La Fase 3 dei Musei italiani: intervista a Flaminia Gennari Santori

La direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini a Roma racconta la ripartenza. Emozionante, ma non sempre facile

1400 visitatori in due week end di riapertura, tanti progetti, mostre prolungate, personale sotto organico, minori introiti: è una altalena tra buone notizie e problematiche da affrontare quella tracciata da Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini, tra le più belle istituzioni della Capitale. Uno scenario, però che riguarda la maggior parte dei Musei italiani dopo un mese di riapertura in epoca post Covid-19….

Il Ministero aveva dato la possibilità di riaprire il 18 maggio. Avete invece riaperto l’11 giugno. Quali sono state le prime difficoltà che avete dovuto affrontare?
In realtà il Ministero indicava il 18 maggio come data di partenza ma, come ben sa, quasi nessuno è riuscito ad aprire quel giorno. Dopo un attento lavoro che ha impegnato da metà aprile i musei, abbiamo ricevuto le disposizioni per le modalità di riapertura all’inizio di maggio. Successivamente abbiamo dovuto prendere decisioni e acquistare le strumentazioni. Sono contenta di aver aperto un po’ dopo, per darci del tempo e riappropriarci tutti delle nostre abitudini. In otto giorni di apertura abbiamo avuto 1400 visitatori, un dato abbastanza rinfrancante che dà il senso di un piacere rinnovato a rifrequentare i musei. 

Quale è lo scenario che lei si è trovata davanti rientrando al lavoro?
Non abbiamo mai smesso di lavorare, né il personale di vigilanza, né quello degli uffici. Sicuramente riaprire è stato molto importante dal punto di vista psicologico, ci ha molto sollevato. Adesso stiamo cercando di comprendere cosa succede, adottando noi, come molti altri, un orario relativamente ridotto, con l’intenzione di procedere in modo flessibile non rinunciando a fare progetti.

Orazio Borgianni, Un genio inquieto nella Roma di Caravaggio, installation view at Palazzo Barberini, Roma 2020, photo Alberto Novelli

Orazio Borgianni, Un genio inquieto nella Roma di Caravaggio, installation view at Palazzo Barberini, Roma 2020, photo Alberto Novelli

In questo momento ci sono due mostre in corso prorogate fino all’autunno. Come avete gestito ad esempio la questione dei prestiti?
C’è stato un accordo tacito a livello mondiale: tutte le estensioni e proroghe chieste a noi sono state concesse e noi abbiamo fatto lo stesso con le altre istituzioni. 

C’è il prestito “pesante” della Fornarina di Raffaello, infatti
Sì, ma abbiamo tutti ragionato in questo senso. C’è stata una grandissima collaborazione per far quadrare il tutto. Questo ovviamente si riverbera su tutti i nostri calendari per i prossimi due anni almeno. Con uno scenario che cambia continuamente è tutto un po’ più complicato, ma l’attitudine è quella di aiutarci l’un l’altro.

Questa solidarietà tra musei c’era già prima?
I musei sono sempre stati solidali. Ad esempio adesso uno straordinario Rembrandt, che esce raramente dall’Olanda, è in mostra alla Galleria Corsini. Francamente questa solidarietà la riscontro e la riscontravo già prima, sicuramente a livello internazionale. In Italia è tutto un po’ più complicato perché abbiamo urgenze diverse e programmazioni meno a lungo termine dei colleghi stranieri. Ma l’intenzione c’è…

Tornando a noi, come è la situazione del personale?
Il nostro personale di sala era felicissimo di riaccogliere il pubblico.  Abbiamo cambiato gli orari anche per permettere al personale di avere maggiore agio: pensate che indossano una mascherina per otto ore… Ad ogni modo ci sono ancora diverse problematiche da affrontare: tutti i musei hanno un personale di custodia con un’età media elevata; molti stanno andando in pensione e non sono ancora stabiliti i tempi del concorso del Mibact per reintegrarlo.
Capisco benissimo che portare avanti un concorso durante il lockdown non sarebbe stato semplicissimo, ma ovviamente tutta una serie di processi che finalmente si erano messi in atto ora si sono congelati e con questo ritardo siamo un po’ in affanno.

