Raffaello & friends. A Urbino

Un intreccio di relazioni gravitava attorno a Raffaello nella piccola ma raffinata corte di Urbino, capitale dei Montefeltro. La mostra a Palazzo Ducale ripercorre il legame fra l’artista e i colleghi locali.

È uno degli artisti più popolari, da sempre riconosciuto come maestro del Rinascimento italiano e autore di opere iconiche, per secoli imitate, usate e addirittura abusate: basti pensare alla massiccia diffusione dei due deliziosi angioletti che fanno capolino dalla base della Madonna Sistina di Dresda. Nel 2020 ricorrono i 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio e la sua città natale celebra l’anniversario con una mostra allestita all’interno di Palazzo Ducale, sede della Galleria Nazionale delle Marche. Proprio in quegli ambienti – sotto la guida del padre Giovanni Santi, anch’egli pittore – il giovane artista cominciò a lavorare, trovandovi un contesto culturale di altissimo livello. La corte di Urbino, grazie alla committenza dei Montefeltro, divenne infatti verso la fine del Quattrocento epicentro delle migliori espressioni artistiche contemporanee, testimoniate dalla presenza di opere di Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, Antonio del Pollaiolo e molti altri.

PERCORSI E LEGAMI

La mostra Raffaello e gli amici di Urbino non è tuttavia una semplice celebrazione del pittore: le curatrici Silvia Ginzburg e Barbara Agosti spiegano che il progetto è stato pensato con “l’intento di raccontare il fondamentale passaggio avvenuto nella cultura pittorica dell’Italia centrale dal XV al XVI secolo così come lo presenta nelle ‘Vite’ Giorgio Vasari, seguendo i percorsi intrecciati di Raffaello Sanzio e di altri due pittori, anch’essi urbinati di nascita e suoi amici, Timoteo Viti e Girolamo Genga”, senza dimenticare altre personalità essenziali nella formazione e nell’elaborazione del nuovo stile raffaellesco, vale a dire Luca Signorelli e Perugino.
Di Raffaello sono esposti nove dipinti, tra cui la Madonna Conestabile proveniente da San Pietroburgo, la Madonna Colonna da Berlino, altre due Madonne dalla National Gallery di Londra, e ovviamente le due opere che fanno parte delle collezioni permanenti della Galleria Nazionale delle Marche, la Santa Caterina di Alessandria e il Ritratto di Gentildonna detto La Muta; ad arricchire il corpus, numerosi disegni del Sanzio prestati da importanti musei italiani ed esteri al fine di meglio illustrare l’opera dell’artista e, allo stesso tempo, di “incoraggiare nel pubblico italiano l’apprezzamento per il disegno degli antichi maestri, ancora poco diffuso”, dichiarano ancora le curatrici.

Raffaello Sanzio, La Muta, 1507, olio su tavola. Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

Raffaello Sanzio, La Muta, 1507, olio su tavola. Galleria Nazionale delle Marche, Urbino

LA GRANDE TRASFORMAZIONE

L’allestimento comprende poi opere di Luca Signorelli e Pietro Perugino, di Pinturicchio, Fra Bartolomeo, Beccafumi, Giulio Romano, Raffaellino del Colle. Ma la mostra si caratterizza in particolare per due focus che indagano “l’opera di Viti – ricordato da Giorgio Vasari come collaboratore di Raffaello nella cappella Chigi di Santa Maria della Pace a Roma (intervento che viene precisato in sede di catalogo) e per i disegni del Sanzio che figuravano nella sua raccolta e che egli utilizzò, qui in parte esposti – e l’opera di Genga, un maestro eccentrico di cui oggi i movimenti del gusto permettono di apprezzare la qualità e gli aspetti più strani”, chiariscono le curatrici. Dei tre artisti si ripercorrono la formazione e le strade successivamente intraprese: “Viti che resta sostanzialmente legato al Francia e al Perugino; Genga che acquisisce lo stile moderno nel rapporto imbastito tra Siena e Firenze con Fra Bartolomeo, con Domenico Beccafumi, poi con Raffaello; Raffaello che a Firenze reagisce alle novità di Leonardo, di Fra Bartolomeo, di Michelangelo; la mostra prosegue poi ripercorrendo l’attività di Genga in Romagna e, con due importanti esempi, di Raffaello a Roma, per concludersi sulla prima eredità del Sanzio a Roma e sui suoi esiti, via Giulio Romano, di ritorno nelle Marche”, precisano Ginzburg e Agosti, le cui ricerche misurano quella grande trasformazione che, a partire anche da Urbino, coinvolse la cultura figurativa italiana tra il Quattro e il Cinquecento.
Organizzata grazie al partenariato tra Galleria Nazionale delle Marche e Galleria degli Uffizi, Raffaello e gli amici di Urbino è inoltre l’occasione per ipotizzare nuove attribuzioni o datazioni e per condurre importanti restauri e analisi tecniche, come quelle sul prezioso stendardo di Timoteo Viti e sulla grande pala di Genga proveniente da Sant’Agostino di Cesena, entrambi conservati alla Pinacoteca di Brera, e quelle sui tondi in bronzo progettati da Raffaello per la cappella Chigi in Santa Maria della Pace a Roma, uno dei quali, realizzato da Cesarino da Perugia, è esposto a Urbino.

RAFFAELLO IN MINECRAFT

Ai più giovani la Galleria Nazionale delle Marche dedica il progetto Raffaello in minecraft, in collaborazione con Apptripper e Makercamp e il supporto di Microsoft e Cisco: attraverso uno dei videogiochi più diffusi tra i ragazzi – e si consideri che un terzo dei visitatori di Palazzo Ducale è costituito da studenti in gita scolastica, come sottolinea il direttore Peter Aufreiter –, le scuole primarie e secondarie di primo grado potranno conoscere la figura di Raffaello attraverso un approccio sperimentale, mentre la collaterale esposizione Raphael ware. I colori del Rinascimento illustra la produzione ceramica cinquecentesca e i suoi forti legami con la cultura dell’epoca, anche grazie a nuove acquisizioni.

Marta Santacatterina

Versione integrale dell’articolo pubblicato su Grandi Mostre #18

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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