Andrea Mantegna, fra antico e moderno. Una guida per prepararsi alla mostra torinese

In attesa della riapertura della mostra a Palazzo Madama, a Torino, qualche spunto per sapere qualcosa di più su Andrea Mantegna e prepararsi alla visita.

Andrea Mantegna (Isola di Carturo, 1431 ‒ Mantova, 1506), artista cardine dell’Umanesimo, è sbarcato al Palazzo Madama di Torino. Abbiamo visitato la mostra con la curatrice Sandrina Bandera che, insieme al curatore Howard Burns e al consultant curator Vincenzo Farinella, ha permesso a un corpus ampio e complesso di capolavori e testimonianze di rappresentare perfettamente il fiorente clima culturale di cui è intrisa la biografia dell’artista. La ricercata selezione e il raffinato percorso espositivo fanno risaltare alcune caratteristiche di Mantegna qui riassunte in quattro punti.

I MAESTRI E I MODELLI

Mantegna fu allievo del pittore Francesco Squarcione, a Padova, per sei anni. Il metodo di insegnamento di Squarcione consisteva nel far copiare ai suoi allievi disegni raccolti nella propria collezione di arte romana imperiale. A metà tra il gotico e il classico, educava alla composizione e alla resa dei volumi partendo da statue e rilievi antichi – probabilmente di gesso, a modello degli originali, come scrive Vasari nelle Vite. Tale formazione ha reso Mantegna “uno scultore in pittura” (Ulisse degli Aleotti). Ma non solo. Come afferma Bandera:
“La bottega di Squarcione era frequentata da docenti dell’Università di Padova, che era un fervido centro accademico per i cultori della matematica e della filosofia aristotelica. Padova raccoglieva le personalità più brillanti d’Europa: un esempio è Donatello, che da Firenze arriva in città nel ’43. Mantegna è perciò entrato in rapporto con gli umanisti più importanti dell’epoca”.
Nonostante l’impostazione squarcionesca, Mantegna è riuscito quindi a captare riferimenti e influenze differenti dalla mera osservazione dei modelli classici: da Donatello apprese la forza dell’antico interpretata in termini di naturalismo e la prospettiva, a sua volta tradotta da Leon Battista Alberti; da Paolo Uccello derivò la sua attenzione alle novità del Gotico Internazionale; di Andrea del Castagno (uno dei protagonisti della pittura fiorentina del XV secolo insieme a Beato Angelico, Filippo Lippi e Domenico Veneziano) studiò il chiaroscuro espressivo e drammatizzante. Tutto ciò si amalgama e fiorisce al meglio nella personale sintesi di Mantegna.

Andrea Mantegna. Rivivere l’antico, costruire il moderno. Exhibition view at Palazzo Madama, Torino 2019. Photo Perottino

Andrea Mantegna. Rivivere l’antico, costruire il moderno. Exhibition view at Palazzo Madama, Torino 2019. Photo Perottino

I LEGAMI CON IL POTERE

Mantegna è stato un fuoriclasse amato in contesti eterogenei. Dall’ambiente ferrarese di Lionello e Borso d’Este a ben tre generazioni di Gonzaga, l’artista ha saputo accontentare potenti dal calibro europeo senza mai piegarsi, istituendo con loro un dialogo alla pari. Sembra ovvio, oggi, ma ai tempi artista e committente spesso nemmeno si incontravano:
“Gli Sforza, ad esempio, seguivano un approccio ancora ‘tardo gotico’: per parlare con gli artisti avevano il gadio, architetto che svolgeva la funzione di intermediario tra artista e committente. I Gonzaga, invece, addirittura disegnavano insieme agli artisti e compravano i colori per i loro pittori! Sono rimaste delle lettere dove Ludovico Gonzaga chiede personalmente la calcina per conto di ‘maestro Andrea’. La figura dell’artista era elevata così alla stregua di quella di un capo politico”, sottolinea la curatrice.
Riguardo ai Gonzaga, Mantegna si era trasferito a Mantova e aveva assorbito l’ambiente culturale dei suoi signori, arricchendosi di privilegi e prestigio sociale. “Questo clima era merito dell’educazione umanista impartita a Ludovico Gonzaga, che aveva frequentato la scuola mantovana di Vittorino da Feltre. I ‘compagni di classe’ erano personalità quali Federico da Montefeltro e Gregorio Correr. Ludovico era un uomo intelligente che si era circondato di intellettuali e artisti importanti (uno tra i tanti, Leon Battista Alberti); era un mecenate tra le città che diventeranno le più importanti del Rinascimento (merito anche dei suoi legami politici, come l’alleanza con Cosimo de’ Medici). Mantegna ha vissuto in questa rete che collegava gli Stati, al di là delle differenze politiche. La scrittura diffondeva idee e informazioni: Mantegna sapeva interloquire vantaggiosamente con l’Italia dei letterati, poiché la sua erudizione era fervida e aggiornata”.
Dei ritratti in mostra, il più affascinante è sicuramente quello del Cardinale Ludovico Trevisan (1459-60 ca.). Il veneziano Trevisan fu medico, cardinale e camerlengo, ma anche capo militare: aveva infatti guidato le truppe papali alla vittoria contro i milanesi ad Anghiari nel 1440. Il ritratto fu realizzato in concomitanza con il Concilio di Mantova (la famosa “Dieta di Mantova”, in cui Pio II chiese fondi per intraprendere una nuova crociata contro i turchi), momento che consacrò non solo Trevisan, ma anche la città di Mantova quale centro nevralgico della politica europea.
Mantegna rappresenta il personaggio in abiti religiosi; ma lo sguardo severo e la posa di tre quarti – e non di profilo come era l’uso del tempo – permettono di compararlo ai busti antichi dei condottieri romani. La posa e l’“intenzione” del ritratto di Trevisan sono una novità nel Quattrocento, anticipata solamente dal Ritratto d’uomo di Andrea del Castagno (1450-57 ca.). La figura appare universalmente leggibile e interpretabile grazie all’immagine squadrata del busto antico. Mantegna sottrae il soggetto dall’hic et nunc e lo eleva attraverso il valore universale dell’antico e della forma architettonica. Così il gusto per l’inattuale, in Mantegna, diventa attualissimo. Perciò il ritratto è l’opera preferita da Bandera: “Questa opera mi parla. Se chiudo gli occhi, ricordo i suoi tratti alla perfezione: Mantegna è riuscito a dare un senso di astrazione, di ideale fisionomico. Era un uomo di potere immortalato nell’atto di prendere una decisione: grazie a Mantegna, è un potente che abbraccia la libertà, perché rimarrà per sempre sul punto di compiere una scelta”.