L’enigma del reale. Exhibition view at Gallerie Nazionali di Arte Antica – Galleria Corsini, Roma 2019. Photo Alberto Novelli

L’enigma del reale. Exhibition view at Gallerie Nazionali di Arte Antica – Galleria Corsini, Roma 2019. Photo Alberto Novelli

Si tratta comunque di una problematica preesistente al Covid-19…
Sì, sulla carta ci mancano quasi una trentina di lavoratori di quel profilo. Oggi abbiamo inoltre problemi nuovi. 

Ovvero?
Come può immaginare noi arrivavamo a generare con i nostri introiti quasi la metà delle spese operative: ora siamo in ginocchio. Quest’anno sarà un massacro, ovviamente non solo per noi. È un fatto che abbiamo chiuso nei mesi che di solito sono di maggior affluenza. Oggi non possiamo più contare sul grande afflusso turistico internazionale e bisognerà dunque fare un ragionamento strategico anche a lungo termine per garantire la sostenibilità del museo. Quello dei musei rappresenta un settore sano dell’economia, forse tra i più promettenti del paese e va preservato.

Come si esce da questa situazione?
Penso con un cambio di paradigma. Con una prospettiva che non è più dall’alto verso il basso, di finanziamenti a pioggia, ma ascoltando chi opera nel settore.  Ad esempio il Mibact ci dà i finanziamenti anno per anno, ma la progettazione di un museo è al minimo triennale e avere un’idea più ampia delle nostre possibilità ci darebbe maggior respiro, aiutandoci anche a valorizzare il rapporto con il concessionario di servizi. Penso che avremo davanti due anni difficili e che poi le cose si sistemeranno. 

Come si sistemeranno? Con le stesse modalità di prima?
Dei cambiamenti ci saranno. Ad esempio il format della mostra blockbuster, già fortemente ridimensionato prima del Covid-19, tenderà a sparire. Forse anche perché le persone hanno ricominciato a frequentare i musei per le loro collezioni, oltre che le mostre. Nell’istituzione che dirigo, per dirle, dal 2016, anno in cui ha avuto iniziato il mio incarico, c’è stato un incremento del 25%. Non solo stranieri, si intenda, ma anche italiani e romani. Credo che il turismo di massa ci metterà un po’ di tempo a ripartire e forse non è auspicabile che riparta in quelle dimensioni. Sono sicura che la gente ricomincerà a viaggiare, magari apprezzando un turismo un po’ più lento, più attento alla qualità dei contenuti. Questo processo andrà aiutato con un grande lavoro anche nel campo del digitale.

Come? Con i virtual tour?
Il digitale sarà fondamentale nelle attività di bigliettazione, prenotazione, gestione spazi interni… esploderà! Stanno uscendo un sacco di app che mappano l’affollamento delle sale, ad esempio, e che possono servire per facilitare una sorveglianza remota in maniera intelligente. Ma non credo che il tour virtuale sarà il futuro. Bisogna lavorare invece sull’interazione. 

Come è Roma in questi giorni?
È bella. Mi sembra la Roma degli anni Settanta, di quand’ero bambina. È accogliente e ci stiamo un po’ riappropriando della città. Non è una visione malinconica, non è triste. Vedere le persone che tornano alla città e alle sue bellezze… è veramente meraviglioso. Tre giorni fa ero in cima alla Cupola di San Pietro dove non andavo da quando ero piccola. Si entra a San Pietro e si sta più o meno da soli, riesce a immaginarlo? È incantevole. Se riuscissimo a riflettere un po’ più in profondità, usciremo bene da questa cosa.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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