Otto anni a Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli. Intervista di fine mandato a Andrea Bruciati

Sono trascorsi otto anni da quando Andrea Bruciati ha assunto l’incarico di direttore di uno dei siti più complessi di Italia. Ora va via per scadenza pur – incredibilmente - non avendo un sostituto. Lo abbiamo intervistato allo scadere del suo mandato

Il percorso del curatoreAndrea Bruciati parte dall’esperienza della direzione della Galleria Civica di Monfalcone per poi approdare alla direzione di ArtVerona, fiera della quale ha contribuito, insieme al team di allora, a ridefinire identità e formato. Da marzo 2017, con il bando dei Superdirettori di Dario Franceschini, arriva alla guida di Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, occupandosi di ben cinque siti importantissimi del nostro Paese nel Lazio. Oggi dopo otto anni di direzione, a fine mandato, raccontiamo il percorso fatto fino ad oggi.

Intervista ad Andrea Bruciati

Partiamo dall’inizio-inizio? Cosa hai fatto prima di arrivare a gestire questo mega museo di Tivoli?
Mi sono da sempre occupato di ricerca e sperimentazione, prima a Monfalcone e poi a Verona, dando inizio ad un percorso o risollevando le sorti qualitative di una manifestazione: alle Villæ ho operato in entrambe le direzioni con grande spirito di servizio perché il Pubblico rappresenta una sfida sbalorditiva e concreta se si vuole agire nel cuore della collettività. Ho lavorato in amministrazioni pubbliche e per enti privati sempre con l’idea di sperimentare, di cambiare i palinsesti, far crescere le istituzioni, sviluppare progetti e seminare per il futuro. Un’operazione maieutica a tutti gli effetti, maturata partendo dai giovani artisti.

Mi ricordo i tempi del concorso: eri sicurissimo di non essere selezionato. E invece…
Ancora non ho capito se sono stato selezionato perché potevo essere una scommessa o un azzardo. Spero di aver comunque dimostrato di aver vinto la prima con una visione, per molti azzardata ma necessaria.

Che situazione hai trovato all’epoca? Quali erano i punti di forza e le criticità?
All’epoca c’era un senso di apertura per noi ‘tecnici esterni’ rispetto all’allora sistema vigente: l’opportunità di vedere con occhi ed energie nuove questi palinsesti eccezionali e scoprirne i tesori grazie a una diversa narrazione e fresche energie. Nello specifico tiburtino si trattava di traghettare un patrimonio diacronico straordinario del nostro Paese, non a caso dell’umanità, verso un nuovo e vivificante dialogo col mondo e con la sensibilità contemporanea. Io ho scoperto giorno dopo giorno luoghi, in cui intervenire fenomenologicamente camminandoci assiduamente dentro, stratificati e assoluti nella loro bellezza ma necessitanti di tanta, tanta estrema cura. Mi sono donato completamente, come in ogni storia d’amore.

Parliamo degli obiettivi che ti sei dato e che sei effettivamente riuscito a realizzare.
Volevo confrontarmi con l’anima di questi luoghi e con poesia e leggerezza cambiarne la frequenza profonda. Sono organismi complessi e vivi che necessitano di densità in sensibilità e rispetto. Per me oggi Adriano e Ippolito sono compagni di strada e avverto la loro riconoscenza perché ne ho rispettato i sogni, tutelando le loro volontà e aggiornando la loro utopia di bellezza. La percezione dell’Istituto come fucina di idee, laboratorio sociale e cantiere di produzione culturale è andato in questa direzione: le decine e decine fra rassegne, iniziative, incontri, mostre ideate e organizzate, nonché le ricche pubblicazioni scientifiche di approfondimento e i convegni internazionali multidisciplinari hanno mostrato le Villæ quali luoghi di eccellenza dove la cultura è sentita, partecipata, coinvolgente, stimolante: in una parola, attiva.

Villa dEste a Tivoli Otto anni a Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli. Intervista di fine mandato a Andrea Bruciati
Villa d’Este a Tivoli

Con quali risultati?
L’apertura museografica degli spazi dei Mouseia e il percorso Yourcenar a Villa Adriana, il Depot, l’Orrido Piranesi e l’Aula Pecus al Santuario di Ercole Vincitore e il criptoportico della Fontana dell’Ovato e l’ultima gemma, la mia Grotta di Diana a Villa d’Este, sono i regali che ho appena lasciato ai nostri futuri visitatori.

