte bassa. Il disegno trova riscontro nelle formelle del Palazzo Ducale di Urbino, una presenza che induce a posticipare la datazione delle formelle, al momento attestata tra il 1480-’82 in prossimità del 1487.
Massimo Giontella
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