La maiolica e le sue storie. A Torino

Palazzo Madama, Torino – fino al 14 ottobre 2019. Palazzo Madama propone una delle più complete mostre sulla storia della maiolica nella sua età dell’oro, dalla metà del Quattrocento alla seconda metà del Cinquecento. Un insieme eccezionale di maioliche rinascimentali prodotte dalle più prestigiose manifatture italiane: oltre duecento capolavori provenienti da collezioni internazionali e dalle raccolte di Palazzo Madama.

Se si pensa a una mostra sulla maiolica, l’argomento potrebbe apparire trito e polveroso; persino noioso, soprattutto per chi pretende di vedere ogni mese i girasoli di van Gogh proiettati sulle pareti. Eppure, la mostra L’Italia del Rinascimento. Lo splendore della maiolica racconta una storia così avvincente – e con mezzi talmente sofisticati – da attirare anche i meno fiduciosi. Innanzitutto, le vicende legate alle opere rendono ogni esemplare una novella borghese ante litteram: si passa da vicende politiche alla satira religiosa; da regali di famiglia a doni di buon auspicio; da metafore farmaceutiche ad allusioni erotiche più o meno velate.
Le raffigurazioni dipinte sulla maiolica sono sacre e profane: preti, belle donne, sposi; e tanta mitologia. La parte centrale della mostra, infatti, è tematica, dedicata cioè al significato allegorico, tra storie legate ai committenti, ai destinatari e ai ceramisti.

PAROLA AL CURATORE

La maiolica in generale è un’arte domestica” spiega il curatore Timothy Wilson, con cui abbiamo avuto la fortuna di visitare la mostra, “quando Eleonora, duchessa di Urbino, nel 1524 commissionò al celeberrimo ceramista Nicola da Urbino un servizio di piatti stemmati come dono per sua madre Isabella d’Este, le illustrazioni non furono solamente realizzate quali simboli del prestigio famigliare, ma vennero anche pensate come pretesti per conversare all’interno di un ambiente popolato da intellettuali giunti da ogni parte d’Italia e d’Europa. Inoltre, quest’arte coinvolgeva principalmente le donne: nella mostra ci sono doni per future mogli e madri. I pittori di ceramiche italiani amavano disegnare le donne: piatti e vasellame le ritraevano di profilo come nelle medaglie, accompagnate da nomi altisonanti e aggettivi quali ‘bella’, ‘diva’ e ‘graziosa’. Erano stilemi copiati dalla tradizione poetica, stilnovista prima e petrarchesca poi. In tanti modi la maiolica ci introduce più intimamente nella vita privata rinascimentale (così intimamente che a volte è al limite della pornografia!); ciò dimostra a studiosi e appassionati di storia dell’arte quanto sia seria questa espressione artistica, non si tratta solamente di decorare un oggetto. La bellezza delle storie narrate colpirà molti visitatori in maniera sorprendente”.

Piatto, Ercole e l’idra, Francesco Xanto Avelli, Urbino, 1530 ca. Collezione privata

Piatto, Ercole e l’idra, Francesco Xanto Avelli, Urbino, 1530 ca. Collezione privata

TENDENZE DELL’EPOCA

Si passa allora al secondo punto: le pitture su maiolica informano i posteri delle tendenze intellettuali e artistiche della società di media cultura, della sua percezione del mondo antico e della letteratura classica. Tre gli esempi citati da Wilson: “Le storie delle ‘Metamorfosi’ di Ovidio erano note attraverso delle edizioni popolari, tradotte in lingua italiana; la più famosa è la traduzione del 1497 di Giovanni Bonsignore, l’Ovidio Methamorphoseos Vulgare, con narrative semplificate e con xilografie che reinterpretavano l’iconografia antica, usate sia per rendere comprensibile il contenuto a un vasto pubblico, sia come modello per gli artisti, tra i quali i ceramisti Nicola da Urbino e Francesco Xanto Avelli. Altro aspetto è la diffusione dell’arte islamica: non solo lo smalto stannifero, base della maiolica, era una tecnica nata in Iraq nell’800 d. C.; ma alcuni motivi rispecchiano quelli arabeggianti già diffusi nel Quattrocento. Esisteva perciò, nel Mediterraneo, una miscela di culture che arricchiva l’arte figurativa italiana. E che dire delle incisioni da disegni di Raffaello, Giulio Romano, Parmigianino e Bandinelli? Questi modelli circolavano nelle botteghe dei maiolicari di tutta Italia, in centri nevralgici come Deruta, Faenza, Urbino, Gubbio, Venezia, Castelli e Torino”.

I COLORI RINASCIMENTALI

Terzo aspetto: la mostra è un’interessante opportunità per ammirare il naturale assetto dei colori rinascimentali, poiché le tinte originali, non restaurate, sono rimaste “come uscite dalla bottega”. L’eccelso stato di conservazione dipende dalla tecnica, di origine islamica, di rivestire con uno smalto bianco opaco a base di stagno la terracotta e di dipingervi sopra con ossidi metallici che virano i colori dopo la cottura (dal cobalto si ricava il blu, dal rame il verde, dal ferro l’arancio o l’ocra, e così via). Tale tripudio cromatico viene enfatizzato dalle scelte grafiche di Aleandro Agostini e dall’allestimento progettato dall’architetto Diego Giachello, che spiega: “Si è reso il messaggio trasmesso dagli oggetti più chiaro possibile per il grande pubblico, ‘liberando’ nello spazio l’oggetto con ripiani di vetro trasparente e sfondi neutri e corredandolo con didascalie semplici. L’intento è didattico: l’installazione multimediale al centro della sala consente di catalogare le manifatture e, con il suo gioco di specchi, collega la collezione rinascimentale all’architettura barocca della Sala. L’obiettivo era trasformare il museo in una grande casa che accoglie i suoi ospiti: infatti il percorso comincia con la credenza dove venivano esibiti i piatti istoriati di famiglia. Il pubblico vede subito la credenza come se il palazzo volesse presentarsi con il suo patrimonio”.
Ha aggiunto Peter Aufreiter, direttore del Museo Nazionale di Urbino, ospite all’inaugurazione: “Il sensibile allestimento fa emergere l’oggetto con precisione e delicatezza. Mi sento a casa, qui a Torino, perché c’è molta Urbino oggi a Palazzo”. E dopo questa affermazione, fermi davanti a uno dei piatti istoriati, abbiamo immaginato tante altre storie.

Federica Maria Giallombardo

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Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

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