Parliamo invece delle cose che avresti voluto fare ma non ce l’hai fatta. E perché.
Ho dovuto accettare il fatto che di fronte all’immenso e all’eterno noi siamo destinati a scrivere cose incompiute e dobbiamo accettarlo: celebriamo i risultati e le vittorie ma sappiamo che non potremo mai arrogarci del termine ‘compiuto’. Ricordo l’adagio scolastico: Prima non datur, Ultima non recipitur. Tanti sono stati gli ostacoli quotidiani che mi hanno però permesso di sentirmi oggi molto più completo professionalmente e di certo un unicum nel panorama nazionale: più di duemila anni di storia in continuità, settori gestionali e di studio che passano dall’antropologia fisica all’arte contemporanea, dall’archeologia alla storia dell’arte, dai monumenti architettonici al restauro e alla catalogazione fino alla policentrica e circolare ricchezza del patrimonio verde, per non parlare poi dell’hub tiburtino. Certo, non sono purtroppo riuscito a realizzare che il 10% dei progetti che avevo messo in cantiere ma sono sempre stato libero intellettualmente: in fondo ho dato avvio alle attività con un omaggio a Patty Pravo (E dimmi che non vuoi morire) e terminato con Lucio Dalla (Futura). Chi può dire altrettanto.

In questi anni avresti potuto decidere di stabilirti a Roma salendo al museo solo per gli impegni di lavoro e invece sei rimasto tutto il tempo a Tivoli. Che anni sono stati?
Ho vissuto questo incarico come una sorta di investitura da epopea cavalleresca (anzi, più precisamente ariostesca, un novello Astolfo), mettendomi al servizio di meraviglie cangianti e anfibie, di un patrimonio che ho fermamente voluto fosse condiviso da tutti e per tutti (anche gli animali erano ben accetti e avevano un biglietto gratuito dedicato). Sono stati anni in cui ho coltivato una passione giorno dopo giorno in funzione della comunità e posso serenamente dichiarare che non mi sono risparmiato in nulla. La percezione di Tivoli è cambiata.

Villa d'Este a Tivoli
Villa d’Este a Tivoli

Hai governato un museo gigantesco e famoso in tutto il mondo grazie agli strumenti messi a disposizione dall’autonomia museale pensata anni fa da Dario Franceschini. Pregi e mancanze di questa configurazione.
Credo che la nostra società meriti proposte culturali all’altezza di patrimoni straordinari come le Villæ, cinque siti che io ho avuto l’onore di gestire. Chiedo più visione e coraggio oggi perché le rivoluzioni non possono essere solo accennate altrimenti così la crescita è solo parvenza mentre la corrosione è dall’interno.

Convincere le grandi aziende private ad investire è più facile quando si è in contesti di maggiore visibilità come Roma o Milano. O magari a Pompei. A Tivoli sei riuscito a catalizzare l’attenzione di qualche sponsor in questi anni?
Le Villæ (Villa Adriana, Villa d’Este e quella che io considero ancora la Villa di Mecenate – Santuario di Ercole Vincitore ndr) sono veramente un altro pianeta, extraterrestri ma nel contempo principio: sono luoghi comunicanti e circolari, pertanto necessari ad un’idea di futuro, soprattutto per questo Paese. Ritengo che vada riscoperto quel valore antico che proprio l’Italia ha esportato nel mondo, valore della committenza e del mecenatismo illuminato, perché senza questi due fondamenti il connubio pubblico / privato rischia di non funzionare al meglio, per via di stonature e fraintendimenti. Ho comunque cercato interlocutori intelligenti e creativi in aziende sensibili al bello e li ho trovati in Moroso, Fendi e Dolce & Gabbana.

Oltre ai privati come è andata in questi anni coi finanziamenti pubblici speciali tipo PNRR e altro?
Stiamo rispettando le tempistiche e i conti sono a posto anche grazie ad un ufficio amministrativo encomiabile.

Provenivi come ci hai raccontato dal mondo dell’arte contemporanea e all’arte contemporanea hai dedicato molte mostre a Villa d’Este in questi anni. Come sono state recepite?
Per me è stato naturale operare in un ecosistema così stimolante per la sua biodiversità culturale e che non aspettava altro: in fondo è coerente cambiare ogni paradigma in luoghi che sono stati pionieristici per i loro tempi, offrendo ovviamente tutti gli strumenti per l’ascolto e il dialogo con chi ci visita. L’apprezzamento venuto soprattutto da oltrefrontiera, penso al gemellaggio UNESCO da me fortemente voluto con il Palazzo d’Estate di Pechino, ne sono una conferma tangibile. Chi crede che operare nella cultura sia conoscenza e cura del mondo che continua a cambiare (kerukeion) ha capito quale fosse il mio obbiettivo.

Il tuo mandato finisce ma non c’è un direttore in sostituzione. Non hai un vero e proprio successore a cui lasciare le consegne. Come mai è accaduto questo? Non è un rischio per il museo e per i progetti in corso?
È inutile il nostro intervento quando non serve alle generazioni future e non è funzionale alla definizione dell’identità di una nazione. Credo che solo se ritroviamo quelle radici grazie alle quali siamo ciò che siamo diventati, allora sì possiamo immaginare di reinventare un futuro. Credo che la nostra cultura, vorrei ricordarlo unica al mondo, meriti di essere la notizia di apertura di un telegiornale e non il corollario di una partita di calcio.

Dopo questa importante esperienza come vedi il prosieguo della tua carriera?
Sono pronto per un’altra sfida e spero di innamorarmi di nuovo. Proprio com’è successo a Tivoli.

Massimiliano Tonelli


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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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