INCISIONI E DISEGNI

Lo sappiamo: la maggior parte dei non addetti ai lavori (e anche molti di essi) passa distrattamente le sezioni di una mostra dedicate a testimonianze manoscritte et similia. Non è una colpa: spesso è difficile decifrare i testi esposti, leggerli e di conseguenza capirli e apprezzarli. In questa occasione, però, la selezione degli esemplari non può non appassionare l’osservatore: “Gli scritti di Mantegna mostrano un uomo educato e affabile che intesse influenti rapporti; due lettere esposte, ad esempio, lo legano a Lorenzo il Magnifico. Colpisce la bella scrittura in calligrafia umanistica, come nello stile degli intellettuali di corte. Abbiamo voluto dare risalto alle lettere per inserire il concetto di un genere molto amato dagli umanisti, ovvero il genere epistolare (di cui è capostipite Petrarca)”, fa notare Bandera.
Inoltre, la naturale attrazione nei confronti delle incisioni di Mantegna deriva dal fatto che è possibile notarne un gesto paradigmatico e rassicurante: del nostro immaginario vi troviamo le peculiarità delle miniature medievali, il senso del mostruoso e del mastodontico; ma anche la stasi e l’ideale della misura classica. Un tratto sul filo dell’antico che si affaccia sul moderno. E non è un caso che uno dei suoi più grandi ammiratori fosse Albrecht Dürer: l’incisore tedesco aveva perfino organizzato un viaggio a Mantova apposta per conoscere il suo idolo. Purtroppo Mantegna morì prima che l’itinerario si compisse e quando Dürer lo venne a sapere affermò che era “il giorno più triste” della sua vita.

Andrea Mantegna secondo Maurizio Ceccato © Artribune Magazine Grandi Mostre, 2020

Andrea Mantegna secondo Maurizio Ceccato © Artribune Magazine Grandi Mostre, 2020

LA PERSONALITÀ

Nel catalogo un’intera sezione è dedicata alla personalità carismatica di Mantegna. Oltre alle lettere, sono interessanti i pareri e gli elogi dei letterati che lo hanno celebrato. Ariosto sottolinea la grandezza di Mantegna, pari a quella degli antichi: il poeta si sente addirittura in competizione con il pittore, sostenendo però che lui, a differenza di Mantegna, può con la sua scrittura “dipingere il futuro”. Nell’Arcadia, Sannazaro elogia il carattere “ingegnosissimo” dell’artista; Marco Businello ricorda Mantegna e Donatello come gli artisti più illustri della Storia dell’umanità; Ulisse Aleotti gli dedica alcune delle sue più eleganti terzine (La mano industriosa et l’alto ingegno, / l’immagine raccolta nel concepto / scolpì in pictura propria vita et vera) e Filippo Nuvoloni scrive che Mantegna è capace di riprodurre in terra le immagini perfette concepite nel cielo, copiando le parole che aveva scritto Petrarca in lode a Simone Martini nel Canzoniere. Mantegna è definito “incomparabile” dal poeta Feliciano; infine, Panfilo Sasso lo compara a un moderno Pigmalione, ovvero a un artista che convince Dio a dare vita alle sue opere, in una sorta di incarnazione-sperimentazione ai limiti estremi.

Federica Maria Giallombardo

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #20

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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