La Galleria Continua riapre a Roma con una monumentale mostra di disegni
La Galleria Continua riapre a Roma con una monumentale mostra di disegni Immediata e vibrante è la mostra di Adel Abdessemed con cui l’artista, proprio in occasione del ritorno della galleria di San Gimignano nella sua sede dell’Hotel ST Regis, intreccia un intimo dialogo con la Città Eterna
La prima cosa che colpisce è il formato. Entrando negli spazi romani della Galleria Continua all’Hotel St Regis (ora finalmente riaperti) ci si trova avvolti da un corpus di disegni dalle dimensioni insolitamente ampie. Una grandezza insolita per il genere, molto diffuso ma solitamente relegato a schizzi preparatori, bozzetti. Immagini intime, realizzate a scopo personale, come momento di riflessione, ricerca, elaborazione intellettuale. Invece qui Adel Abdessemed (Costantina, 1971) ha conferito al disegno la dignità autonoma dell’opera d’arte e la monumentalità della pala d’altare, pur conservandone intatte tutte le peculiarità.

Le opere di Adel Abdessemed alla Galleria Continua a Roma
Sulle carte di Abdessemed, realizzate con un carboncino, autentico minerale rinvenuto in natura, permangono tutte le tracce del processo creativo: sbavature, impronte, perfino strappi, vive testimonianze dell’appassionato corpo a corpo dell’artista col lavoro. Un incontro – scontro rivelato anche dal segno: virtuoso, preciso, ma nello stesso tempo istintivo, veloce, a tratti brutale che, come osservato da Lorenzo Fiaschi, uno dei tre fondatori della galleria, con cui è stata concepita la mostra, “restituisce immagini intense a cui l’artista” in maniera del tutto spontanea e naturale, “conferisce simbologie e significati che trasformano l’ordinario in qualcosa che interroga e provoca lo spettatore”.
L’immediatezza nella “Primavera Romana” di Abdessemed
Forse, la parola che descrive al meglio Primavera Romana, mostra da lui stesso definita come “un intimo dialogo con la Città Eterna… la sua luce, le sue ombre e i suoi silenzi… Città che osserva tanto quanto si lascia osservare…” è immediatezza; termine che, riflettendone il carattere al contempo introspettivo e passionale, descrive a pieno l’approccio di Abdessemed, artista puro, che vuole apparire semplicemente per quello che è: un uomo in ricerca, consapevole, forse per il suo essere figlio di quella Francia che viene da altrove, che “la casa è il cammino e il cammino è la casa”.
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La mostra di Adel Abdessemed al St. Regis hotel di Roma
La mostra che si compone di opere realizzate tra il 2010 e il 2025, raggruppa diversi cicli di lavori, caratterizzati dagli iconici titoli Politics of the studio o Politics of Drawing, realizzati rispettivamente nell’atelier di Parigi o in giro per il mondo. E se nella prima sala, Abdessemed si sofferma su icone proprie del Cristianesimo, come il Cristo Crocifisso, l’agnello o il Papa a San Pietro, non lo fa per devozione, dal momento che lui stesso si definisce, citando Matisse, “non religioso ma spirituale, interessato ad andare a fondo a scoprire la realtà attraverso il disegno” ma per rendere omaggio alla Città Eterna, alla storia e storia dell’arte che in essa sono incarnate; simboli universali che appartengono a tutti e non possono certo essere relegati a una religione.
La natura morta nella poetica di Adel Abdessemed
Proseguendo si passa alla sezione dedicata alla natura morta, in cui emerge a pieno la potenza del lavoro Abdessemed, sempre in procinto di esplodere, come ironicamente sotteso dalla sinistra presenza dei candelotti di dinamite, raffigurati come se fossero una normale costante della quotidianità. Le sue nature morte, infatti, giocano sull’ambivalenza, data dal contrasto tra l’accostamento di elementi di una bellezza disarmante ad altri che la armano eccome. Non solo la dinamite ma anche dettagli meno evidenti, come le lame che trasformano un innocuo recipiente, in cui nuotano placidamente dei pesci, metaforico autoritratto dell’artista, nel letale bicchiere di un frullatore. Dualità che oltre ad essere visiva è linguistica, come dimostra il melograno simbolo di vita e fertilità ma che morfologicamente in francese indica anche il micidiale ordigno. Tuttavia, per quanto le opere di Abdessemed possano apparire studiate e frutto di un razionale ragionamento, in realtà non celano alcuna dietrologia o speculazione filosofica, dal momento che, come afferma lui stesso “lascio che le immagini mi si presentino per poi portarne alla luce la complessità”.
Ludovica Palmieri
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